Co2 e B4a, quel pasticciaccio brutto di via Rosa Raimondi Garibaldi

30 novembre 2012 | 20:02
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Co2 e B4a, quel pasticciaccio brutto di via Rosa Raimondi Garibaldi

In una riunione dei proprietari di terreni, convocata dal Comitato Spontaneo Isola Sacra, esce fuori un carteggio tra Regione e Invg. Che complica ancora più le cose sul “caso” dei gas nel suolo

Il Faro on line – Il caso ha voluto che nella stessa giornata se ne parlasse per ben due volte. La prima in mattinata, all’interno del consiglio comunale, con alcune dichiarazioni del sindaco Canapini. La seconda nel pomeriggio, nell’ambito della riunione voluta dal Comitato spontaneo Isola Sacra e alla quale hanno partecipato una sessantina di proprietari di terreni attualmente sottoposti a vincolo.

Va subito detto che, per l’ennesima volta, sono andate in contraddizione le dichiarazioni fatte ufficialmente dal sindaco e quelle fatte, con documenti alla mano, durante l’assemblea dei cittadini. Il sindaco ha parlato di un incarico dato dalla Regione all’Università La Sapienza di Roma per il monitoraggio del territorio. Ma il Comitato spontaneo è venuto in possesso di un documento dove si evince che la Regione ha dato incarico all’Invg di attivarsi sul problema Co2.

Di buono comunque, in questo pasticciaccio brutto sulla Co2, c’è che almeno sono venuti fuori parametri precisi (e, aggiungiamo noi, assurdamente complicati) rispetto alle prescrizioni che, se non cambiano le regole, saranno i parametri con i quali dovranno fare i conti i proprietari di terreni. E che, a meno di un intervento diretto dell’Amministrazione comunale “a garanzia” di autorizzazioni a costruire, terranno bloccato l’intero comparto ancora per molto tempo.

I dati che citeremo in questo articolo – e letti in assemblea da Fabrizio Pagliuca, presidente del Comitato spontaneo – sono contenuti in una relazione che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha inviato alla Regione Lazio che aveva chiesto lumi su come organizzare il discorso relativo all’anidride carbonica bei terreni. La vicenda è complicata, ma cercheremo di spiegarla dividendola per punti, così da ottenere la massima chiarezza possibile.

Quali sono i parametri di legge esistenti?

  1. La Regione Lazio con il Dgr n. 2649 del ’99 aveva stabilito che tutti i comuni della regione nel corso della formazione degli strumenti urbanistici generali e particolareggiati richiedessero il parere preventivo all’organo competente della Regione Lazio, ai fini della verifica della compèatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geologiche e con le condizioni vegetazionali del territorio. Questo perché anche dalle perforazioni dei pozzi e/o scavi per le fondazioni di immobili, allorché si perfora o si asporta lo strato impermeabile, si può andare a creare fuoriuscite di gas altamente pericolosi.

  2. Il 29 agosto del 2009 la Regione firmò la Determina B3647 in cui l’Università Roma Tre fu incaricata di effettuare uno studio sulla pericolosità delle emissioni anomale di gas endogeni (Co2, H2S, Rn) associata a fratture del Lazio, e dalle cui conclusioni venne evidenziata una situazione di pericolosità a livello regionale.

  3. Il 1 ottobre 2010 la Regione firmò una seconda Determina n. B4343 nella quale incaricò l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di individuare e perimetrare le aree del territorio della regione indiziate come pericolose per le emissioni di gas endogeno.

  4. 28 aprile 2011. La Determina n. A4414 una Determina con carattere di urgenza per poter dare pareri di nulla osta nelle aree caratterizzate da risalite anomale di anidride carbonica. In questo documento si specificava che prima di dare un parere la Regione avrebbe dovuto avere in mano un monitoraggio – omeglio una “campagna di misura”, come la chiamano i tecnici – di almeno 4 mesi, con le stesse misurazioni ripetute ogni 15 giorni. In questo documento si specificava che per avere parere favorevole alla costruzione di una casa la concentrazione di Co2 doveva risultare inferiore al 2%. Non solo, ma incasa avrebbero dovuto essere installati sensori permanenti che avrebbero dovuto essere tenuti operativi e in efficienza dai proprietari stessi della casa.

