Il parto nelle diverse culture, confronto e integrazione a Fiumicino

8 marzo 2010 | 18:00
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Il parto nelle diverse culture, confronto e integrazione a Fiumicino

Convegno organizzato dall’associazione Robin Hood

Il Faro on line – “Mai banalizzare la giornata dell’ 8 marzo. L’impegno femminile oggi, va riempito nuovamente di significato”. Con queste parole Velia Maria Lapadula, presidente dell’Associazione Robin Hood che ha promosso il convegno all’interno del progetto “Democrazia Partecipata”, introduce l’incontro che si è svolto a Villa Guglielmi, sul parto nelle diverse culture. E’ emersa quindi la volontà di favorire l’integrazione attraverso il naturale e primordiale istinto di maternità, che non conosce differenza di etnia.

“Biologicamente ogni donna nasce per essere madre – spiega Catiuscia De Renzis, ostetrica – quindi tutte hanno un naturale istinto materno. Il momento del parto, viene gestito dall’area del cervello che regola l’istinto, quindi qualunque donna è in grado di partorire. Nella nostra cultura moderna, il parto si è modificato da universalità biologica a evento culturale, questo è accaduto in funzione del controllo che viene spesso esercitato dai ginecologi. Anche la gestione stessa del parto viene suggerita dal personale ospedaliero e dai familiari, ma in realtà si tratta di un evento naturale, che in nessun caso può essere modificato”.
“In molti Paesi il parto – prosegue De Renzis – viene considerato come l’ingresso delle donne in società, per questo a volte è difficile far accettare l’idea del taglio cesareo. Dal 1996, tuttavia, in Italia è stata introdotta la figura del mediatore culturale, che funge da aiuto alle donne straniere, abituate alle pratiche proprie del Paese di origine”.

Il primo esempio sulle differenti misure adottate rispetto al parto, arriva da Angela Guglielmi, ostetrica, che per molti anni ha lavorato in Africa, in particolar modo in Zambia e Tanzania: “Rispetto all’Italia questi due Paesi hanno un tasso di sterilità quasi nullo, per via della vita meno stressante, per questo la pratica della fecondazione assistita non esiste. Anche la diagnostica, ad esclusione delle città più grandi, non viene mai presa in considerazione per via delle distanze. Eppure le donne africane partoriscono comunque, e considerano ogni vita nuova come un dono. E, cosa per me sorprendente, durante il parto non urlano come le donne occidentali. Vivono il dolore in maniera silenziosa, e subito dopo tornano nel loro villaggio. In quei luoghi l’istinto è quello che regola il momento del parto, le donne già sanno cosa devono fare”.

Maria Ymelda Tolentino Diaz, infermiera di origine peruviana, si sofferma invece sulle problematiche delle popolazioni rurali del suo Paese: “In Perù partorisce in casa il 50% delle donne, e la percentuale sale all’83% nelle zone rurali. C’è un dato preoccupante sul tasso di mortalità delle donne, che è di 168 contro 100 mila bambini nati vivi, mentre in Europa la il rapporto è di 8 a 100 mila.  Le cause sono la povertà, l’isolamento e la lingua – in Perù infatti, le popolazioni rurali parlano prevalentemente quechua e aymare – Nelle Ande si partorisce in posizione verticale, che comporta minori sofferenze per la donna e per il neonato, è più fisiologica e non c’è compressione dei vasi sanguigni. Per tutelare questo tipo di parto, il ministero della salute peruviano ha regolato in una normativa l’attuazione del parto verticale. Quindi un miglioramento dei servizi, in un’ottica di equità e rispetto delle popolazioni andine”.

Integrazione quindi, attraverso la conoscenza delle reciproche culture, anche attraverso un momento così comune a tutte le donne, come spiega Alina Nistor, coordinatrice dell’Associazione Rumeni in Italia: “Attraverso la conoscenza reciproca delle diverse culture, è possibile avere un approccio diverso rispetto all’altro. Se si ha il giusto spirito, ogni Paese sa accogliere lo straniero”.

All’evento era presente un’intera classe del Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche dell’Università di Tor Vergata, accompagnata da Teresa Compagnone, docente universitaria e moderatrice del convegno.
L’amministrazione comunale ha inviato i suoi saluti attraverso Patrizia Cascioli, segretaria dell’assessore alla cultura Gino Percoco, che ha ricordato che non per tutte le donne il momento del parto è sereno: “L’argomento è così delicato ed esclusivamente femminile, che l’assessore ha preferito inviare una donna. Così vorrei ricordare che alcune donne vivono in condizioni ben diverse da quelle descritte. Nelle zone in conflitto vengono purtroppo usate come strumento, partoriscono dei bambini contesi dai due schieramenti, quindi usate per scopi tutt’altro che nobili”.

Con una punta di polemica Velia Maria Lapadula ha evidenziato come l’assenza di membri del Consiglio comunale sia da ricercare “nell’assenza di donne assessore. E’ necessario ricordarlo – ha concluso – in una giornata che vuole dare dignità e pari diritti alle donne”.
Stefania Carlucci