Una società “diversamente indifferente”

4 febbraio 2013 | 09:54
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Una società “diversamente indifferente”

Il Faro on line – Una sorta di “evoluzione in positivo” del “pensiero comune”, ha visto negli anni attribuire grande importanza e attenzione alla terminologia usata per indicare determinate categorie di soggetti in genere, ovviamente, più “deboli”. Ecco quindi che definire una persona di colore “negro”, diventa offensivo; il termine più rispettoso è “nero”; quelle che una volta erano le “donne di servizio” ora sono “collaboratrici domestiche” e potremmo continuare con gli esempi ancora per molto. Tutto ciò viene giustificato come una sorta di “rispetto dovuto”, quasi che definire queste persone non usando i termini giusti, fosse una gravissima mancanza di rispetto.

Il punto è che, per una sorta di “perbenismo da strapazzo” di cui questo Paese si è fatto “portabandiera”, il rispetto finisce qui!!!Un esempio per tutti è rappresentato da quelle perone che, affette da difficoltà motorie, congenite o di origine patologica, venivano in passato definite “disabili”, termine oggi posto sotto accusa al punto che chi ne facesse uso, magari per un “lapsus”, verrebbe esposto al pubblico ludibrio con l’accusa di essere indegno di appartenere a questa “civilissima” società! La definizione appropriata, perché rispettosa, è “diversamente abili”, e se ne ricordi chi non vuol essere tacciato di inciviltà!!! 

Peccato che nel quotidiano, tutto questo “rispetto” cozzi immancabilmente col comportamento che, ironia della sorte, è spesso posto in essere proprio dai più intransigenti sostenitori del “perbenismo”; non ci riferiamo tanto – o “solo” – al lasciare in sosta l’auto sugli spazi riservati a queste persone, cosa che, di per sé, già la dice lunga ed è, comunque, fra le più frequentemente sanzionate, quanto ad altri comportamenti che denotano, contrapposto ad un perbenismo di facciata, il vero, reale, totale menefreghismo di quella che potremmo, senza tema di essere smentiti, definire una categoria di “buffoni”!

Ed ora, via con qualche esempio. Auto sul marciapiede, o davanti ad uno scivolo e… chissenefrega se il disabile – pardon – il “diversamente abile” che deambula in carrozzella, non ci passa!!! D’altra parte, se colto in flagrante, il “povero” automobilista ha pronta la giustificazione: “Ci sono stato solo cinque minuti, il tempo di un caffè”…. O di prendere il giornale o le sigarette o comunque, alla fine,  di farsi i c…asi suoi! Ora, un’edicola vende centinaia di giornali, un tabaccaio centinaia di pacchetti di sigarette e un bar che si rispetti, non meno di due, tre chili di caffè al giorno (per la cronaca: un chilo di caffè  corrisponde, a circa centocinquanta tazzine, considerando un po’ di scarto. Fonte: chi scrive annovera nel suo passato ventitre anni di quel mestiere).

Immaginiamo ora che, se non tutti, una buona parte dei consumatori di caffè, giornali, sigarette o altro, appartenga a questa categoria di str…ani personaggi, convinti che il bar apra la mattina alle sette e chiuda la sera alle ventidue solo per vendere il caffè a loro… e immaginiamo pure il povero “diversamente abile” che, seduto sulla sua carrozzella, aspetta che questi imbecilli finiscano di farsi i c**** loro, per poter passare sul marciapiede o scenderne. Ovviamente, tutto questo discorso è solo un esempio del danno che un perbenismo fine a sé stesso è in grado di fare in una società civile e soprattutto, denota una profonda ipocrisia, ma una sorta di innato ottimismo ci spinge a tenere duro. Dopotutto ci sono tante brave persone che, se pure poche e magari nel “silenzio”, costituiscono il “sale” della società e quindi un bene cui questa non può né deve rinunciare, ma di loro parleremo un’altra volta.
Paolo Boncompagni