Rifiuti e discariche: una battaglia aperta

16 febbraio 2009 | 15:41
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Rifiuti e discariche: una battaglia aperta

Fiumicino – Incontro pubblico del Comitato per l’Ambiente. Piras: ‘Necessario un impianto per lo smaltimento della differenziata’

Il Faro on line – La battaglia del Comitato per l’Ambiente di Fiumicino, che aderisce alla campagna pubblica “Non bruciamoci il futuro”, ha un solo nemico: il proprietario della più grande discarica europea, Malagrotta. In un incontro pubblico a Maccarese, il comitato ha analizzato gli scenari futuri con l’avvio del gassificatore. Ha inoltre esposto il proprio contro piano, che aiuta l’ambiente, così come accade in ogni altro paese civile e senza andare troppo lontano anche in moltissimi comuni dal centro Italia in su.
“La nostra proposta – spiega Massimo Piras, portavoce della campagna pubblica – è quella di utilizzare la raccolta differenziata porta a porta. Esperimenti felici fatti a Roma e Napoli, dimostrano che dopo pochi mesi si è arrivati ad un recupero del 60%. La raccolta stradale, quando va bene, recupera appena il 15% dei materiali. Purtroppo però, bisogna scontrarsi con una dura realtà: vengono finanziati impianti costosi e che arrecano incalcolabili danni ambientali e sanitari. Se la discarica di Malagrotta poteva essere altamente inquinante solo nelle zone circostanti, con il gassificatore le micro particelle disperse, arriveranno anche a Civitavecchia e Anzio. Un impianto per lo smaltimento della differenziata ha costi minori, sia per la messa in opera, sia per il prezzo pagato da comuni e cittadini. A Treviso ad esempio, si è addirittura arrivati a pagare solo la parte non riciclabile, tutta la differenziata è gratis”.
I nodi da sciogliere sono molti, a partire dall’attività del gassificatore di Malagrotta, sequestrato e dissequestrato nel giro di undici giorni nel novembre 2008, e ora in fase di collaudo. L’Arpa però, ha concesso però, solo un permesso temporaneo, della durata di un anno, per verificare che le scorie derivanti dalla combustione, non contengano diossine.
Spiega l’ing. Piergiorgio Rosso, esperto di sistemi industriali: “Questi impianti, che di fatto sono inceneritori, rendono soldi solo agli imprenditori, che usufruiscono di una parte del Cip6 – la quota del 7% che si paga sulle utenze elettrice e che serviva come fondo da utilizzare per le energie alternative – e rivendono ad un prezzo eccessivo l’energia prodotta, perché viene considerata come derivante da energia rinnovabile. E’ facile quindi far nascere un grosso equivoco, giocando sulla cattiva informazione. I rifiuti sono molto redditizi, l’imprenditore che si occupa dello smaltimento, si fa pagare dai comuni per il servizio e guadagna vendendo l’energia prodotta. Questa energia è il risultato della combustione del Cdr, il combustibile derivato dai rifiuti, che altro non è che carta, plastica e una piccola parte di metallo, che forma un granulato definito inerte. Di questa scoria però, che non è ancora mai stata analizzata, non si conosce la composizione, per questo l’Arpa vuole vigilare. Il rischio – conclude l’ing. Rosso – è quello che siano presenti delle diossine, che anche in nanogrammi sono mutagene, patogene e cancerogene”.
Stefania Carlucci