Chioschi, il Consiglio di Stato: l’occupazione dell’arenile è legittima

30 maggio 2014 | 18:35
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Chioschi, il Consiglio di Stato: l’occupazione dell’arenile è legittima

Una sentenza – risalente a un caso nato nel 2010 – assolve balneari e Comune e crea i presupposti per l’annullamento di tutti i sequestri

Il Faro on line – La storia dei chioschi sequestrati è a una svolta. Il Consiglio di Stato, sesta sezione, con sentenza n. 2794 del 29 maggio 2014 ha chiarito un punto fondamentale: non è vero che i concessionari non hanno titolo per occupare i 2000 metri di arenile utilizzati per attrezzare la spiaggia. Tutto nasce da un contenzioso nato nel 2010 tra il Moai e una residente di Fiumicino che aveva segnalato quello che a suo dire era un illecito ampliamento dell’attività. E in un primo momento, lo stesso Tar le diede ragione, tanto da considerare “fuori legge” anche le delibere con le quali il Comune di Fiumicino diede non solo le concessioni ma le autorizzazioni ad ampliare l’attività balneare.

Tali ampliamenti furono autorizzati – sempre dietro convenzione – con un duplice scopo: mantenere pulita e fruibile l’area dell’arenile e consentire, attraverso passaggi su pedane di legno, l’accesso ai servizi anche ai disabili. Ottenuta l’autorizzazione, diversi concessionari si attrezzarono per migliorare dunque le proprie strutture, creare ricoveri per i lettini e gli ombrelloni, ampliare l’area di movimento a servizio dei disabili e, ovviamente, anche a servizio dei normodotati. Il Tribunale amministrativo regionale, però, non riconobbe queste convenzioni, e affermò che l’area di competenza delle concessioni doveva limitarsi a 50 metri quadrati, quelli per intenderci dove normalmente viene posizionato il punto ristoro.

Nel frattempo il Comune di Fiumicino, vistosi soccombente di fronte al Tar, avvertì tutti  i concessionari di Fiumicino che  – secondo il Tar – tutto ciò che era stato posto in essere risultava fuorilegge, e intimò il ripristino dei luoghi. Il Moai però non si arrese e, insieme al Sunset, al Waterfront, all’Onda blu, al Malibù beach, all’Havana beach, all’Onda, al Pelota beach, a Valorizzazioni Turistiche, al Quaranta Gradi all’Ombra, al Controvento e allo Stelusa (tecnicamente si dice che l’intervento in giudizio è “ad adiuvandum”) presentò ricorso al Consiglio di Stato.

Fin qui la storia di un singolo caso, che non è correlata in maniera diretta ai sequestri di questi giorni effettuati da Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza; eppure è strettamente connessa, perché il presupposto per cui sono stati posti i sigilli ai cosiddetti chioschi è lo stesso, cioè la  presunta mancanza di titoli per occupare una parte ampia di arenile oltre i 50 metri quadrati della concessione originaria. Il punto dunque è lo stesso, e poiché le sentenze fanno scuola, una volta che il supremo organo amministrativo ha decretato la legittimità di quelle convenzioni e di conseguenza dell’occupazione dell’arenle, cade tutto il castello penale/amministrativo.

Certo ci vorrà ancora del tempo. Non basta una sentenza del Consiglio di Stato di per sé a far cadere a terra  i nastri bianchi e rossi con i quali sono state delimitate le aree poste a sequestro. Bisognerà fare un’azione legale apposita, che chiederà corsie di urgenza stante l’imminente inizio della stagione balneare. Ma la vittoria di principio è arrivata, ed è inappellabile.

“Questa sentenza – spiega l’avvocato Adriano Tortora, docente di Diritto amministrativo, che ha seguito l’iter del ricorso al Consiglio di Stato – chiarisce definitivamente che l’occupazione non è sine titulo. Quanto alle attrezzature sono un onere per l’Amministrazione e un obbligo per il concessionario”. Per i balneari, dopo un mese di “pioggia”, sta arrivando il sereno. 
Angelo Perfetti