La disperazione che sputa pallottole

29 aprile 2013 | 04:51
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La disperazione che sputa pallottole

Disegno eversivo o gesto solitario che sia, il tessuto dove si sviluppa è lo stesso: il disagio sociale

Il Faro on line – Più che perdersi in generiche rassicurazioni sul fatto che sia un caso isolato, più che raccontare l’attentatore come un pazzo, la vera domanda è: essendo lui incensurato, senza porto d’armi, e con una vita normale alle spalle, come ha fatto ad avere una pistola? Chi gliel’ha data? Come sapeva da quale parte passare per entrare in piazza Colonna? Perché si è messo in giacca e cravatta? E anche ammettendo non sia la mano armata di un disegno più grande ma solo la punta dell’iceberg della disperazione, è forse meno grave?

Credo che per fare un ragionamento il più possibile equilibrato su ciò che è accaduto ieri mattina a Piazza Colonna dobbiamo partire da queste domande. In molti hanno fatto il parallelismo con altri casi ancor più gravi della storia d’Italia accaduti nelle medesime circostanze: vuoto di potere, crisi economica, accordo bipartisan, tensione sociale. Oggi come 65 anni fa. Stessa zona,stessa dinamica: un uomo che spara con un solo obiettivo, colpire la politica e i suoi rappresentanti. Il 14 luglio 1948 nel mirino c’era, e fu colpito, Palmiro Togliatti mentre usciva da un’entrata secondaria di Montecitorio, in via della Missione. A un centinaio di metri da dove Luigi Preiti, armato di una Beretta 7.65 ha fatto fuoco.

E poi il 16 marzo 1978, quando a Roma era previsto il dibattito alla Camera dei deputati ed il voto di fiducia per il quarto governo presieduto da Giulio Andreotti; si trattava di un momento di grande importanza: per la prima volta nella storia repubblicana il Partito Comunista Italiano avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto il nuovo esecutivo. Principale artefice di questa complessa e difficoltosa manovra politica era stato il presidente della Democrazia Cristiana, il partito italiano di maggioranza relativa, l’onorevole Aldo Moro. L’agguato delle Brigate Rosse era teso ad impedirlo.

Altre volte ci si è imbattuti in formazioni politicizzate ed organizzate, armate per destabilizzare e sovvertire l’esistente. Oggi, per certi versi, stiamo ancora peggio: l’esistente è sovvertito di suo, con uno Stato troppo spesso latitante e rappresentanti politici che definire inadeguati è un eufemismo.

Eppure, stavolta come in altri casi, continuo a pensare che denigrare, sbeffeggiare, delegittimare le Istituzioni sia un esercizio estremamente pericoloso per la democrazia. I meccanismi di rappresentatività e delega sono fondamentali affinché le garanzie di libertà di espressione e di scelta siano rispettate. La politica attuale però ha una grave colpa: quella di non permettere anche la libertà di opportunità, cioè di non essere stata in grado di creare le condizioni affinché il merito e la competenza siano il carburante per nuove e coraggiose iniziative, anche imprenditoriali. Soffocati dalla burocrazia, annichiliti dai privilegi, sconfortati dal nepotismo abbiamo perso la speranza. E in molti, a causa della congiuntura economica, in molti hanno perso anche il lavoro. Soldi non ce ne sono più, né l’Europa ha il potere di stamparne di nuovi (come gli Stati Uniti) per “costringere” il denaro a circolare di nuovo e far riprendere i consumi.

Il disagio sociale aumenta, la tolleranza diminuisce, il futuro si fa sempre più buio. E c’è chi perde il lume della ragione. Stavolta sono stati colpiti due carabinieri che prendono uno stipendio da miseria per rischiare ciò che rischiano. L’escalation è sotto gli occhi di tutti. Prima la protesta su internet, poi le folle in piazza, poi la rabbia sotto i palazzi del potere, poi i suicidi e ora gli omicidi (il fatto che sia stato solo “tentato” è del tutto irrilevante). Sia chiaro: la colpa non è di chi protesta, ma di chi non ha fatto nulla per non arrivare a questo punto. Oggi però siamo lì, nella parte più buia di questo tempo, e non mancherà molto per trovare qualcuno che vorrà illuminarla con la dinamite. Ieri sera il parlamento greco ha approvato una legge che autorizza il licenziamento di 15.000  dipendenti pubblici, una delle misure di austerity imposta dalla troika Bce-Ue-Fmi. Se non ci sbrighiamo a riattivare i consumi, faremo la stessa fine.

I politici di ogni grado e latitudine devono capirlo: fare politica è e deve essere servizio alla collettività, trovare risposte alle domande di giustizia, di equità sociale, di rilancio dell’economia, di occupazione. L’esasperazione del dibattito politico non giova, così come l’immobilismo o peggio l’arroganza. La forma non conta più (cravatte, auto blu, arazzi e inchini) conta la sostanza. Che è fatta di iniziative concrete, a livello nazionale come a livello locale. Inutile sottolineare che questo vale anche per i sindaci, superfluo aggiungere che non basta un comunicato stampa di solidarietà o un post su facebook per essere protagonisti di questo cambiamento.

Torno alla domanda iniziale. Quella maledetta pistola, in un’Italia con regole stringenti per quanto riguarda le armi, chi gliel’ha data? Nel caso specifico lui dice di averla comprata 4 anni fa al mercato nero. Poco credibile. E attenzione, perché nel marasma del disagio sociale hanno buon gioco coloro che, fiutata la disperazione, mettono in mano a “normali” cittadini una calibro 7,65. Tutti quelli che conoscono il “pazzo” che ha sparato parlano di lui come ”un bravo ragazzo”, ”grande lavoratore” fino a quando il lavoro c’era. Poi la crisi ha colpito anche lui, e si sa la mancanza di soldi mina i rapporti familiari. In più cade preda del gioco. Così la moglie, Ivana, conosciuta in Piemonte dove si era trasferito circa 20 anni fa dalla Calabria, lo lascia. Con lei Luigi perde anche il figlio di dieci anni che resta a vivere con la madre a Predosa (Alessandria).  Per ‘Gino’, com’è conosciuto da tutti a Rosarno in Calabria dov’e’ nato, non resta che tornare ad abitare a casa dei genitori, entrambi pensionati. Una storia come tante. Ma stavolta Luigi Preiti, il protagonista, ha sparato allo Stato. Oggi come oggi, quanti “Luigi” esasperati sono nostri vicini di casa?

Angelo Perfetti
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