Psicologia in pillole: la depressione

16 ottobre 2009 | 18:21
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Psicologia in pillole: la depressione

Il Faro on line – Definita “il male dell’anima”, è uno dei disturbi
maggiormente conosciuti. Il termine è entrato anche nel linguaggio
comune spesso per definire, in termini semplici e certamente non
diagnostici, la sensazione di tristezza e di malinconia, l’essere “giù
di corda”.
Il grande interesse per questa tipologia di sofferenza
è da ricercare nei numeri. Le statistiche affermano che almeno una
persona su sei, nel corso della propria vita, soffrirà di depressione e
che quindici persone su cento ne sono coinvolte.
Sono tante le domande che vengono esplicitate da più parti in merito alla depressione.
Che
cosa è la depressione? Quando si deve considerare la tristezza come
“sana” e quando come “malata”? E ancora, quante forme di depressione si
possono classificare? Se viene prescritto il farmaco, quanto la persona
vive delle emozioni “vere” e quanto può andare incontro al rischio di
vedere modificato eccessivamente il suo modo di esperire gli eventi?
Proviamo ad entrare insieme in questo mondo dai confini che nel tempo sono stati, per quanto possibile, definiti.
La
definizione di depressione si è andata man mano ampliando in questo
secolo, racchiudendo in sé anche tutte quelle forme che in passato
venivano chiamate melanconia, tristezza, senso di stanchezza,
nostalgia. In realtà non esiste la “depressione”, ma “le depressioni.
Si tratta precisamente di una varietà di condizioni depressive, che si
manifestano in maniera differente e che vengono prodotte da varie
combinazioni  di fattori biologici, psicologici e sociali.
Nella
nostra vita  psichica oscilliamo da stati di benessere psicologico a
stati in cui ci sentiamo più abbattuti, depressi, e queste oscillazioni
variano anche a seconda delle nostre fasi vitali; nell’ adolescenza,
infatti, l’oscillazione del tono dell’ umore è maggiore.
La
differenza quindi tra il sentirsi melanconico e uno stato depressivo va
ricercata in alcuni fattori chiari. La depressione clinica presenta una
serie di sintomi che si caratterizzano soprattutto perché si prolungano
nel tempo.  Vediamo quali: tristezza, senso di abbattimento e
incapacità di provare emozioni piacevoli (questa apparente indifferenza
è ulteriore motivo di sofferenza interna perché la persona “non si
ritrova” nei suoi soliti panni emotivi); perdita di piacere e di
interesse per quasi tutte le attività; mancanza di energie,
affaticamento, stanchezza (non vengono prese più decisioni e tutto
sembra irrisolvibile, problematico, si sviluppa così un senso di
inadeguatezza anche molto forte); aumento o diminuzione significative
dell’appetito e quindi del peso corporeo; difficoltà a concentrarsi;
sensazione di essere inutile, negativo o continuamente colpevole (la
persona, non sentendosi più in grado di sostenere le solite
responsabilità, si convince di essere in colpa nei confronti del suo
sistema di vita); rallentamento o agitazione; difficoltà di
concentrazione e di memoria; disturbi del sonno (dorme di più o di meno
o si sveglia spesso durante la notte); sino ad arrivare a pensieri di
morte e suicidio. Questi sintomi rappresentano le manifestazioni più
frequenti della depressione che però si può presentare con un’ampia
varietà di forme cliniche e di livelli di gravità. Difatti vi è ad
esempio il disturbo depressivo maggiore (DDM). Si tratta di un disturbo
grave episodico. Oppure il disturbo distimico che è una forma meno
grave di depressione ed ha una insorgenza più subdola e graduale.
Un’altra ancora  è la forma bipolare in cui il soggetto alterna episodi
maniacali – in cui il tono dell’ umore è sempre alto ed il soggetto si
sente troppo bene, troppo forte, “troppo innaturalmente felice”  – a
episodi depressivi più lunghi.
Qualunque sia la forma depressiva è
necessario capire cosa la persona ha dentro, di comprendere il
conflitto interiore e la funzione che questo grosso malessere può avere
nella vita della persona e del suo sistema di vita.
Molto
controverse sono le teorie che si occupano della cura della
depressione; infatti molte, adducendo come cause dell’ insorgenza della
depressione  quelle di natura biologica, la cura che consigliano è di
natura prevalentemente farmacologica. Per altre, invece, che
attribuiscono a cause di natura psicologica l’insorgenza del disagio,
la cura è prevalentemente psicoterapeutica.
In questo articolo non
si vuole entrare in questa diatriba tra soma e psiche. Si vogliono fare
solo semplici riflessioni, anche attraverso la lettura del lavoro
svolto dal prof. Cancrini  e dalla sua equipe, in cui viene messa in
evidenza l’ importanza di dare parole al dolore (come cita il titolo di
un suo famoso libro “Date parole al dolore”). Cancrini spiega che la
cura della depressione , grave o meno grave, non può prescindere dalla
ricerca dei motivi che l’hanno scatenata. L’autore fa una distinzione
tra la depressione scatenata da un evento traumatico e una depressione
senza apparenti cause, sorta dal nulla. Mette in  evidenza che, anche
per questo seconda tipologia, esiste sempre una causa scatenante, anche
se il soggetto molto spesso non è in grado di capirla e di avvicinarsi
alla propria sofferenza in maniera più consapevole. Pertanto solo una
psicoterapia è in grado di far emergere la sofferenza che c’è sotto
alla depressione; può far emergere i legami profondi tra la sofferenza
sotterranea, nascosta e la depressione che emerge.
Facendo
“uscire” la sofferenza e, soprattutto, dandole un significato profondo
si può venire fuori dalla depressione, così che la possibilità di
ricaduta sarà inversamente proporzionale alla possibilità che il
soggetto ha potuto avere nel capirne e coglierne profondamente il
significato.
“Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi”. (William Shakespeare)

dott.ssa Stefania Martina
Studio di Psicologia
via dei Navicellari, 3
00122 – Ostia (RM)
www.psicologica-mente.eu

“Psicologia
in pillole” è una rubrica per conoscere e conoscersi, al fine di poter
ottenere nuove consapevolezze, sia livello emotivo che relazionale.
Chiunque volesse porre domande o quesiti alla dottoressa, può inviare
una mail con oggetto “Psicologia in pillole” all’indirizzo di posta
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