Federalismo fiscale, Roma fa da apripista

24 settembre 2009 | 19:48
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Federalismo fiscale, Roma fa da apripista

La Capitale fa da apripista al federalismo fiscale: il sindaco
Alemanno, il presidente dell’Anci Sergio Chiamparino e il presidente
del Consiglio Direttivo IFEL – Fondazione Anci, Giuseppe Franco
Ferrari, hanno firmato in Campidoglio un protocollo d’intesa che dà il
via alla sperimentazione del nuovo sistema.

Cardine
dell’intesa, in base alla proposta formulata dall’assessore al bilancio
Maurizio Leo, la valutazione dei “fabbisogni standard” nelle spese che
il Comune sostiene per funzionare ed erogare servizi. In altri termini,
un metodo che individua le reali “funzioni di spesa” dei singoli
settori comunali, con un duplice obiettivo: 1) sapere in quali campi è
realmente possibile ridurre la spesa ed evitare sprechi; 2) cominciare
da ora ad adeguare la gestione finanziaria del Campidoglio al principio
del “fabbisogno standard” che, a federalismo fiscale compiuto,
costituirà il criterio fondamentale per l’assegnazione di risorse agli
enti locali (al posto di quello tradizionale della “spesa storica”).

Con
la riforma del federalismo, osserva una nota del Campidoglio, saranno
completamente ridisegnati i rapporti finanziari tra Stato ed enti
locali: non più trasferimenti ai Comuni in base alle spese degli anni
precedenti (principio della “spesa storica”), ma in funzione del
“valore effettivo delle prestazioni rese”, calcolato appunto in base ai
fabbisogni standard. Si punta così ad una maggiore efficienza nella
gestione pubblica e dunque a migliori servizi per i cittadini. Senza
più finanziare, in pratica, sprechi e inefficienze.

La
sperimentazione in Campidoglio (resa possibile dal contributo
dell’IFEL, l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale dell’Anci)
partirà dal confronto (“benchmarking”) tra i costi che il Comune di
Roma sostiene per erogare alcuni servizi essenziali e la spesa
finanziata dagli altri principali comuni per servizi analoghi. Un’opera
di razionalizzazione, sottolinea il Comune, che non produrrà “tagli
generici e indiscriminati, ma seguirà un criterio di economicità
oggettivo”.

Questi gli ambiti dell’attività comunale che
saranno controllati: funzioni generali di amministrazione, gestione e
controllo; giustizia e polizia locale; istruzione pubblica, compresi
gli asili nido; cultura, beni culturali, settore sportivo e ricreativo.
E ancora: turismo, viabilità e trasporti., gestione del territorio e
dell’ambiente, servizi sociali, servizi allo sviluppo e alla
produzione.

Oltre al metodo del “fabbisogno standard”, precisa
infine il Campidoglio, si userà anche quello del “valore medio di spesa
pro capite per ciascuna funzione”, reso possibile (come l’altro) dalla
legge delega sul federalismo fiscale: in questo caso si considerano i
valori di spesa dovuti ai “fattori strutturali propri del territorio
comunale considerato”, non dipendenti da scelte di governo (dimensione
territoriale, età media dei residenti, tasso di occupazione ecc.). Il
valore di spesa così individuato si definisce normale per il comune
preso in considerazione. L’analisi della spesa storica mostrerà a quel
punto gli scostamenti dalla spesa standard, non giustificabili per
“particolari condizioni socio-economiche” in cui il comune possa
essersi trovato.