Numismatica – L’impero messo all’Asta!

18 novembre 2012 | 23:19
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Numismatica – L’impero messo all’Asta!

Il Faro on line – Intorno alla fine di marzo del 193 d. C. Roma fu testimone di uno dei casi più controversi e discussi della storia imperiale; un’asta per la vendita all’incanto dell’Impero dei Cesari, vergognosa, come ricordano tutti gli storici dell’epoca, che mise in evidenza, da una parte l’ambizione sfrenata di un uomo senza scrupoli, dall’altra la decadenza dei costumi imperiali, e, infine, il carattere mercenario e corrotto dei Pretoriani, la guardia personale dell’imperatore. L’episodio è l’unico degno di memoria per cui Marco Didio Severo Giuliano è ricordato nella storia.

Infatti, a parte insignificanti azioni di polizia segreta o di sfacciata corruzione di funzionari pubblici e masse popolari, la sua fu una reggenza breve, soli 65 giorni, dal 28 marzo al 1 giugno del 193 e conclusasi tragicamente. Chi era costui? Didio Giuliano era un nobile patrizio di Mediolanum ( Milano ), la cui Famiglia aveva  frequentazioni con la corte già all’epoca di Adriano. E infatti Didio, già sotto l’impero di Marco Aurelio, intraprese una fortunata carriera pubblica; pretore, proconsole, console, fino alla importante carica prefetto ad alimenta, un sorta di ministro delle politiche sociali. Ma fu anche “ insaziabile nell’ammassare denaro”. Sembra infatti che, in privato, investisse i propri soldi nelle speculazioni, nella intermediazione per vendite o acquisti di tenute fondiarie e nella partecipazione ad aste pubbliche di beni confiscati. Queste attività erano specifiche degli argentari, cioè i banchieri dell’antica Roma; dunque Didio fu un nobile Banchiere divenuto ricchissimo tra le pieghe della corruzione della pubblica amministrazione.

Ma non mancava certo di ambizione. E difatti appena si seppe dell’uccisione di Pertinace, l’Imperatore, egli si precipitò alla caserma dei Pretoriani e, fermatosi al cancello, offrì ai soldati una somma di oro per il trono. Il comandante della guarnigione gli rispose che c’era un altro pretendente, in grado di offrire molto più di lui e così, come se si trattasse di merce, l’asta andò avanti fino a che Didio arrivò alla strabiliante cifra di 25 mila sesterzi per ognuno dei circa 10 mila soldati della guarnigione cittadina, per un totale di 250 milioni di sesterzi. Oggi quei soldi sarebbero pari ad 1 miliardo e 500 milioni di euro. Roba da far impallidire tutti i Fiorito d’Italia.

Didio  fu così “convincente” anche con il Senato che ottenne immediatamente il consenso per la propria proclamazione e, addirittura, sua moglie e sua figlia vennero dichiarate Auguste, e i loro nomi, Manlia Scantilla e Didia Clara, furono battuti sulle monete del tempo. Monete bellissime quanto rarissime quelle di Didio, in argento oro e Bronzo, che, ironicamente, portano anche incise le diciture di “Governatore del Mondo” con l’”armonia dei soldati”. E già, perché una volta proclamato imperatore Didio si abbandonò alla propaganda più estrema e alle promesse più ardue.Chissà se proprio questa megalomania propagandistica, tanto cara anche ai nostri politici, non fece ardere d’ira il popolo di Roma, e soprattutto le legioni. O piuttosto le promesse di elargizioni di denaro non mantenute.

E’certo che l’episodio della proclamazione a seguito dell’asta fece il giro del mondo ed ebbe una deplorevole eco tra gli eserciti dislocati sui confini. Dalla Britannia alla Siria un sentimento di odio crebbe sempre più pesante. Un odio che aveva la sua genesi anche nel fatto che l’imperatore non poteva essere nominato a Roma dalla sua guardia del corpo, ma aveva il dovere di essere un militare e stare tra le sue truppe, al fronte. Un odio che, infine, cominciò a terrorizzare anche i Pretoriani stessi che, ovviamente, tentarono di trattare con i capi delle legioni ribelli, tra cui il futuro Imperatore Settimio Severo. Didio, non poteva avere riparo e infatti fu assassinato da uno dei  soldati che aveva cercato di comprare, solo due mesi prima, il 1 giugno del 193, a soli sessant’anni. Sarebbe il caso di affermare che fu il primo a morire… di corruzione! Non certo l’ultimo.

La corruzione e l’ambizione personale sembrano essere categorie specifiche dell’uomo, storiche, quasi genetiche in un sistema che ha anche e sempre implicazioni di potere ed economia. Un sistema tramandato fino ad oggi. E la cronaca politica attuale, purtroppo, parla chiaro. Le monete riportate ricordano proprio i frangenti della propaganda di Didio. I retri infatti sono dedicati alla concordia militum e Alla raffigurazione di didio con in mano il globo come Rector Orbis. Le sue Donne invece Didia Clara la Figlia e Manlia Scantilla persero il loro attributo di Auguste dopo la morte del congiunto. Ma Settimio Severo usò pietà verso le due donne consegnando loro le spoglie di Didio e permettendol loro una vita ancora agiata.
Numismaticus