Falleri-Roncato, il coraggio di osare

12 gennaio 2013 | 03:16
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Falleri-Roncato, il coraggio di osare

Al Manfredi di Ostia è andata in scena una tematica scottante ed interessante: il matrimonio fra persone dello stesso sesso

Il Faro online – Al Manfredi di Ostia è andata in scena una tematica scottante ed interessante: il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Il marito di mio figlio, in prima nazionale, infatti, scritto e diretto da Daniele Falleri è stata una pièce colta e stimolante perché ha saputo mirabilmente coniugare scienza (psico-antropo-sociologica) e divertimento (comico-satirico-umoristico). Complimenti all’intero cast costituito dai brillanti attori-ballerini Ludovico Fremont (George) e Domenico Balsamo (Michael), “i promessi sposi”, ai rispettivi genitori Andrea Roncato (Ignazio) e Pia Engleberth (Meri), piuttosto legati ad una concezione tradizionalista del matrimonio, e Monica Scattini (Amalia) e Pietro De Silva (Agostino), più possibilisti rispetto al cambiamento evolutivo della coppia ed infine alla spumeggiante Roberta Giarrusso (Lory), aspirante attrice ed ex-amante di Michael.

Abbiamo voluto dare spazio a coloro che, secondo noi, più di tutti hanno contribuito allo strabiliante successo della rappresentazione teatrale: Daniele Falleri e Andrea Roncato

Affrontare con leggerezza, che non significa certo superficialità, il tema delle nozze gay, esaminandolo dal punto di vista socio-psicologico, in maniera ben articolata non è stata certo una cosa semplice. In ogni modo penso che ci sia voluto del coraggio?
Ho trattato questa tematica scomoda, talvolta indigesta – ci racconta Daniele Falleri – , nel quadro dell’evoluzione che la famiglia sta subendo negli ultimi tempi. Mi piace indagare su quali siano le reazioni dei singoli membri di una famiglia in relazione a nuove problematiche da risolvere, il tutto con molta ironia, ma senza indulgere in stereotipi che possono risultare delle macchiette. Infatti, i due ragazzi che costituiscono la coppia gay, appaiono come dei giovani di oggi, “normali”, senza lustrini e paillettes.  I quattro genitori, invece, rappresentano quattro diverse categorie dei più diffusi pregiudizi nei confronti dell’omosessualità. 
Come accoglie il pubblico italiano questo messaggio?
Alle prime repliche ‘in provincia’ gli spettatori hanno partecipato con vivo interesse. C’è stato un veloce tamtam e siamo subito arrivati a serate con il tutto esaurito che ci hanno convinto della validità della scelta della tematica. 
La cattolicissima Spagna consente da tempo il matrimonio tra persone dello stesso sesso; infatti anche i protagonisti della tua pièce convoleranno a nozze a Madrid.Pensi che anche l’Italia prima o poi accetterà queste nuove unioni?
Penso proprio di no, almeno nella forma del matrimonio. Molti ostacoli vengono dal fatto che in Italia c’è la sede del papato e quindi la religione cattolica dissuade coloro che vivono uno stato omo-emozionale dall’aspirare ai riconoscimenti delle persone “normali”. Questo, soprattutto, per gli adolescenti risulta essere un grande deterrente ad una crescita serena e in armonia con se stessi. 
Il tema della sessualità, che è fondamentale per la vita di un uomo, dovrebbe essere trattato adeguatamente anche nelle sedi scolastiche. Pensi che bisognerebbe insegnare ai giovani l’educazione sessuale?
Penso proprio di sì, sempre che ad insegnarla non vi siano docenti pieni di pregiudizi come i quattro genitori del mio lavoro teatrale. Ho dovuto constatare che la sensibilità della gente rispetto a questo argomento è forte. Infatti, avevo appena mandato in stampa il mio soggetto teatrale, che già 18 compagnie amatoriali si sono impegnate a metterlo in scena. Fra queste  anche quella di una scuola, a riprova dell’interesse per la questione sessuale. Questa compagnia, in particolare, è costituita da genitori ed insegnanti, infatti si chiama, “Genianti”.
Il teatro può offrire alle nuove generazioni un sistema assiologico di vero supporto alla loro crescita e alla loro realizzazione?
La funzione pedagogica e “terapeutica” del teatro è fortissima. Impegnarsi come gruppo in maniera sistematica per il raggiungimento di un obiettivo comune come “la rappresentazione teatrale” già contiene una forte valenza pedagogica amplificata dal coinvolgimento fisico ed emotivo che un attore mette in campo nell’interpretazione di un personaggio. 
Nel tuo lavoro teatrale in ogni caso tu parli d’amore. Che cos’è per te questo sentimento?
Risponde alla tua domanda uno dei personaggi che descrivendo puntualmente le sue emozioni, relative al sentimento di cui parli, non fa riferimento preciso al sesso dell’oggetto d’amore. Insomma, ci si innamora dell’amore, incarnato in un essere umano senza ulteriori specificazioni di genere. E comunque, per me, l’amore è tutto. Sono davvero convinto che sia l’energia dell’amore a far girare il mondo. 

