Fiumicino Resiste, si compatta il ‘fronte del no’

19 aprile 2010 | 01:15
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Fiumicino Resiste, si compatta il ‘fronte del no’

Convegno al Teatro Traiano sulle ‘grandi opere’: dubbi e perplessità sulla base di evidenze scientifiche

Il Faro on line – E’ uscito ufficialmente allo scoperto il Comitato cittadino Fiumicine Resiste, che si propone come obiettivo fondamentale, di contrastare le grandi opere sul territorio di Fiumicino. Lo ha fatto nel corso di un’assemblea pubblica presso il Teatro Traiano, nella quale sono stati evidenziati gli elementi di criticità in particolar modo nei confronti del porto turistico, del quale il Comitato si è ampiamente occupato in occasione della posa della prima pietra il 6 febbraio scorso.

“L’intento di questa iniziativa – ha spiegato Dario Bellini, membro del comitato – è quella di informare e di avere noi stessi le informazioni necessarie per poter meglio lavorare in futuro”.
Paolo Tortora, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra presso l’Università La Sapienza, è intervenuto per parlare del delta del Tevere: “Il delta abbraccia un periodo di tempo breve, si parla di circa 18.000 anni. E’ una macchina complessa perché è sottoposta a situazioni ambientali diverse, e con due forze che lo fanno funzionare: l’apporto fluviale, che trascina con sé grandi quantità di sedimento, e forza marina che allontana tali sabbie. Nel corso degli anni il delta si è modificato, soprattutto in funzione dell’intervento antropico. Allo stato attuale la costa necessita di interventi continui, come ad esempio i rifacimenti artificiali, per non farla arretrare. Il delta ha però bisogno di spazi ampi per poter far defluire ciò che trasporta il fiume. I tre porti ravvicinati potrebbero creare situazioni impreviste. La zona della foce del Tevere è ricca di sedimento, e per far defluire le sabbie andrebbe lasciato libero. Accanto a questi punti di rischio c’è uno studio specifico della società che costruirà il porto turistico, i risultati parlano di impatto zero, anche per quanto riguarda le zone a nord e sud, su questo rimango perplesso perché gli elementi di criticità sono davvero seri”.

Dal punto di vista urbanistico molte sono le perplessità evidenziate da Paula De Jesus, urbanista Labur: “Da urbanista vedo il piano regolatore di Fiumicino e mi chiedo perché un comune che dovrebbe essere indipendente sembra piuttosto un’appendice di Roma. L’’80% degli investimenti proviene dai privati, e spesso sono gli stessi che investono anche a Roma. Nel piano regolatore inoltre non si fa riferimento ad una modifica alla viabilità, che per ora corre su due direttrici: Civitavecchia e Roma, entrambe attraverso una consolare, un’autostrada e una ferrovia. Sempre dal piano regolatore si evince che Fiumicino è aeroporto centrico e funzionale ai due porti. Ma come l’esempio di Amburgo insegna, si dovrebbe pensare ad una strada ferrata. Da urbanista credo che non ci sia una programmazione seria. Il corridoio di mobilità C5 è solo su gomma, ciò significa che si continua ad andare nella direzione sbagliata. E se saranno i privati ad occuparsi di gran parte di queste opere, significa che il Comune non avrà alcun controllo. Si svende il proprio territorio ai privati perché non si hanno i soldi per le opere, senza che questi restituiscano nulla ai cittadini”.

