“Interporto, il gigante dai piedi di argilla”

27 agosto 2011 | 00:58
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“Interporto, il gigante dai piedi di argilla”

Calicchio (Pd): “Critico come negli anni è stato gestito il rapporto politico con gli imprenditori”

Il Faro on line – “Interporto romano, necessario che l’amministrazione comunale e la Regione Lazio diano risposte immediate”.
Lo chiede il consigliere comunale del Pd, Paolo Calicchio che spiega come ci siano stati errori di progettazione. “I capannoni sono stati realizzati su terreni argillosi e alluvionali, tanto da far sprofondare alcune strutture. Cambi di convenzione, stralci di opere viarie e ferroviarie e quant’altro lo hanno poi reso quello che è oggi: una cattedrale nel deserto. Errori imputati alla giunta di centrosinistra e cavalcati dal sindaco e dalla sua maggioranza nove anni fa”.

L’ultimo atto del lungo iter all’inizio del 2009: l’ennesima proroga e variante alla convenzione, a causa dei problemi di viabilità di quel quadrante imputabili ai ritardi del finanziamento sulla Roma-Civitavecchi. “Delibera votata anche dal gruppo del Pd in consiglio in nome di una continuità amministrativa oramai e purtroppo necessaria – sottolinea Calicchio – pur consci che i ritardi erano e sono tutt’ora da addossare per intero alla cattiva gestione dei fondi Cipe da parte del Governo Berlusconi e Tremonti”.

Per Calicchio l’interporto romano “continua a essere strategico dal punto di vista ideale, che da quello occupazionale ed economico”. “Ma resto comunque fortemente perplesso e critico su come, negli anni, sia stato gestito il rapporto politico e amministrativo con gli imprenditori titolari di quella opera privata di interesse pubblico. Una politica locale, di destra e di sinistra troppo succube alle esigenze dell’imprenditoria romana piuttosto che alle esigenze dei cittadini e della collettività del territorio. E quella cattedrale nel deserto ne è il risultato. Ma il punto politico è un altro: in tutti questi lunghissimi 9 anni cosa ha fatto il centrodestra locale per raddrizzare la situazione? Perché invece di cambiare rotta come promesso si è limitata a una gestione dell’errore senza rimediare a quanto aveva criticato? Proseguire e perseguire negli sbagli altrui è un alibi oppure equivale a sbagliare anche di più di chi quell’errore lo ha commesso? Qual è la differenza tanto sbandierata da Canapini e soci? E cosa è successo per far cambiare idea a chi sembrava così pieno di critiche?”

“Il tema vero – continua il consigliere del Pd – di quella che deve divenire un nuovo modo di fare politica, senza rimanere schiacciata dal populismo e dall’anti politica, è molto semplice: evitare di proseguire sugli errori altrui perché fa comodo. Mettersi in gioco. La vera alternativa oggi parla linguaggi diversi; la tutela del territorio per esempio, come pure l’interesse del cittadino e la sua qualità della vita; Il lavoro. Ma anche il rigore amministrativo e morale nella ricerca quotidiana della giustizia sociale e del’uguaglianza dei cittadini nei confronti dei diritti stessi. Questo, a mio avviso, dovrebbe essere il nuovo manifesto politico delle future generazioni politiche, all’indomani del crollo delle ideologie”.