Rischio idrogeologico, i soldi ci sono ma nessuno li utilizza

6 luglio 2013 | 16:55
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Rischio idrogeologico, i soldi ci sono ma nessuno li utilizza

INCHIESTA/1 Dei 71 cantieri che devono chiudere entro il 2014 non ne è stato consegnato nemmeno uno. E Fiumicino – caso limite – non è nemmeno nomitato nel piano d’intervento regionale

Il Faro on line – Doveva essere una grande occasione per mettere in sicurezza comuni storici di pregio come Civita di Bagnoregio, la media valle del Tevere responsabile delle esondazioni del fiume che hanno minacciato Roma negli ultimi anni o interi tratti di costa colpiti dalle frane. Dal Governo erano arrivati 60 milioni di euro. Altrettanti erano stati messi a disposizione dalla Regione Lazio. In tre anni avrebbero dovuto piovere progetti, aprire cantieri, mettersi in moto lavori per complessivi 120 milioni di euro. Insomma era la grande occasione per il Lazio di sanare le ferite inflitte al suo territorio dall’incuria e dall’atteggiamento predatorio dell’uomo, di intervenire nelle aree ad alto rischio per i cittadini, quelle denominate in gergo urbanistico R4.
E invece è rimasta un’occasione mancata. A tre anni dalla firma del protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione, siglato nel 2010 tra l’allora Ministro Stefania Prestigiacomo e la ex governatrice del Lazio Renata Polverini, solo un quarto delle risorse disponibili è stato o sta per essere impegnato. Mentre nelle casse del Commissario Straordinario delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico nel Lazio, Vincenzo Santoro, cui spetta il compito di consegnare i cantieri, fino ad ora sono arrivati solo i fondi stanziati dal Governo. I 60 milioni di euro della Regione ancora non si vedono, sono rimasti sulla carta. E, particolare scandaloso, in questi progetto non è nemmeno nominata Fiumicino, che ha mezzo territorio prorprio sotto vincolo R4,

I cantieri
E veniamo ora agli interventi. Dei 71 cantieri che si dovrebbero chiudere entro il 2014, nessuno è stato consegnato. Al contrario i cantieri aperti sono appena 8, le gare espletate solo una decina, ai lavori in fase di progettazione preliminare non sono neanche la metà. Di chi è la responsabilità di tutto questo? Difficile dirlo, ognuno in questa storia ha la sua parte di colpa: la burocrazia, in primo luogo, che sta strozzando un’operazione che doveva mettere in sicurezza il territorio e soprattutto tutelare la salute dei cittadini. Anche i comuni, che avrebbero dovuto presentare i progetti preliminari, sono ancora latitanti. Ci sono poi le responsabilità della Regione, delle Soprintendenze, perfino del Genio Civile. Ma questa non è semplicemente la solita storia di mala gestione dei fondi pubblici. A rischio è la vita stessa delle persone. 
Nell’estate del 2010, quando venne firmato il protocollo d’intesa e presentato l’elenco degli interventi di difesa del suolo e di mitigazione del rischio, con particolare riferimento ai comuni costieri e alle isole, erano appena passati due mesi dall’incidente dell’isola di Ventotene, in cui avevano perso la vita due ragazze poco più che adolescenti. Erano in gita scolastica quando un costone di roccia si staccò all’improvviso mettendo fine a quelle giovani vite. Il costone è ancora lì, transennato.

Il Commissario straordinario
Vincenzo Santoro è stato nominato Commissario Straordinario per il Lazio l’11 novembre del 2011 dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi che si dimise il giorno successivo (a lui seguì il Governo di Mario Monti). “Il mio incarico ha validità tre anni, fino al novembre 2014. Per quella data tutti i cantieri dovranno essere chiusi”, spiega Santoro, che non si sottrae alle sue responsabilità ma spiega anche le ragioni di tanto ritardo. “Ci sono difficoltà obiettive dovute alle procedure burocratiche. Ai comuni spetta tutta la parte della progettazione e molto spesso sono loro ad essere in ritardo. I progetti poi arrivano in Conferenza dei Servizi, dove si verifica il rispetto dei vincoli territoriali urbanistici e ambientali. Solo quando il progetto è licenziato a livello centrale possiamo partire con le gare – dice -. Nel caso, poi, di eventuali espropri delle aree, dobbiamo aspettare che siano i comuni a farlo. E i tempi si allungano”. Insomma prima che possa aprire un cantiere passano alcuni mesi.

La Regione
C’è poi il tema non secondario del trasferimento delle risorse dalla Regione al Commissario Straordinario. Senza il trasferimento di quei 60 milioni di euro, almeno una metà degli interventi rimarrà sulla carta. Infatti solo quando i soldi arriveranno materialmente nelle “casse” del commissario potranno essere impegnati materialmente. E qui la Regione ha la sua buona parte di responsabilità. Per quasi dieci mesi, dalle dimissioni della ex governatrice del Lazio Renata Polverini all’insediamento del presidente Nicola Zingaretti, la macchina amministrativa regionale è rimasta paralizzata. Ora però non ci sono più scuse.

Francesca Malandrucco