Un giorno all’inferno

10 aprile 2009 | 15:39
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Un giorno all’inferno

Cronaca di una giornata trascorsa all’Aquila al fianco dei volontari della Croce Rossa di Fiumicino

Il Faro on line – Sono state spese mille parole in questi giorni per descrivere L’Aquila e i suoi dintorni. Arrivare lì dà esattamente l’idea di una città fantasma, dove la vita non esiste più. Sono le sirene dei mezzi di soccorso e il rumore assordante delle ruspe, a misurare i battiti di un tempo scandito da una sempre più debole speranza.
Sono tutti impegnati in un lavoro febbrile. Volontari, infermieri, forze dell’ordine, vigili del fuoco. Quest’ultimi sono alla ricerca di persone rimaste ancora in vita e, al nostro arrivo in città, li troviamo all’opera. Cercano di aprirsi un varco tra le macerie di una palazzina in cemento armato, rasa completamente al suolo.

“Era un’abitazione di 4 piani con diverse unità immobiliari – spiega Leonardo Bruni, funzionario dei vigili del fuoco di La Spezia – ed è crollata con la prima scossa. Abbiamo recuperato due persone vive e due cadaveri, ma abbiamo continuato a cercare. Questa mattina ( mercoledì 9, ndr) sono intervenute le unità cinofile, che hanno segnalato la presenza di persone tra le macerie, ma non abbiamo ricevuto segnali di vita. Andremo ancora avanti anche con l’ausilio delle ruspe, per recuperare i corpi”.

Le case trasudano dolore, lo si vede in ogni tratto di strada. Molte palazzine, anche di recente costruzione, presentano crepe evidenti, in alcune ci sono delle intere stanze crollate. Anche le abitazioni che apparentemente sembrano sane sono disabitate, segno che i danni si trovano all’interno, tanto da costringere gli abitanti a lasciarle, in attesa delle verifiche dei vigili del fuoco.
Il traffico nella città, è dovuto alla massiccia presenza di mezzi di soccorso e alle auto, che per la gran parte sono piene di borse, buste, valigie. E ancora valigie, quelle che si incontrano per la strada trascinate da volti stanchi e provati. Si sta in un silenzio composto, rotto dalle voci di chi presta soccorso.
Il campo della Croce Rossa si trova all’interno della caserma degli alpini, anch’essa fortemente danneggiata. Nel piazzale scarichiamo le auto e l’ambulanza cariche di ogni genere di cose: pasta, acqua, pannolini, latte, vestiti.

E qui nel campo incontriamo Paolo Di Vincenzo, responsabile dei volontari del soccorso di Fiumicino. Ma è qui non con questo ruolo, ma come delegato regionale squadra supporto emergenza psicologica. Un compito difficile, come spiega lui stesso: “Il nostro incarico, è quello di dare supporto psicologico ai parenti delle vittime, a chi ha perso la casa e ai volontari che fanno servizio. Siamo delle spugne: assorbiamo il loro dolore e rilasciamo la capacità di far gestire loro ciò che stanno provando”.
Mentre la Croce Rossa di Fiumicino prosegue il proprio lavoro, scaricando ancora merce, continuano ad arrivare altri camion pieni di ogni cosa. E’ questo il segno tangibile della solidarietà. Racconta un portavoce dell’associazione Perigeo Lazio: “Andiamo dove c’è bisogno, dalle segnalazioni che riceviamo. In due giorni abbiamo girato per molti paesi: Paganica, Campo Friuli, Villa Sant’Angelo, Cagnano Alto, Copitto, San Demetrio, dove non c’è veramente nulla, Vallecupa, e domani andremo ad Ortolano, dove 50 persone dormono nelle auto per paura, e porteremo tende e sacchi a pelo”.
Onna fa paura. Non esiste più nulla qui. Un cumulo di macerie che si mischiano a segnali evidenti di vita passata: quadri, sedie, abiti, giochi per bambini. Giampiero vive a Paganica, ed è stato uno dei primi soccorritori, e racconta così quella terribile notte: “Ci siamo svegliati nella notte, senza luce. Ma il mio pensiero è corso ai miei genitori, che abitano qui vicino, e mio nonno che abita qui ad Onna. Così mi sono precipitato. C’era un fortissimo odore di gas, dovuto alle tubature che si sono rotte, e un buio pesto. Per raggiungere casa sono dovuto passare sui tetti e sentivo pianti e urla, così ho tirato su mio nonno, e chiunque ho potuto. Io e pochi altri che avevano persone care qui, abbiamo prestato i primi soccorsi aiutando molte persone, fino alle sei del mattino quando è arrivata una squadra dei vigili del fuoco di Sulmona. Ero letteralmente distrutto”.

Il battito d’ali di un uccello fa sussultare Olga, la sua compagna, ancora provata dalla paura. E’ lei a spiegare la vita nel campo: “Avevamo appena messo a posto la casa, ora ho il terrore di tornare lì dentro. Dormiamo nel campo, ma almeno qui ci sentiamo sicuri, anche se la notte fa molto freddo. Condividiamo la nostra disperazione con altri nella stessa situazione. Non abbiamo fortunatamente perso persone care, ma abbiamo perso il nostro passato”.

Sulla macchina dei soccorsi, entrambi concordano: “E’ molto forte la presenza di persone accorse in nostro aiuto, forse anche troppe. C’è una forte disorganizzazione sia all’interno, che fuori dai campi, non si capisce a chi bisogna fare riferimento. Ci sentiamo spaesati”.
Il viaggio della speranza si conclude solo in serata, ed è Roberto Nana, commissario della Croce Rossa di Fiumicino, a raccontare le sensazioni di questa esperienza così forte: “Nonostante non sia la prima volta che mi occupo di queste cose, ogni volta provo un dolore nuovo. La situazione qui è drammatica, e passerà molto tempo prima di poter vedere i segni della ricostruzione. Noi continueremo a portare beni di prima necessità, e faccio appello a tutti i cittadini, affinché possano aiutare questa città con materiali di ogni genere: vestiario, sacchi a pelo, coperte. Un sentito ringraziamento va ai volontari che si sono prestati per questo viaggio e i volontari delle altre associazioni che hanno collaborato con noi”.
Stefania Carlucci

Un caloroso ringraziamento, anche da parte mia, ai volontari della Croce Rossa di Fiumicino che mi hanno permesso di affrontare con loro questa dura prova: Roberto Nana, Massimiliano Volpicelli, Pietro Saltarelli, Raimondo Giannini, Luna Losi, Teresa Scaramuzzino, Franca Cirotti.
Ste. Car.

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