Inchiesta/1 – Alitalia, un hangar supertecnologico utilizzato come magazzino

30 ottobre 2013 | 16:08
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Inchiesta/1 – Alitalia, un hangar supertecnologico utilizzato come magazzino

Ecco come decolla lo spreco. E intanto i francesi si tirano indietro

Il Faro on line – Chi si ricorda quegli aerei Alitalia con disegnati sopra i gioielli di Bulgari? E quelli scintillanti con la livrea dei Baci Perugina in un cielo di stelle? Piccoli (nemmeno tanto) capolavori di painting, tutto rigorosamente Made in Alitalia. Un’eccellenza vista con grande interesse non solo dalle aziende che volevano portare il proprio nome nel mondo, ma anche dalle Compagnie estere, che utilizzavano l’innovativa tecnologia italiana per vestire i propri aeromobili. Un settore che funzionava bene, e che – chissà come – è stato smantellato. Esternalizzato, si dice, ma la sostanza è la stessa. Chiudere bottega e mandare a spasso i lavoratori magari ricollocandone una parte in mansioni totalmente diverse e dunque improduttive, rispetto alle potenzialità professionali.

La dismissione
Qundo si decise, nel dicembre del 2008, di chiudere l’hangar, non fu per mancanza di commesse. Tra il 2006 e il 2008 infatti furono rifiutati lavori per Airbus che avrebbe voluto utilizzare gli avanzati macchinari di Fiumicino per vestire i propri aerei.  E la scelta di Fiumicino non era casuale. Gli hangar di verniciatura, infatti, vengono costruiti, diciamo così, su misura per ogni aeromobile. In sostanza l’esoscheletro utilizzato per la verniciatura è una “giacca” che può vestire un solo tipo di aereo. Solo due impianti in tutta Europa avevano una costosissima tecnologia modulare che consentiva, attraverso quattro piani di lavoro, di poter intervenire su diversi tipi di aerei, ottimizzando così le risorse economiche e consentendo una maggiore duttilità anche in fase creativa; e uno dei due è proprio quello di Fiumicino.  Nonostante questo Alitalia decise di fare a meno di questa risorsa, una delle più remunerative nel panorama aeroportuale. E così, nel giro di breve tempo, dalla enorme facciata dell’hangar sparì la scritta “Alitalia” che originariamente era accanto all’altra scritta “Techinical Operations, Painting Hangar” (ancora oggi, a guardare bene, si notano i segni della cancellazione). Fu cancellata così non solo una scritta, ma un intero settore produttivo.

Spreco e abbandono
Oggi quell’hangar viene utilizzato come magazzino. Dentro c’è un po’ di tutto, in particolare materiale di proprietà di Adr, come ad esempio le macchine spazzaneve. Tanto  che la stessa Adr sembrsa stia pensando ad acquistare l’intero capannone, stante l’eterna carenza di liquidità di Alitalia stessa. C’è anche chi parla dell’interessamento di una società portoghese, ma al momento la pista interna sembra la più accreditata.

Nuove esternalizzazioni
La settimana scorsa ha chiuso anche il settore che si occupa della man utenzione dei carrelli. Tanto per intenderci, il carrello dell’incidente al volo Madrid-Roma, conclusosi con  l’ottimo atterraggio d’emergenza del pilota italiano, non sarà riparato a Fiumicino. Per ora il carrello fisicamente resta in aeroporto, perché a disposizione di chi sta indagando, ma poi finirà nelle officine francesi della Safran.

Il piano di salvataggio
In questo panorama di sprechi, dismissioni, esternmalizzazioni e carenza di lavoro, non risulta incomprensibiloe come Alitalia Cai sia arrivata sull’orlo del fallimento. Se a questo aggiungiamo la politica di puntare tutto sul medio raggio, senza aver considerato adeguatamente il carico di concorrenza tra low cost e alta velocità ferroviaria, il quadro è completo. Intanto, dopo aver incassato il sì all’unanimità dei soci di Alitalia all’aumento di capitale di 300 milioni, si resta col fiato sospeso fino al 16 novembre, termine ultimo per sottoscrivere le azioni di nuova emissione. È previsto che Poste Italiane e le banche – Intesa Sanpaolo e Unicredit – garantiscano rispettivamente la sottoscrizione di 75 e 100 milioni di euro dell’eventuale ulteriore inoptato. Poste Italiane ha dato a sua volta la disponibilità a partecipare all’aumento di capitale, versando 75 dei 300 milioni previsti dal piano di salvataggio.  Scaduto il vincolo di lock up, i soci della compagnia sono ora ‘liberi’ di vendere la propria quota. Mentre per la sottoscrizione dell’aumento di capitale c’e’ ancora tempo fino al 16 novembre.

Il passo indetro di Air France
Air France non partecipera’all’aumento di capitale dell’Alitalia. Lo scrive il giornale francese, La Tribune, sul proprio sito on line, specificando che ”a 15 giorni dalla scadenza (il 14 novembre) data agliattuali azionisti per decidere sulla loro adesione o meno all’aumento di capitale da 300 milioni deciso il 14 ottobre, le probabilita’ di una partecipazione del gruppo francese,secondo numerose fonti, sono quasi nulle”.   Il giornale francese aggiunge che le condizioni poste da Air France, ristrutturazione del debito e tagli, non verranno accettati dalla compagnia italiana. ”Con il primetro attuale – afferma una fonte del gruppo francese citata da La Tribune – Alilia non e’ sostenibile”.
Angelo Perfetti