Progetti che avanzano e progetti che arretrano fino a sparire. L’oasi di Portus ad esempio, ampiamente documentata da Massimiliano Santi, del circolo Prc-SE di Fiumicino, che oltre all’aspetto archeologico ha analizzato il recente passato politico della questione: “L’area di Portus è stata soffocata dall’aeroporto e dal parco zoologico Zoosafari, ma esisteva la volontà di far vivere quella zona attraverso un progetto di valorizzazione archeologica, demanializzando l’area attraverso espropri e collegandola con Ostia Antica e Roma. Dove ora sorge Cineland erano previsti gli uffici, funzionali alla gestione di questo enorme parco archeologico. Nello stesso progetto di Roma Capitale rientrava quest’opera. Si fece una raccolta firme e ci fu un vero boom di presenze durante gli anni ’90. Vennero consegnate all’allora ministro Melandri le 3.000 firme, e in un comunicato ufficiale lo stesso ministro si dichiarò orgogliosa di portare avanti quel progetto, ampiamente sostenuto dai cittadini. Le successive elezioni vinte dal centrodestra bloccarono l’iter. L’area dei porti imperiali è di grande fascino, dovrebbe esserci una legge regionale che valorizzi quest’area e per l’importanza dei ritrovamenti, tra cui la recente scoperta del Colosseo sul mare, dovrebbe essere annoverata tra i patrimoni dell’Unesco”.

Tra gli invitati anche il Comitato Fuoripista, che si occupa del raddoppio aeroportuale: “Il progetto da noi contestato – spiega Marco Mattiuzzo – prevede 1300 ettari interamente nella Riserva Statale del Litorale Romano. A nostro avviso il vero business starebbe in una porzione di circa 106 ettari ma di ignota cubatura, dedicata a servizi complementari. Aurelio Regina, presidente degli industriali romani ha dichiarato che “stiamo progettando una grande città”, che sarà proprio in quei 106 ettari. Inoltre il gioco di scatole cinesi che espropria i terreni alla Maccarese Spa, di proprietà di Benetton, per darli ad Adr, sempre di proprietà di Benetton ci fa pensare ad una speculazione enorme. C’è da aggiungere che parte di quegli investimenti li paghiamo noi, attraverso l’aumento delle tasse aeroportuali come da finanziaria 2010, nella quale si parlava di innalzamento delle tasse per nuove infrastrutture aeroportuali. Sono due le motivazioni che ci spingono ad essere contrari: l’aeroporto più grande del mondo, quello di Atalanta vanta 100 milioni di passeggeri e due piste, quello di Londra 70 milioni di passeggeri e tre piste. L’aeroporto di Fiumicino è in grado con le sue tre piste di lavorare con molti più degli attuali 30 milioni. La seconda motivazione riguarda l’occupazione: Adr parla di mille addetti ogni milione di passeggeri, ma ora lavora con 2623 addetti su 37 milioni di passeggeri tra Fiumicino e Ciampino. Il raddoppio comporterebbe quindi solo ulteriori 3000 addetti, contro una devastazione immensa”.

Molta la carne al fuoco quindi. Tra gli interventi da segnalare anche quello di Vanessa Ranieri, presidente WWF Lazio, che si è soffermata sulla necessità di una cultura giuridica intorno a queste opere: “Dobbiamo capire cosa abbiamo e cosa non si dovrebbe fare su questo territorio. Ad esempio manca una VAS (Valutazione ambientale strategica ndr), che darebbe l’idea di quanto forte sia l’impatto di queste opere, mentre le singole VIA tendono ad alleggerire apparentemente l’impatto generale”.
Legambiente promette battaglia, attraverso le parole di Lorenzo Parlati, presidente per il Lazio: “Il porto di Fiumicino è un ecomostro, a dispetto della valutazione che lo da ad impatto zero. Stiamo cercando di capire se esistono i presupposti per un ricorso amministrativo. L’area in questione è delicatissima, ad elevato rischio idrogeologico. L’Autorità di Bacino del Tevere parla di zona da salvaguardare evitando nuove costruzioni, ed addirittura de localizzando quelle esistenti”.
Tra i partecipanti Ylenia Sina, giornalista, che insieme a Daniele Nalbone ha dato vita al libro “In prima persona” che tratta in maniera approfondita le varie vertenze del Lazio, e Gualtiero Alunni del Comitato No Corridoio Rm-Lt, che ha portato i saluti e il sostegno dei Comitati Uniti del Lazio.

Stefania Carlucci