Scuola e futuro, intervista ad Arturo Marcello Allega

25 marzo 2013 | 12:34
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Scuola e futuro, intervista ad Arturo Marcello Allega

Il Faro Online – La nostra indagine statistica sulla Scuola Superiore rivolta ai Dirigenti Scolastici, prosegue con il Prof. Arturo Marcello Allega, Vice Presidente della Federazione Europea per la Difesa Ecologica Onlus (Fede Onlus). Dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico Industriale “Giovanni XXIII” di Roma. Si è laureato in Fisica all’Università di Roma “La Sapienza”, ha conseguito il Dottorato di Ricerca e, quindi, il Post-Dottorato di Ricerca (ResearchFellow) in Giappone alla Tohoku State University presso l’Institute of Materials Research (IMR), contribuendo a molte pubblicazioni su vari temi di fisica e fisica-matematica, lavorando con contratti di ricerca presso il Centro Europeo per le Ricerche Nucleari (CERN), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

E’ stato il creatore ed il project manager di un percorso IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) interregionale per la ex-novo figura professionale di “Tecnologo dell’Industria Grafica” della Regione Lazio. Ha svolto molte ricerche sulla formazione e sull’istruzione, sulle Tecnologie Didattiche e sulle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, sul ruolo delle discipline scientifiche per l’‘Education’, sulla Teoria dei Sistemi dell’Organizzazione scolastica. Tra le pubblicazioni recenti si hanno i seguenti due volumi: A. M. Allega, G. R. Croce, T. Maiello, “La Responsabilità giuridica e professionale dei Dirigenti dello Stato” (Simone Ed., Esselibri, Marzo 2009), A. M. Allega, “L’Arte della Progettazione Formativa” (Spaggiari 2010), A. M. Allega, “Analfabetismo: il punto di non ritorno” (Herald, 2011).

Sembrerebbe che l’attuale normativa scolastica attribuisca più poteri che in passato al ruolo del Dirigente Scolastico. In concreto, quali sono le difficoltà con cui quotidianamente un “preside” deve fare i conti e in quali attività è maggiormente impegnato?
La gestione quotidiana è problematica per la demotivazione dei docenti al proprio ruolo e la conseguente gestione della disciplina quale elemento di crescita decontestualizzata il taglio delle risorse che soffoca le attività trasversali ed extracurriculari riducendo tutto forzosamente ad una attività d’aula limitante la forma mentis docente non più in grado di interpretare i “nuovi bisogni digitali” la difficile comunicazione tra enti locali e scuola (ad esempio sulla sicurezza dell’edificio). L’indagine commissionatami sul futuro della nostra scuola cade in un momento caratterizzato da un movimentismo studentesco, più o meno organizzato, che mentre combatte i tagli del governo dei tecnici, mette in discussione la reale spendibilità nel mondo del lavoro dei titoli conseguiti.

Quali compiti Lei ritiene che la scuola possa effettivamente svolgere nel quadro delle più recenti politiche ministeriali, anche in riferimento alla loro dimensione economica?
Le scuole sono impoverite e prive di risorse necessarie ad ogni forma di innovazione. La scuola sopravvive tra tagli di personale e quantità “illimitata” di lavoro quotidiano, tra divieti del ministero e insolvenze dello stesso che difficilmente collimano. Il personale docente è privato delle ore di laboratorio necessarie ad una didattica orientativa che crea uno scollamento con la scelta consapevole di un percorso di studi. Lo studente quindi è costretto alla “non scelta” perché munito quasi esclusivamente di una didattica virtuale pertanto il titolo di studio non è rappresentativo delle competenze necessarie all’inserimento nel mondo del lavoro.

La professione docente in Italia lamenta spesso d’essere stata svalutata, e non solo sul piano della retribuzione. Ritiene che i percorsi formativi fin qui svolti, quelli in essere e quelli che si prospettano per il futuro, siano stati o siano adeguati, da un lato, realmente all’acquisizione di competenze per l’espletamentodella funzionee, dall’altro, a garantire un reale accesso alla professione?
E’ paradossale il fatto che da un lato si ritenga di dover formare i docenti al cambiamento e poi si introducano delle indicazioni nazionali sostituendo i tradizionali programmi ministeriali. Le indicazioni sui livelli essenziali delle prestazioni non sostituiscono il vuoto lasciato dalla eliminazione dei programmi e le programmazioni si arrovellano su percorsi didattici che spesso collassano di nuovo sui vecchi programmi. La codifica di competenze necessarie ad una cittadinanza attiva non trova riscontro con una definizione di quelle conoscenze di base necessarie al buon uso delle stesse. Ci sono vuoti istituzionali creati dalle Riforme e mai colmati. 

Il problema della dispersione, quello di standard accettabili di qualità dell’apprendimento conseguito, il problema del merito: come sono raccordabili e magari, a suo avviso,risolvibili queste innegabili carenze del nostro sistema formativo?
Il caos regna sovrano e la dispersione scolastica (che nel frattempo è di nuovo aumentata nonostante un felice periodo di contenimento) schiaccia con il suo peso la liberazione delle eccellenze e il riconoscimento del merito. Manca un sistema di delimitazione del danno. Occorrerebbe lucidamente eliminare i vecchi programmi, ridurre le ore di lezione esclusivamente all’alfabetizzazione full immersion e lasciare il resto del tempo alla libera progettazione delle scuole su attività di orientamento al lavoro come l’alternanza scuola lavoro.

Non pensa che la scuola debba fare di più per l’esercizio di una cittadinanza consapevoleed attiva, fornendo competenze ai futuri cittadini che maturano i loro diritti politici generalmente al termine della secondaria superiore?
Le scuole fanno moltissimo in tal senso e nelle condizioni in cui sopravvivono incastonate nella loro ministeriale rigidità oraria (a causa dell’assenza di finanziamenti) non possono fare altro se non garantire la giornaliera sequenza delle attività tradizionali. Ogni iniziativa del genius loci della scuola italiana è solamente locale, appunto, quindi in un certo senso autoreferenziale.

Anche in relazione al merito, al perseguimento della qualità, l’istituto da Lei diretto come sta promuovendo le eccellenze presenti al suo interno, magari in sinergia con altre istituzioni, culturali e non?
Noi facciamo moltissime attività e nei recenti quattro anni abbiamo vinto molti premi di alto livello, la qualità del nostro istituto si misura nel quasi totale investimento delle risorse nella spesa per lo studente e nella realizzazione di un ambiente umano molto sereno e partecipato. Lavoriamo molto in rete “reali” promuovendo studi e ricerche tra istituti diversi, MIUR e aziende.
Pasquale Maria Sansone