Handicap, solidarietà e prepotenza

27 febbraio 2013 | 22:57
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Handicap, solidarietà e prepotenza

Il Faro on line  – Nel nostro Paese è certamente molto sentita la solidarietà nei confronti dei meno fortunati, i cosiddetti “diversamente abili”… almeno formalmente! Già, perché, a parte un certo “perbenismo” anche troppo diffuso – vedi quello di una nota presentatrice di un altrettanto noto programma televisivo, costantemente preoccupata (giustamente) di tanti poveri “gattini e cagnolini” abbandonati, mostrando le foto dei quali dice sempre: “Guardate come sono carini”, ma che se ne frega altamente, magari, del povero barbone che muore assiderato in una notte d’inverno, perché non ha dove andare a dormire se non per strada (d’altra parte quello non è né un gattino né un cagnolino: “solo” un essere umano!!!) – nel quotidiano, da parte di molti soggetti (fortunatamente non tutti) c’è, nei confronti di questa categoria di persone, un sano e ostentato “menefreghismo” accoppiato alla più totale indifferenza; auto parcheggiate davanti agli scivoli o sui marciapiedi.

In realtà, di questo fenomeno ci siamo già occupati in passato; stavolta, per dare il cosiddetto “colpo alla botte” dopo averlo dato al cerchio, ci piace focalizzare l’attenzione sull’abuso usato al contrario. Ci riferiamo in particolare, a due comportamenti posti in essere da coloro che sono in possesso di un contrassegno per diversamente abili: il primo di questi, nasce da una “forma mentis” tutta particolare, a seguito della quale, è ferma convinzione di questi soggetti, che, data la loro situazione di difficoltà, a loro “tutto è permesso”! In quel “tutto” non c’è solo il diritto di occupare con la loro auto il posto “riservato” ad un altro utente come loro (la cosiddetta “guerra tra poveri”) e per la cui riservatezza quest’ultimo “paga”, ma anche la convinzione di poter parcheggiare “dovunque” solo perché, magari, i parcheggi riservati alla loro categoria sono tutti occupati. In questo caso, infatti …e secondo loro, la colpa è di chi non ha provveduto a realizzare qualche posto in più.

Il secondo comportamento, che a questo punto possiamo definire “scorretto”, è invece quello che però, non vede tanto coinvolti i diretti destinatari del contrassegno, quanto coloro che, secondo le esigenze, gli fanno da autisti. Nel momento del rilascio del contrassegno, si possono elencare anche due targhe dei veicoli deputati al trasporto della persona diversamente abile: è il caso, per esempio, di un genitore che abbia due figli che, a turno, possono occuparsi di lui. Il contrassegno è uno e uno solo e “segue” la persona: per evitare rischi di smarrimento, dimenticanza o altro, è ormai divenuto di moda fare una o più fotocopie a colori che poi vengono plastificate, imitando quasi perfettamente l’originale e tenute costantemente a bordo dei veicoli. Finché un comportamento del genere non influisce sulla correttezza dell’uso ed è finalizzato solo al suo aspetto pratico, poco male; il problema è che però, purtroppo, spesso non è così. Ecco quindi che i contrassegni fanno bella mostra di sé sul veicolo parcheggiato, per esempio, nel Centro Storico della Capitale, mentre i titolari e ne stanno beatamene a casa, magari in periferia o addirittura “al paese”.

La certezza “quasi” totale di farla franca è determinata dal fatto che, quasi sempre, da parte degli organi deputati al controllo, data la delicatezza della situazione, vige il principio del “In dubio, pro reo”, ovvero “meglio rischiare di assolvere un colpevole, che condannare un innocente”; in caso di contestazione poi, c’è sempre la possibilità di un ricorso, nel qual inventare un mucchio di frottole, coinvolgendo, magari a sua insaputa e in buona fede, anche un medico.Quello che questi campioni di correttezza non sanno (o forse lo sanno e se ne fregano) è che, in caso di flagranza, c’è il ritiro immediato del contrassegno, per riavere il quale poi, hai voglia a prendertela con la burocrazia…

Tutto questo non deve comunque far perdere la fiducia e l’ottimismo! E’ ferma convinzione di chi scrive che esiste una maggioranza di persone “perbene”, che come tutte le cose positive, è la più diffusa, ma fa meno rumore…
Paolo Boncompagni