An saluta se stessa tra ricordi e sguardi al futuro

21 marzo 2009 | 20:10
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An saluta se stessa tra ricordi e sguardi al futuro

Lo scioglimento di An avviene davanti a 1.800 delegati raccolti in un padiglione della Nuova Fiera di Roma e immersi in una scenografia tutta azzurra che già sembra anticipare la confluenza con Forza Italia. A poche centinaia di metri corrono le automobili sull’autostrada Roma-Fiumicino, e un forte vento di tramontana, del tutto anomalo per il giorno di ingresso nella primavera, intirizzisce i partecipanti che si avventurano fuori dalla sala. A Fiuggi, nel 1995, c’era invece la pioggia, che cadde furiosamente per tutti i giorni del congresso. Le svolte della destra sembrano segnate dagli eventi artmosferici.
Il congresso deve ricordre, forse per l’ultima volta, i numi tutelari della famiglia della destra italiana e consegnare il testimone ai giovani per i quali non solo il fascismo, ma anche gli anni di piombo, sono argomenti di scuola. La regia è accuratissima: ai delegati viene prima mostrato un video di 2 miunti e 47 secondi in cui viene ricordato Giorgio Almirante e che si chiude con l’ultima frase della sua autobiografia: “Vivi come se dovessi morire domani, pensa come se non dovessi morire mai”. Tutta la sala applaude in piedi.
Quindi sul palco arriva Emanuele, un quattordicenne nato nell’anno della svolta di Fiuggi. È lui a dare l’annuncio che nascerà «il partito degli italiani». La staffetta ‘vecchi-giovanì si ripete di nuovo quando il presidente del congresso, l’ottantottenne Franco Servello, con la sua voce stentorea presenta il coro delle voci bianche che canta l’Inno di Mameli. Lo stesso coro che poco prima ha accompagnato la
partecipazione di Enrico Ruggeri, che canta ai delegati “Si può dare di più”. “Giorno importante – scherza – ma ora l’Inter non si fonda con il Milan…”.
Ma una volta che il congresso comincia, nella grande sala colpisce soprattutto l’assenza dei big politici degli altri partiti. L’assenza più vistosa, naturalmente, è quella di Silvio Berlusconi: il presidente del Consiglio e leader del nuovo partito che nascerà in questi stessi padiglioni tra una settimana, ha preferito lasciare tutta la scena a Gianfranco Fini. Gli altri partiti hanno mandato delegazioni non di primo piano (Ermete Realacci per i democratici, Federico Bricolo per la Lega, Mario Tassone per l’Udc), e bisogna spettare il tardo pomeriggio per vedere arrivare il presidente del Senato Renato Schifani. Tutti i dirigenti di An sono schierati sul lunghissimo palco: è lungo una cinquantina di metri e rappresenta un ponte che collega Alleanza Nazionale all’approdo del Pdl. Dietro, a caratteri cubitali, lo
slogan del congresso, “Nasce il partito degli italiani”, sottolineato con un cordoncino tricolore di sapore vaganente militare.
I colonnelli di Fini sono tutti sul palco. Molti di loro sfoggiano cravatte dai toni accesi, viste dallo schermo sono quasi fosforescenti: rossa quella di Gasparri, rosa quella di Urso, violacea quella di Bocchino. Fini ascolta dalla prima fila: è presidente della Camera, ci tiene a non mescolare i suoi due ruoli. Visti da vicino, i delegati non hanno nulla del look del postfascista. Molti sono giovani, l’età media è intorno ai quarant’anni, pochi sono in sala quelli con i capelli bianchi, c’è da scommettere che molti di loro al congresso di Fiuggi non c’erano. Le donne vestono in modo sobrio, molti uomini sono in completo scuro e cravatta, ma meno ingessati dei loro omologhi di Forza Italia. Non mancano quelli vestiti in modo più “casual” e ce n’è più d’uno con l’orecchino.
Insomma, c’è voglia di normalità, e l’identità rivendicata dal video di Almirante e da alcuni interventi più appassionati, una volta usciti dalla sala congressuole, spinge al più qualcuno a comprare spille e adesivi della fiamma al banco dei gadget. Il grande volume dei discorsi di Almirante viene molto sfogliato ma poco acquistato. Accanto ci sono due libri di Sarkozy, con la prefazione di Fini. E poco più in là, lo stand del sindacato della destra Ugl, distribuisce un opuscolo sull’ integrazione degli extracomunitari, intitolato “L’immigrazione è una risorsa”. Nello stand dei gadget, le magliette con su scritto “100% italiano” non trovano molti acquirenti. I tempi cambiano, forse sono già cambiati.