Scuola, quando la burocrazia comporta il licenziamento

29 novembre 2012 | 04:45
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Scuola, quando la burocrazia comporta il licenziamento

La storia di tre maestre, Annarita, Simona e Viviana, che non si sono “abbassate” alle richieste dell’Amministrazione ritenute illegittime
+ IL RICHIAMO FORMALE+ LA RISPOSTA+ LA NORMA NEL BANDO

Il Faro on line – Quando la minoranza osa opporsi alla burocrazia, quel che si può raggiungere è la non preventivata decadenza dell’impiego. La sconcertante storia che segue porterà in superficie una fastidiosa realtà che avvolge il mondo dell’insegnamento nel nostro comune. E’ la storia di tre maestre supplenti Annarita, Simona e Viviana, che sono regolarmente iscritte alle graduatorie del comune di Fiumicino ma da ben 3 mesi non mettono piede all’interno dell’ambito lavorativo. La parola fine su questa vicenda che raccontiamo arriverà solo a gennaio 2013.

La pietra dello scandalo

Il punto di partenza che ha portato le tre a interrompere – non per propria scelta – la carriera è stata una ribellione: il rifiuto di ripresentare un certificato di idoneità lavorativa psicofisica che, secondo l’ART. 6 del bando di ammissione, va consegnato una sola volta: quella della prima candidatura alle selezioni per l’entrata in graduatoria: addirittura nel bando si legge “qualora le suddette certificazioni siano già in possesso dell’Amministrazione i candidati non dovranno produrre alcuna ulteriore documentazione”. Figuriamoci – dicono le maestre – se dovevamo produrla dopo il primo anno…

Ed ecco invece che a settembre 2011 giungono le cattive sorprese: primo richiamo da parte dell’Amministrazione che pretende un ulteriore certificato rilasciato dalla Asl di competenza. Cala il gelo e lo sconcerto, si invia al Comune una copia del certificato medico già consegnato al tempo dell’iscrizione alle graduatorie tanto per rinfrescare la memoria, e si torna a lavoro certe del fatto che si tratti di un mero errore.

Nessun errore però: a marzo 2012 ecco il secondo richiamo, questa volta non richiedente ma minacciante il decadimento dell’impiego in caso di mancata consegna del documento medico entro la fine dello stesso mese. Così tutte accettano, spendono soldi e impiegano tempo in silenzio per non compromettere il proprio stipendio. Tutte tranne le nostre protagoniste, che iniziano la tortuosa corsa al sindacato. 

L’Ugl, “l’unico organo sindacale – dicono – che si è dimostrato senza timori reverenziali nei confronti dell’Amministrazione”, inizia con una missiva a Paolo Cortesini in cui ricorda le disposizioni del bando e chiede esplicitamente il ritiro dell’intimidazione inviata alle sue assistite; la risposta alla missiva sindacale da parte di Cortesini è un provvisorio annullamento dell’ordinanza. 
Torna dunque la serenità, il silenzio prima della tempesta, la convinzione del fatto che tutto si stia per risolvere con formali scuse da parte del Direttore generale. Niente affatto. Ecco a maggio 2012 il terzo richiamo con minaccia di licenziamento. E’ la goccia scatenatrice che ha portato nella questione l’intervento di un organo ben più gravante: il TAR. 

Inizia così il processo, ci si scontra litigandosi quest’impiego così fondamentale per queste donne che col loro titolo di personale supplente mandano avanti famiglia e figli in tempo di carovita, e il primo settembre 2012 ecco dunque la prima sentenza a favore delle maestre che stabilisce l’obbligo di sospensione delle ordinanze di richiesta dei certificati da parte del comune di Fiumicino rinviando la sentenza definitiva al 24 gennaio del 2013. La questione non termina, in quanto nonostante si sia aggiunta all’ordinanza del TAR una lettera sindacale in cui si rinforza la conclusione provvisoria della faccenda che prevede la riassunzione delle tre, Annarita, Simona e Viviana sono a casa; il licenziamento non è stato sospeso e la paura di non poter far fronte alla crisi che incombe sale di giorno in giorno assieme all’ansia della parola finale di gennaio. Che ovviamente seguiremo da vicino.

Questa è la storia di un piccolo caso tra i tanti, una minuscola testimonianza nella grande “piazza” silenziosa che ospita fenomeni definibili – a volte – veri e propri abusi di potere. Morale della favola? La realtà che ci abbraccia è recidiva, spesso incurante non solo di fronte al buonsenso ma anche davanti agli occhi di organi superiori che dettano inutilmente ciò che ci si dovrebbe aspettare da un Comune. Cos’è legale lo stabiliranno i Tribunali. Cos’è giusto… ognuno può farsi la propria idea.
Giulia Capozzi