  5. Ottobre 2011, ennesima Determina, più tecnica. Si pseificava infatti che le misure di concentrazione dovevano essere effettuate a 80 cm di profondità ed altri parametri per il rilevamento della Co2. Anche stavolta si specificava – cosa non secondaria per chi apre un cantiere – che le campagne di misure dovevano durare 4 mesi.

  6. Infine, con Determina A00271 del 19 gennaio 2012 sono state deliberate le regole definitive sull’argomento. Quali? Le varianti urbanistiche devono essere integrate da una relazione geologica che includa i risultati del flusso e della concentrazione di Co2. Misurazione che va fatta in tre distinti momenti, tra i quali devono intercorrere almeno 3 mesi. Alla fine di tutto, se la concentrazione è sotto il 2% non si rileva alcun problema, salvo l’obbligo di aerazione dei locali. Tra il 2% e 5% diventano obbligatori i piani pilotis, fondazioni superficiali e l’attivazione di sensori per monitorare costantemente la situazione, prima a carico del costruttore e poi del proprietario. Sopra il 5% l’area diventa inedificabile.

Attenzione, si parla di “varianti”, e qui – volendo leggere tra le righe – si apre uno spiraglio. Se il piano infatti è “conforme” e non “in variante” le regole potrebbero non valere, anche se non si capisce come un rischio per la salute pubblica sia più o meno grave a seconda della definizione burocratica di un documento; e soprattutto non si capisce perché i cittadini debbano sempre andare a interpretazione non ci sia uno straccio di funzionario pubblico (tecnico o politico fa lo stesso) capace di definire pubblicamente la questione con certezza.

Fin qui l’iter procedurale e le regole attualmente in vigore, ma sono realmente praticabili?

Secondo la relazione inviata dall’Ingv alla Regione, no. Intanto perché nelle aree vulcaniche – come ad esempio i castelli romani – i valori medi di concentrazione di Co2 nei gas del suolo è mediamente più elevata del limite di 2% ammesso come soglia nella determina. Il che vorrebbe dire non costruire più nemmeno una casetta col Lego e, estremizzando il concetto, evacuare interi paesi dei Castelli e di altre zone della stessa natura (Bracciano, ad es.) di cui il Lazio e l’Italia intera sono pieni.

In secondo luogo anche il sistema di monitoraggio non andrebbe bene: basarsi solo sui sensori potrebbe bastare per lo screening iniziale ma non da la certezza assoluta del dato. E poi, chi garantisce che la ditta incaricata dal privato cittadino di effettuare le misure sia in grado di fare studi geostatici sui dati? Non è plausibile supporre che i proprietari o i costruttori si prendano carico di installare sensori in continuo: è troppo oneroso e soprattutto chi sarebbe in grado di interpretare il significato dei cambiamenti di segnale?

Il caso del Co2 è la testimonianza diretta di come la burocrazia può avvitarsi su se stessa fino a strangolare lo sviluppo di un intero territorio, prima lasciato all’abusivismo più totale e poi ingabbiato da divieti, prescrizioni e ipotesi di rischi che non stanno in piedi. Tanto contorta che il Comune di Fiumicino non è mai citato in alcuna di queste Determine di cui abbiamo parlato, e dunque in teoria dovrebbe essere fuori da queste discussioni. Invece nella pratica così non è, se è vero come è vero che proprio le scorse settimane, a un proprietario di un comparto “verde” che aveva chiesto il parere geologico vegetazionale, gli è stato chiesto – dagli uffici regionali – di produrre prima la “famosa” relazione sul Co2.

Come se ne esce? Migliorando la legge regionale, che poi è lo stesso suggerimento che i vulcanologi danno alla Pisana. Per ora restano i dubbi, le perplessità e la confusione. E l’edilizia (non tutta, per la verità) all’Isola Sacra resta ingessata.

Angelo Perfetti