Con un albero si potranno curare i tumori

5 febbraio 2009 | 20:43
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Con un albero si potranno curare i tumori

Una pianta, impiegata da secoli come farmaco naturale dalle minoranze etniche del Nord del Vietnam, potrebbe apportare una svolta decisiva nella ricerca sugli immunosoppressivi. Questa l’importante scoperta a cui è giunta una èquipe di ricercatori italiani e vietnamiti che da anni cooperano nel quadro di un progetto di ricerca comune, diretto dal professor Domenico V. Delfino dell’Università di Perugia (sezione di Farmacologia, tossicologia e chemioterapia del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale) in coordinamento con l’Institute of Chemistry dell’Università di Hanoi, diretto dal professor Tran Van Sung, nel quadro dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica stipulato dal ministero degli Affari esteri con il governo vietnamita. Le attuali terapie allopatiche che riguardano i disordini immunologici, soprattutto in relazione alla stessa terapia tumorale, sono caratterizzate, in molti casi, dalla somministrazione di farmaci glucocorticoidi i quali, se da un lato, hanno il potere di inibire le funzioni dannose del sistema immunitario, dall’altro svolgono un’azione anche nei confronti delle funzioni propriamente protettive. Da qui il rischio del manifestarsi di un largo spettro di effetti collaterali indesiderati, che rischiano in molti casi di rendere vana, e molto spesso tossica, la somministrazione di farmaci immunosoppressivi.


A questo riguardo, le ricerche condotte dalle università di Perugia e dal Vast (Vietnam Academy of Science and Technology) di Hanoi, hanno come obiettivo l’identificazione di specifiche sostanze immunosopressive capaci di agire in maniera mirata e selettiva, tale da impedire il verificarsi di quella serie di effetti collaterali che rischiano di pregiudicare l’efficacia stessa della terapia e arrecare danni all’organismo. È per questa specifica ragione che l’attenzione dei ricercatori si è orientata, da alcuni anni, verso lo studio dei principi attivi presenti nelle foglie dell’albero vietnamita di Artocarpus Tonkinensis. Questa pianta, che cresce spontaneamente in vaste regione del Vietnam settentrionale è, da secoli impiegata nella medicina tradizionale dalle minoranze etniche di questa regione – in particolare dalla tribù dei Hmong, stanziata nelle regioni collinari che si trovano nei pressi delle stessa capitale Hanoi – come rimedio nella cura di patologie autoimmunitarie, quali l’artrite reumatoide.


L’importante scoperta è rappresentata dal fatto che questa pianta (di cui sono già stati isolati alcuni glucosidi auronolici con proprietà immunosoppressive) una volta somministrata, non sembra avere alcun effetto collaterale specifico. Per poter meglio comprendere gli effetti terapeutici della pianta di Artocarpus Tonkinensis, gli studi compiuti localmente sul campo dai ricercatori vietnamiti e italiani, sono attualmente integrati da una serie di rigorose ricerche di laboratorio condotte presso l’Università di Perugia, finalizzate allo studio delle vie biochimiche dei principi contenuti nelle foglie della pianta e alla sperimentazione di nuove possibilità di applicazione terapeutica, soprattutto verso tumori come linfomi e leucemie. In questa stessa fase, il progetto prevede un’amplimento delle proprie indagini in ambito propriamente antropologico ed etnobotanico, indagini destinate a meglio comprendere gli effetti dell’Artocarpus Tonkinensis in seno alle pratiche terapeutiche tradizionali delle etnie del Nord del Vietnam. La scoperta effettuata dalle èquipe del professor Delfino e del professor Tran Van Sung, oltre che aprire nuove frontiere nella ricerca su malattie immunologiche e cancro, da concretamente avvio allo sviluppo di ricerche coordinate tra medicina allopatica e medicine tradizionali indigene, fondate sull’impiego di sostanze di origine vegetale. Un mondo ancora oggi non ancora sufficientemente conosciuto nella sua reale estensione e nelle sue reali potenzialità.