Tragedia di Lampedusa, fallimento dell’ideologia del ventesimo secolo

7 ottobre 2013 | 03:56
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Tragedia di Lampedusa, fallimento dell’ideologia del ventesimo secolo

Lettera aperta dell’avvocato Fracesco Falco

Il Faro on line – Riceviamo e pubblichiamo. Lettera aperta dell’Avvocato Francesco Falco. Non possumus. La tragedia dei migranti morti, l’ennesima dal 1988, c’interpella inesorabile fino al fondo delle nostre coscienze. Fa alzare un grido, forte, agghiacciante senza se e senza ma: non possiamo. E’ la notte dell’Unione Europea, e’ il fallimento dell’idea trionfante del ventesimo secolo: nessuna persona può essere criminalizzata per motivi di razza, sesso, religione, opinioni e censo. Essere persona non e’ reato. Questa idea illuministica ha ispirato ed ispira l’apologia dei diritti umani e la relativa Carta  fondamentale. Ma e’ altrettanto evidente che questa ideologia dei diritti umani e’ divenuta una farsa, si e’ rivelata un’autentica menzogna. L’Europa, ha praticato a piene mani, sanguinanti, la politica dei respingimenti e del reato di clandestinità. In nome della difesa dei confini nazionali, in nome del diritto al suolo, alla nazione, al proprio benessere illusorio. Questa tragedia del ventunesimo secolo e’ paragonabile per molti aspetti alla Shoah. Allora, come oggi, si era creato un clima culturale e sociale ostili verso i “diversi”, ove le farneticazioni sul primato della razza o dello “ius soli”, attecchirono non solo nella Germania nazista, ma in tutta Europa.  Provocando l’immane olocausto degli ebrei. Per questo occorre abbattere la diga ideologica che gli stati europei hanno alzato nei confronti dei migranti. Le legislazioni che delineano il reato di clandestinità e le persecutorie norme nei confronti dei migranti, sono inaccettabili. Gli apparati militari e giudiziari, insopportabili. I nostri tribunali, costretti a “giustiziare” il reato di clandestinità contro gli invasori, sembrano in questa materia “organi amministranti una giustizia speciale”. Occorre abbattere quella diga inumana, la diga della paura, dell’egoismo, dell’ignoranza. Davvero non si comprende che tutta l’umanità, forma, insieme agli altri esseri viventi, una comunità morale condivisa? Che i confini di questa comunità stanno  a volte solo nelle nostre menti e nelle politiche enclaviste che puniscono rendendo illegale il diritto di muoversi e di emigrare. Da dove fuggono i migranti? Dalla fame, dalle guerre, dal terrore, dalle persecuzioni. Ha un uomo, una donna, una famiglia il diritto di sottrarsi a questo destino? E’ morale questo comportamento? Tale domanda e’ primordiale a tutte le conseguenti analisi economicistiche, sociologiche, politiche, o no? Cosa incontra questo desiderio di vita? La crimininalizzazione. Questa umanità che non ha da mangiare, che vive sotto la soglia della dignita’ umana, che abbraccia i trafficanti di morte con le loro inadeguate imbarcazioni, pur di fuggire ad un destino certo di morte nelle loro terre, va incontro a leggi liberticide che incriminano il loro essere diversi. Questi sono i martiri laici di questo secolo. Addirittura chi li aiuta e’ incriminato per favoreggiamento di emigrazione clandestina. Tutto questo e’ umano? Queste morti interpellano il nostro senso dello stare insieme, interpellano lo stato della nostra civiltà.  La nostra idea di cittadinanza non può essere legata al reddito. Perché se così vogliamo, dobbiamo essere in grado di rispondere ad un’altra domanda: cosa si fa con gli  “scarti”, i poveri del mondo e le loro vite?. Evidente che queste morti rappresentano il crinale orrendo del sistema produttivo e di benessere capitalistico. La pantomima dei diritti umani che lo sottende non regge più. Il girone infernale dei reietti sta a testimoniarne il fallimento. La povertà, l’indigenza non sono scelte, bensì condizioni create dai sistemi politici ed economici, con le loro politiche di distribuzione della ricchezza e dei beni. Quelle morti indicano non solo un crimine contro l’umanità, che rimarrà impunito, ma soprattutto il fallimento dell’idea morale di eguaglianza tra gli uomini.