Femminicidio, Ostia scende in piazza per dire “Mai più”

3 giugno 2013 | 15:00
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Femminicidio, Ostia scende in piazza per dire “Mai più”

Dopo il flash mob al pontile e l’assemblea pubblica all’ospedale Grassi, la tematica di genere ha invaso le piazze del X Municipio

Il Faro on line – Centoventiquattro femminicidi nel 2012 e quasi quaranta dall’inizio del 2013. Il fenomeno ha toccato da vicino gli animi del Lido di Ostia con la morte dell’infermiera Michela Fioretti e della trentenne Alessandra Iacullo, e la componente attiva del territorio ha iniziato a muoversi per la difesa dei diritti delle donne.

Prima azione quella del flash mob al pontile, poi l’assemblea pubblica all’ospedale Grassi che per mezzo di una serie di parole di chi conosce il tema e le sue cause ha smosso gli animi della componente civile. Dall’assemblea si è deciso di passare all’azione, alla presenza, alla marcia sul territorio che si vuole tutelare, e di  muoversi ai piedi di quell’ “aula vuota” che non difende la debole condizione che il genere femminile sta vivendo. Tre o quattro incontri organizzativi e poi l’appuntamento alle 16, ieri primo giugno, sotto la sede del X Municipio (ex XIII).

La manifestazione “Mai più”, organizzata dallo sportello antiviolenza Punto D e mossasi sulle strade del centro di Ostia a partire da Piazza della Stazione Vecchia fino al Lungomare Paolo Toscanelli, ha goduto della sorprendente partecipazione di bambine, bambini, donne, uomini, anziane e anziani, raggiungendo il numero di circa duecento persone che si son riunite sotto il nome della stessa causa. 

Il movimento che ha traversato Ostia si è munito di musica, danze, teatro e testimonianze; Sugli innumerevoli cartelloni rosa gli slogan “Mai più”, “Ferite a morte”, “La violenza sulle donne è una sconfitta per tutti”; davanti alla folla trampoliere, ballerine, percussionisti e persone vestite in modo estroso per dare colore alla marcia facevano rumore attirando l’attenzione dei passanti. Tra una canzone e l’altra gli attori recitavano le storie di donne uccise, maltrattate, abusate fisicamente e psicologicamente; e tra una storia e l’altra si aggiungevano alle letture le lettere di uomini che stanno dalla parte delle donne, dell’umanità.

A prendere il piccolo palcoscenico del camioncino a capo del corteo è stato poi il Liceo Democrito, attivo nella questione di genere e promotore assieme a suoi studenti e studentesse di una serie di scene teatrali che ritraggono la problematica nelle sue pieghe più tragiche: una giovane attrice ha interpretato un passo di “Ferite a Morte” della Dandini, lasciando che il silenzio calasse sulla folla e che le consapevolezze penetrassero le menti.

Infine la parola a chi nelle questioni di genere ci lavora, tra cui la ginecologa Lisa Canitano, attiva da sempre sul territorio per la difesa dei diritti delle donne. La manifestazione ha voluto mettere in luce il triste allarme che sta invadendo la componente più conscia della frazione lidense e romana, e rivendicare per mezzo dell’azione civile e della partecipazione di massa la necessità che tutti abbiamo di sportelli anti-violenza, di centri a tutela delle donne e della maternità, di miglioramento di infrastrutture pubbliche a sostegno della famiglia come i consultori in progressiva decadenza e sempre più trascurati dalle istituzioni, e di programmi di educazione di genere che investano non solo le scuole fin dagli inizi delle elementari, ma anche e soprattutto gli operatori pubblici che quotidianamente hanno a che fare con fenomeni che vedono forti abusi nei confronti della femminilità, come forze dell’ordine e operatori sanitari. “Occorre che le donne riacquisiscano i propri diritti, che vengano rispettate nelle fasi della loro crescita e della loro vita” ha affermato la Canitano sopra la folla, accendendo ancora una volta, instancabile, quelle parole che vogliono denunciare e ribadire l’allarme preoccupato di una situazione sociale retriva, che deve cambiare. Roma ha bisogno di una fitta ed efficace rete di assistenza, e di programmi anti-violenza atti a “scovare” e interferire sui singoli problemi sensibilizzando, nel frattempo, quei cittadini che non sono direttamente toccati dal disagio per mezzo di informazione, incontri, forum, punti di riferimento fisici e virtuali.

In realtà i numerosi movimenti che hanno caratterizzato il campo di genere negli ultimi due mesi son riusciti a cambiare qualcosa anche a livello nazionale: il 27 maggio è avvenuta la ratifica della Convenzione di Istanbul, e la violenza sulle donne ha assunto definitivamente il carattere di discriminazione e violazione dei diritti umani. 

La marcia è stata azione necessaria, mossa da motivazioni concrete di una disperazione che sta invadendo colma di timore gli animi delle famiglie italiane; le parole che dai microfoni alle casse hanno invaso ieri le orecchie di chi muoveva le gambe in piazza e di chi semplicemente assisteva al movimento dall’orlo dei marciapiedi, hanno gettato ulteriore attenzione sulla necessità che hanno tutte e tutti di muoversi uno per uno singolarmente verso il miglioramento collettivo delle coscienze umane, delle azioni volte al rispetto del genere femminile per  il bene delle generazioni future, delle istituzioni e della qualità di vita di tutti i cittadini.
Giulia Capozzi