Alberto Sed, ex deportato ad Auschwitz, incontra i giovani

20 gennaio 2011 | 22:56
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Alberto Sed, ex deportato ad Auschwitz, incontra i giovani

Sabato 22 gennaio, ore 9,30 nell’Aula Magna del plesso principale della scuola Leonardo Da Vinci

Il Faro on line – Sabato 22 gennaio, alle 9,30 nell’Aula Magna del plesso principale della scuola Leonardo Da Vinci in via di Maccarese 38 a Fiumicino (info 06.6679348), ci sarà un incontro con Alberto Sed, ex deportato ad Auschwitz. Uno dei sopravvissti all’orrore dell’olocausto incontrerà i ragazzi delle seconde per un dialogo aperto sugli orrori della guerra. L’incontro si inserisce nell’ambito degli appuntamenti voluti dal dirigente scolastico prof.ssa Antonietta Maucioni in quanto la scuola è sede del Parco della Memoria.

«Fui catturato il 21 marzo del 1944 assieme a mia mamma Enrica e alle mie sorelline, Angelica, Fatina e Emma – raccontò Alberto a Repubblica nel 2008 – ricordo che qualche mese prima eravamo riusciti a sfuggire alla retata nazista del 16 ottobre 1943». All´epoca, infatti, Alberto viveva alle spalle del ghetto, in via S. Angelo in pescheria, e quando udì le prime raffiche di mitra e le urla disperate delle famiglie ebree catturate dai tedeschi, riuscì a fuggire a piedi, con la famiglia, fino al Campidoglio. «Ci nascondemmo in un magazzino di proprietà di mio zio – ricorda Alberto – poi però qualcuno deve aver fatto una soffiata ai nazisti».

E così, all´età di 15 anni, Alberto fu portato nel campo di Fossoli, l´anticamera della morte o, quantomeno, dell´orrore. Pochi giorni dopo, infatti, Alberto, sua mamma e le sue sorelle furono costretti dai nazisti a salire sul treno che li avrebbe condotti nel campo di concentramento di Auschwitz. «Mia madre e mia sorella Emma, la più piccola, furono mandati immediatamente nei forni – racconta Alberto – Io, dopo la doccia fredda e la rasatura dei capelli, fui inviato nel blocco 29». Numeri che ricorda come segni indelebili di un orrore ancora da capire.

«Ad Auschwitz ho visto tutto, ho visto il male. Ho visto anche quello che non credevo possibile – dice con un filo di voce – ho visto i tedeschi giocare al tiro a segno con bambini lanciati sui carretti a forte velocità: vinceva chi riusciva a sparargli prima».
Scene di estrema ferocia che hanno segnato Alberto Sed al punto che, pur avendo tre figlie, sette nipoti e tre pronipoti, non ha mai più preso in braccio un bambino. «Una volta fui punito per non aver scaricato un carretto di patate: allora un soldato nazista mi fece mettere davanti alla recinzione elettrica di filo spinato. Dietro di me una fila di cani feroci. Dovevo resistere in piedi per due ore, altrimenti i cani mi avrebbero sbranato. Ci riuscii, probabilmente grazie all´aiuto di Dio».

Dopo più di 10 mesi di prigionia, Alberto Sed fu poi liberato a Dora dagli americani. «Riuscii a raggiungere il confine del Brennero e un soldato italiano, il tenente Giovanni Serini, si prese cura di me. Tornai a Roma, il 7 settembre 1945. Qui ritrovai mia sorella Fatina, sopravvissuta, come me, ad Auschwitz». Un’esperienza terribile. Che le giovani generazioni hanno il diritto, o forse è meglio dire il dovere, di conoscere.