Scuola, intervista ad Alessandro Pellegrini

16 gennaio 2013 | 23:09
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Scuola, intervista ad Alessandro Pellegrini

 Il Faro Online – La nostra indagine statistica sulla Scuola Superiore rivolta ai Dirigenti Scolastici, continua con il Prof. Alessandro Pellegrini, nato a Roma cinquantasette anni fa. Laureato in matematica, ha insegnato, dal 1977, nell’Istituto tecnico industriale dove è stato, a lungo, collaboratore vicario. Preside incaricato dal 2004 è stato Dirigente Scolastico dell’I.I.S.P.T. di Palestrina dal 2009 al 2012. Attualmente è Dirigente Scolastico dell’I.I.S. “J.Piaget” di Roma.

Sembrerebbe che l’attuale normativa scolastica attribuisca più poteri che in passato al ruolo del Dirigente Scolastico. In concreto, quali sono le difficoltà con cui quotidianamente un “preside” deve fare i conti e in quali attività è maggiormente impegnato?
Con l’avvento dell’autonomia il ruolo del capo d’Istituto, divenuto  Dirigente Scolastico, è profondamente cambiato e le sue competenze sono ben riassunte  nell’articolo 25 del d.lgs.165/2001 che, al comma 2, recita: “Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.”Si può immaginare quali e quante difficoltà si celino dietro queste parole. Personalmente, per quella che è la mia esperienza, ritengo che, quotidianamente ci si debba impegnare nel coordinamento e nella  valorizzazione delle risorse umane, nonché nella gestione e nella ricomposizione dei conflitti. E’ una dirigenza atipica, si lavora con persone su altre persone, c’è un alto rischio di burnout ed è indispensabile, per ottenere risultati, garantire un clima sereno e collaborativo.

L’indagine commissionatami sul futuro della nostra scuola cade in un momento caratterizzato da un movimentismo studentesco, più o meno organizzato, che mentre combatte i tagli del governo dei tecnici, mette in discussione la reale spendibilità nel mondo del lavoro dei titoli conseguiti. Quali compiti Lei ritiene che la scuola possa effettivamente svolgere nel quadro delle più recenti politiche ministeriali, anche in riferimento alla loro dimensione economica?
Ritengo che la scuola, debba fare la scuola e che, nonostante la pochezza delle risorse investite, il suo lavoro continui a svolgerlo al meglio. Occorre spendere di più nel sistema istruzione e, considerato che in cambio la Società potrà pretendere maggior qualità e, sono certo, avrà formati eccellenti uomini, cittadini e professionisti, sarà un ottimo investimento, soldi spesi bene!

La professione docente in Italia lamenta spesso d’essere stata svalutata, e non solo sul piano della retribuzione. Ritiene che i percorsi formativi fin qui svolti, quelli in essere e quelli che si prospettano per il futuro, siano stati o siano adeguati, da un lato, realmente all’acquisizione di competenze per l’espletamento della funzione  e, dall’altro, a garantire un reale accesso alla professione? 
Nell’ottica di un miglioramento del sistema istruzione, credo, occorrerebbe investire anche, e soprattutto, nel reclutamento e nella formazione degli insegnanti. Ritengo che debbano essere valutati, in fase di reclutamento, preparazione ed equilibrio, e per la formazione curato l’aspetto esperienziale con attività di tirocinio accanto a tutor affidabili, in possesso delle medesime doti. Non credo che preselezioni concorsuali in cui, spesso, la spunta chi si è allenato ad affinare capacità di tipo mnemonico, servano allo scopo. Va restituita, poi, alla professione la giusta considerazione sociale, anche dal punto di vista retributivo, nell’interesse di tutti, dei nostri figli in particolare. 

Il problema della dispersione, quello di standard accettabili di qualità dell’apprendimento conseguito, il problema del merito: come sono raccordabili e magari, a suo avviso,  risolvibili queste innegabili carenze del nostro sistema formativo?
Dispersione, accettabili standard di qualità, merito sono tre aspetti del medesimo problema. Ho detto prima che la scuola deve fare la scuola, questo significa curare la crescita culturale di tutti coloro che ci vengono affidati. Non ci si può limitare a certificare le capacità che alcuni già hanno e le incapacità di altri senza riuscire ad incidere, su questi, in modo determinante. Ricordo che, quando mio figlio, da bambino, frequentava la scuola calcio si usava misurare i progressi fatti, in percentili, in ciascuna fase del gioco: tutti, chi più, chi meno, crescevano e non erano i migliori ad esser cresciuti di più. Altra esperienza, invece, relativa ad un altro dei miei figli, fu quella del passaggio al liceo con una formazione matematica, ricevuta dalla scuola media, piuttosto approssimativa. Le prime due prove scritte furono valutate pochissimo, ci mettemmo a lavorare insieme ed i risultati ottenuti furono eccellenti. Il ragazzo aveva delle potenzialità ma il lavoro fatto con me avrebbe dovuto farlo con l’insegnante a scuola! E’ chiaro che poche risorse, classi sovraffollate e tante altre cose, non proprio di competenza della scuola, ma a questa delegate rendono arduo questo suo compito precipuo. 

Non pensa che la scuola debba fare di più per l’esercizio di una cittadinanza consapevole ed attiva, fornendo competenze ai futuri cittadini che maturano i loro diritti politici generalmente al termine della secondaria superiore?
Potrebbe e forse dovrebbe fare di più. La scuola è il luogo dove si impara ma, anche, quello dove si cresce. Certo sarebbe bene avere garanzia di docenti particolarmente equilibrati e rispettosi dei processi di maturazione dei ragazzi. Nonostante questo mi sembra di poter asserire che, comunque, la scuola è rimasta, forse, l’unica agenzia educativa a preoccuparsi della formazione dei nostri giovani intervenendo a 360 gradi anche in campi nei quali, come sottolineavo prima, è chiamata a fare opera di supplenza: l’impegno sociale, l’educazione stradale, l’educazione alla salute solo per citarne alcuni.

Anche in relazione al merito, al perseguimento della qualità, l’istituto da Lei diretto come sta promuovendo le eccellenze presenti al suo interno, magari in sinergia con altre istituzioni, culturali e non? 
In questi ultimi quattro anni ho fatto l’esperienza dell’istituto professionale, dove è urgente non perdere ragazzi, non c’è molta possibilità di riorientamento come accade nei licei, ma è altrettanto importante, in funzione dell’inserimento lavorativo, mantenere adeguati standard di qualità e valorizzare il merito. Molte sono state, in questi anni, le manifestazioni, volute o favorite, mediante le quali i nostri studenti si sono potuti confrontare con gli altri in un clima di sana e rispettosa competizione. Penso alla gara nazionale di cucina che annualmente l’Istituto alberghiero che ho diretto fino allo scorso anno organizza ed ospita e che conferisce il riconoscimento di eccellenza da parte del MIUR, penso alla gara per la realizzazione del miglior bozzetto voluta dalla Provincia di Roma e riservata alle scuole con indirizzo abbigliamento e moda svoltasi presso l’Auditorium “Parco della Musica” , penso al premio attribuito, alla Bocconi di Milano, ad una nostra studentessa dell’indirizzo grafico per la foto scelta per il convegno “Science for Peace” dalla Fondazione “Umberto Veronesi”.

Pasquale Maria Sansone