B4a e rischio esondazione, cosa dice la Legge

11 gennaio 2013 | 03:54
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B4a e rischio esondazione, cosa dice la Legge

Con l’aiuto dell’avvocato tributarista Daniele Monari siamo scesi dentro le pieghe di norme, sentenze e decreti. E il risultato – duole dirlo – è sconfortante

Il Faro on line – Dopo mesi e mesi di illazioni, mezze notizie, accelerazioni e frenate, abbiamo deciso di cambiare angolazione, sempre con l’intento di fornire alla collettività documenti sui quali ragionare. L’argomento è quello dei B4a, o meglio del rischio esondazione, e dunque del comparto edilizio in generale. In mancanza di documenti attendibili, pubblici e ufficiali da parte della regione Lazio e del Comune di Fiumicino, non ci restava che ricorrere alle sentenze della magistratura su casi di specie. Il quadro che ne è venuto fuori, purtroppo, non è più confortante dello scenario confuso che fino ad oggi siamo stati costretti a raccontare. Ma almeno si basa su sentenze, che fanno giurisprudenza. Descrive lo stato delle cose ad oggi e quali strumenti eventualmente sia possibile utilizzare per andare oltre il parametro legislativo.

Per farlo ci siamo fatti aiutare dall’avvocato Daniele Monari, tributarista di Modena, che con il suo studio legale si è occupato in maniera approfondita di Ici, vincoli ed edificabilità. Anche la giurisprudenza, così come gli uffici amministrativi, ha avuto nel tempo posizioni diverse e contrastanti. Valga per tutti, il contrasto formato tra due distinte sentenze della Corte di Cassazione (la n. 16751 del 24 agosto 1004 e la n. 21644 del 16 novembre 2004); la prima riteneva che per il pagamento dell’Ici fosse sufficiente il semplice inserimento del terreno nel Prg generale dell’ente locale come area edificabile, la seconda non riteneva sufficiente tale condizione se di fatto il terreno rimaneva soggetto a vincolo d’inedificabilità.

“Per maggiore precisione – spiega l’avvocato Monari – la prima faceva riferimento all’interpretazione letterale dell’art.2 lett.B del D.Lgs. 504/92, mentre la seconda si basava sulla maggiore aderenza dell’interpretazione ai principi di “eguaglianza” (art. 3 della Costituzione) e di “capacità contributiva” (art.2 del DLgs  504/92).

C’è voluta una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite – l’ultima parola inappellabile, in sostanza – la n. 16751 del 24 agosto 2004 per dirimere la questione. La Cassazione ritenne non seriamente sostenibile, senza voler entrare nella pura “finzione giuridica”, affermare che il contribuente possedesse un’area fabbricabile in quel determinato anno, senza che lo stesso potesse averne un beneficio immediato. E per di più con una tassazione sostanzialmente a tempo indefinito.

Sempre la Cassazione, però, disse anche che al contempo non era possibile equiparare un’area considerata edificabile dal Piano regolatore con un terreno agricolo, e dunque prevedeva degli sconti. Ma non c’è nessuna norma precisa che li definisca, e dunque tutto rimesso alla volontà dei Comuni.Perciò ci troviamo comuni come Novalesa, in provincia di Torino, che per le aree a rischio ed esondazione molto elevata prevede la riduzione addirittura del 100%, e comuni come Fiumicino che decidono di scontare una quota dell’Imu (peraltro dopo averla incassata per anni a prezzo pieno).

Va anche detto che mentre la Cassazione stava decidendo sull’interpretazione da dare alla norma, “i Comuni – spiega l’avvocato Monari – al fine di salvaguardare le proprie entrate messe a repentaglio da sentenze sgradite, corsero ai ripari riuscendo a far approvare con decreto legge due distinti provvedimenti di carattere interpretativo 8art. 11 Quarterdecies, comma 16 D.L. n.203 del 30/09/05 e art. 36 comma 2 D.L. n.223 del 04/07/06, che – per farla breve – precisarono che l’interpretazione autentica era quella pro fisco”.

Quindi se i Comuni – alla luce di queste norme a tutt’oggi valide – hanno ragione nel considerare il terreno come area edificabile, hanno torto quando non considerano ( o non abbiano considerato in passato) la reale capacità contributiva dei terreni stessi.

“Ciò che accade – spiega ancora l’avvocato Monari – è quello che possiamo definire un esproprio di fatto. Cioè pagare per anni tasse su tasse, con terreni che per via dei vincoli perdono man mano il proprio valore, e arrivare alla fine che il compenso per la vendita rappresenta poco più che la copertura delle spese sostenute sommato alla diminuzione del valore stesso dei terreni”. 
Insomma, a forza di pagare, alla fine ciò che torna in tasca è poca cosa. Per di più senza alcuna colpa. Perchè il vincolo è messo dalle istituzioni e i lavori per toglierlo competono alle istituzioni. Il cittadino può solo subire.

Ma la situazione di Fiumicino è “viziata” da un altro fatto. “Quando il Comune ha inserito quei terreni nel Prg come edificabili, sapeva dei vincoli – spiega l’avvocato Monari -. Avrebbe prima dovuto eliminare i vincoli e poi inserire in terreni come edificabili, non il contrario”. A meno di non avere un planning già definito – risorse alla mano – per superare l’emergenza. Altrimenti così – ed è proprio ciò che è accaduto a Fiumicino – si può rimanere in questo limbo per anni e anni, anche per una vita intera.

E allora cosa fare? Per contestare formalmente questo operato c’è sia il ricorso alla Corte di Giustizia europea sia il Ricorso straordinario al Capo dello Stato. Poi ci sono i giudici tributari per scrivere le sentenze.
Angelo Perfetti