Anche Andrea Roncato si è dimostrato disponibile a qualche domanda…
Sei una pietra miliare dello spettacolo, della televisione, del cinema e del teatro e ci fa piacere che l’umorismo e la spinta satirica che hanno sempre caratterizzato le sue performances si esprimano in questo lavoro in una sinergia straordinaria. Cosa ha significato per te questa ultima fatica?
E’ sicuramente un testo eccezionale scritto con grande maestria da Daniele Falleri, che tratta con delicatezza e senza i soliti doppi sensi una tematica forte. Sono rimasto davvero soddisfatto di aver partecipato a questo impegnativo lavoro perché, pur rimanendo l’Andrea Roncato di una volta, noto playboy da spiaggia degli anni ’80, desidero alla veneranda età di 60 anni di misurarmi con parti in cui si veda l’attore a tutto tondo. Come è stato con Il cuore grande delle ragazze di Pupi Avati con Micaela Ramazzotti e con la nuova serie TV che mi vedrà impegnato sempre con la Ramazzotti e la regia di Pupi Avati.
Hai un ruolo fondamentale in questa pièce, quello dell’uomo che rimane un bel po’ sconvolto dalla evoluzione antropologica della famiglia. L’Italia è pronta secondo te a questi cambiamenti?
A parole, a fatti non credo. Ci si professa non razzisti, però, purtroppo, nei confronti della diversità di razza, di religione e di abitudini sessuali la massa degli italiani rimane in una condizione non ben definita. Infatti, pur dichiarandosi non razzisti, molti di fronte ad una persona di colore che entra in casa si mostrano piuttosto guardinghi oppure, mentre si presentano disponibili in generale all’accettazione della omosessualità, quelle stesse persone se avessero un figlio od una figlia gay  o lesbica sicuramente non ne sarebbero felici. Io, in particolare, sono testimonial di un festival sulle diversità e credo fermamente che quando ognuno  di noi troverà “normale” eliminare le barriere architettoniche per i disabili o “normale” accettare che due uomini o due donne possano convolare a nozze, allora veramente ci si potrà dichiarare liberi da ogni condizionamento. Diversità può significare infatti anche unicità; se il mondo fosse composto da persone tutte uguali forse sarebbe più noioso. 
Tu, insieme a Maurizio Micheli che ho intervistato la volta scorsa, rappresenti il meglio del varietà televisivo. Pensi che questa forma di spettacolo che ha accompagnato e divertito molti generazioni di italiani possa avere una luminosa reviviscenza?
Il Varietà rappresenta la vita. Ora che gli italiani sono in crisi, è in crisi anche questa forma di spettacolo.  Non si possono allestire più grandi coreografie, magnifiche scenografie o mirabilanti costumi perché non ci sono soldi e la televisione, quindi, è diventata un “borgo” di infima categoria. L’unico interesse degli addetti alla televisione è di assicurarsi ascolti e quindi la pubblicità; ragion per cui si realizzano programmi in cui persone insulse, in gran parte sconosciute che non avrebbero voce in capitolo per esprimere giudizi, invece, lo fanno impudentemente, litigano a forza di insulti e talvolta passano addirittura alle vie di fatto. Purtroppo il litigio in TV fa audience come fanno audience i racconti di assassini e vittime che riempiono i palinsesti di delle reti nazionali e private. Sarebbe invece necessario offrire ai telespettatori un sano e ritemprante sorriso. Si sa per certo che sorridere fa bene alla salute psicofisica e il vecchio varietà questo lo sapeva fare.
Pasquale Maria Sansone