Aperture nonviolente dopo il 14 novembre. Lentius, profundius, suavius
Il commento del Movimento Nonviolento romano agli scontri di piazza
Il Faro on line ā Dal Movimento nonviolento romano riceviamo e pubblichiamo. āIl fatto che si sia tornati a scendere in piazza in tanti, soprattutto ragazzi e ragazze, ĆØ positivo e squarcia finalmente il velo di illusoria pacificazione steso sullāItalia dal governo dei tecnici. Un movimento di livello europeo che vede uniti Ā studenti, docenti e il mondo del precariato non puĆ² che donarci speranza per lāavvenire. Ć per questo che molti di noi hanno partecipato fisicamente al corteo pur essendo consapevoli della pericolosa fiducia di certi gruppi di essere efficienti solo urtando direttamente il sistema, rompendone delle parti, cose o persone. Una disposizione dellāanimo alla violenza (anche se solo di āre-azioneā) che ci ha reso non sorprendente lāesito del corteo.
Lāattenzione di questi gruppi ĆØ verso i nemici contro cui lottare (il poliziotto, il politico, lāuomo occulto della finanza), invece che alla solidarietĆ con le persone per cui e con cui operare: queste passano in seconda linea e non sono continuamente nel pensiero dei mezzi e del fine perchĆ© ciĆ² che interessa ĆØ lāurto, lo āspaccamo tuttoā come si dice a Roma. Non basta dire contro il capitalismo, contro il potere, contro le banche, contro lāausterity se non si ha la coscienza precisa dei perni guasti del sistema da mutare ā il militarismo della societĆ in primis diciamo noi ā : la rabbia va bene per la spettacolarizzazione dei media, ma non ĆØ un programma politico.
Poi bisogna saper distinguere i singoli atti di violenza da quella strutturale, altrimenti qualsiasi condanna dei primi rimane senza senso. Certamente tirare pietre o altri oggetti contro la polizia ĆØ inaccettabile violenza.
CosƬ come non ĆØ ammissibile lanciare lacrimogeni dal Palazzo di Giustizia (per poi dire che sono rimbalzati sulla finestra per sbaglio) o tantomeno manganellare un manifestante, tenendogli stretta la testa fra le gambe, quando ĆØ giĆ a terra inerme. NĆ© ĆØ concepibile in uno Stato democratico che le forze dellāordine, come ĆØ successo in tutte le piazze europee, si dividano in squadre per caricare indiscriminatamente i manifestanti in fuga.
Questa violenza ci indigna ancor di piĆ¹ e ci spinge a chiedere delle risposte ad alcune pressanti domande: chi ĆØ in Europa che ha interesse alla gestione brutale delle piazze e alla chiusura degli spazi democratici? Chi ĆØ che in Italia, ma non solo, si sta occupando della formazione degli agenti di polizia? E se formassimo i poliziotti a gestire diversamente i conflitti in maniera creativa e nonviolenta?In ogni caso, quali che siano le risposte, se si vuole trovare una via dāuscita, non cadere piĆ¹ nelle trappole, uscire dalla violenza e avviarsi sulla strada della nonviolenza, bisogna cambiare totalmente strategia. Lo avevamo giĆ detto dopo il 15 ottobre, continuiamo a ripeterlo ora. Non si tratta di isolare o respingere i vandali ā ammesso che esistano ā ma semplicemente di creare le condizioni affinchĆ© ogni manifestazione di dissenso non finisca in guerriglia urbana. Non ci interessa di chi sia la colpa. Innanzitutto bisogna proclamare preventivamente il carattere nonviolento delle manifestazioni. E poi bisogna metterlo in pratica davvero. Basta con i cortei gridati. Si pensi piuttosto a dei sit-in in grandi spazi, meglio ancora se nei parchi, con la musica classica come colonna sonora. In un contesto cosƬ gli scudi e i caschi dei manifestanti cosƬ come quelli della polizia sarebbero fuori luogo.
Poi, si rinunci alla mega manifestazione, sempre a Roma, e si privilegino tantissime piccole manifestazioni, collegate fra loro, in ogni cittĆ e in ogni paese, dando davvero a tutti la possibilitĆ di partecipare, soprattutto alle famiglie, ai bambini, agli anziani. Anche in questo caso chi cercasse lo scontro sarebbe messo alla berlina, ed invece della polizia ci sarebbe il vigile. Che i prossimi cortei, che le prossime occupazioni siano talmente assordanti da restare festosamente in silenzio: questo ĆØ insieme il nostro augurio e il nostro impegno. Il movimento per una liberazione nonviolenta dalla dittatura della finanza ha bisogno di chiarezza. La nostra deve essere una proposta assolutamente limpida: nella strategia, negli obiettivi, nella tattica, nelle alleanze, nel linguaggio, nello spirito. La violenza ci indigna sempre, continuamente la nonviolenza ci ingegna.
P.S. Sarebbe bello vedere nelle caserme di polizia circolare la rivista āAzione Nonviolentaā fondata dal filosofo Aldo Capitini nel 1964, come segno e garanzia che la tutela dellāordine sta dalla parte degli ultimi, dei deboli, delle vittime e non del Potere occulto o menoā.