Rifiuti, cambiare cultura per creare un percorso di riciclo

1 marzo 2009 | 17:11
Share0
Rifiuti, cambiare cultura per creare un percorso di riciclo

L’imprenditrice veneta Carla Poli al convegno organizzato a Fiumicino

Il Faro on line – “I rifiuti altro non sono che materiali. Bisogna partire da un cambiamento culturale, per creare un percorso di riciclo”. E’ in questo concetto che si può riassumere il contropiano sui rifiuti, proposto nell’ambito di convegni organizzati per la campagna pubblica “Non bruciamoci il futuro”, che ha fatto tappa a Fiumicino. E ad esprimerlo non è il solito guru di passaggio, ma Carla Poli, imprenditrice veneta, che di questa filosofia ne ha fatto un’arte.

A Vedelago – paese in provincia di Treviso, che conta 16.000 anime – sorge infatti un centro di riciclo rivoluzionario. Talmente nuovo, che viene richiesto anche all’estero, per risolvere il globale problema dei rifiuti. “Con un investimento di 5.500.000 di euro – prosegue Carla Poli – siamo riusciti a creare questo centro di riciclo, che ha come fine principale quello di rimettere nel ciclo produttivo i materiali. Nel 2008 siamo arrivati ad uno scarto di appena il 3%. Il ciclo di gestione inoltre, viene finanziato completamente attraverso il Conai, consorzio nato proprio per questo fine. Per i comuni ci sarebbe un duplice vantaggio: il conferimento a costo zero in discarica, sia per il trasporto, sia per lo smaltimento, liberando risorse pubbliche”.

I tempi per mettere in funzione un centro di smaltimento con queste funzionalità, sono brevissimi. In 6 mesi ed un investimento minimo, è possibile fare fronte al problema dei rifiuti, anche in situazioni di emergenza. Contro i 4-5 anni di un inceneritore e i suoi 200.000.000 di euro. E’ la raccolta differenziata porta a porta, che fa da input a tutto il ciclo. La Poli fa un esempio eclatante: “In Sardegna, in soli tre mesi, siamo riusciti a raggiungere il 30% di materiale riciclato, contro il 6% iniziale”.

Massimo Piras, portavoce della campagna pubblica, ricorda anche l’esempio di Roma e Napoli, dove il progetto della raccolta porta a porta, è partito in via sperimentale: “Si è riusciti, contro ogni previsione, ad arrivare al 65%. Tra poco entrerà in funzione l’impianto di riciclo di Colleferro, ma non riuscirà a far fronte ai bisogni dell’intera regione. Se il decreto 152 del 2006, prevedeva il 45% di recupero entro il 2008, e il 65% entro il 2012, ci fa pensare che se si continua a perseguire la logica dell’incenerimento, questi obiettivi non saranno mai raggiunti”.

L’incenerimento è una delle beghe principali, che contrappone ambientalisti, ad imprenditori ed amministrazioni compiacenti. L’ing. Piergiorgio Rosso, esperto di sistemi industriali, fa un esempio tanto semplice quanto efficace: “Da 1.000 Kg di rifiuti inceneriti, ottengo 21.000 Kg di fumi. L’imprenditore che gestisce l’impianto, utilizzando i contributi del Cip6 – il 7% pagato in più sulle utenze elettriche, destinato alle energie rinnovabili – perché si ritiene, che l’energia prodotta dall’inceneritore sia rinnovabile. La realtà è che è molto costosa e altamente inquinante, perché produce un granulato, che con molta probabilità contiene diossine. Poiché il Cdr che viene utilizzato nella combustione, è fatto di plastiche, carta e metalli. Il gassificatore di Malagrotta – ricorda in conclusione l’ing. Rosso – ha un permesso temporaneo per operare. L’Arpa, fortunatamente sensibile a questo tema, vuole vigilare sulla effettiva composizione del granulato”.

Stefania Carlucci