Signori, tutti i carrozza. Torna agli antichi splendori il lusso dell’ultimo viaggio

1 giugno 2014 | 09:18
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Signori, tutti i carrozza. Torna agli antichi splendori il lusso dell’ultimo viaggio

Fu acquistata, nel 1909, da Giuseppe Salemme, fondatore dell’omonima azienda di onoranze funebri a Gaeta. Fu utilizzata da De Sica nel film “L’oro di Napoli”

Il Faro on line – E’ tornata al suo antico splendore una delle carrozze più famose e rinomate del nostro territorio e che, al di là della sua destinazione e del suo particolare utilizzo per il trasporto funebre, non certo auspicabile, o quanto meno, augurabile il più tardi possibile, resta comunque un vero pezzo da museo, soprattutto per la sua storia, che si dipana non solo nello specifico servizio, ma è puntellata anche di apparizioni cinematografiche, sì che oggi costituisce, a ragione, l’orgoglio del suo proprietario, Salvatore Salemme, di Gaeta, erede della più antica ditta di “Onoranze funebri”.

Costruita a Napoli, verso la fine dell’Ottocento, in due soli esemplari, da uno dei più famosi “facocchi” partenopei, i celebri artigiani specializzati nella lavorazione di carri in legno e metallo, la carrozza in questione fu acquistata, nel 1909, da Giuseppe Salemme, fondatore dell’omonima azienda di onoranze funebri a Gaeta, nonché padre di Luigi, conosciuto con l’appellativo di “Luigiotto” e nonno di Salvatore. Essa faceva parte di un “parco mezzi” di sei carrozze, tra quelle di colore bianco e quelle nere, destinate, allora come oggi, alle diverse tipologie di clienti: secondo l’età e le singole possibilità economiche e quindi, con tiro di cavalli a coppia o quadriga ed 
ovviamente, con una distinta coreografia del trasporto.

La carrozza appena restaurata dal Maestro artigiano Umberto Stefanelli, personaggio eclettico e vecchia gloria del Formia calcio, era certamente tra le più lussuose. Inizialmente di colore bianco, destinata cioè ai defunti in giovane età, fu poi colorata in nero, per sopravvenute esigenze di servizio, in considerazione dell’usura degli altri carri. Nelle cerimonie era trainata da due pariglie di cavalli, con il cocchiere ed il cerimoniere seduti a cassetta e due valletti sul predellino posteriore, tutti, ovviamente, in austera livrea d’ordinanza.

Utilizzata per oltre ottanta anni, la carrozza è andata definitivamente in pensione nel 1992, vittima dei motori e del modernismo, sostituita dalle mega-ammiraglie a quattro ruote ed abbandonata in un magazzino, preda inesorabile dell’usura, finchè, agli inizi del 2010, Salvatore Salemme non decide di restaurarla, affidandola alle mani sapienti del Maestro artigiano Umberto Stefanelli, per destinarla a pezzo pregiato e fiore all’occhiello del costituendo museo funebre che l’imprenditore 
gaetano ha in animo di realizzare nella sua nuova area operativa, in località Mustaga-Pagnano, ad Itri, sulla scorta del più famoso “Museu de Carrosses Funebres” di Barcellona, creato nel 1970, nel cimitero di Montjuic della città catalana.

Le vicende storiche
Ma dicevamo delle vicende storiche, antiche e più recenti, di cui la carrozza è stata protagonista. 
L’8 dicembre del 1928, infatti, la carrozza trasportò, con esequie solenni, il feretro del Generale di Divisione Vincenzo Traniello, ingegnere del Genio militare, nativo di Gaeta, deceduto all’età di 68 anni, pluridecorato per il suo valore e le sue doti, durante la prima guerra mondiale, tanto da essere poi chiamato, dal Re Vittorio Emanuele III, al Comando del Corpo di Stato Maggiore dell’Esercito, quale Capo dell’Ufficio Difesa dello Stato, nonché valente scrittore e storico ed alla cui memoria, oggi, nella città del Golfo, sono dedicate una piazza ed una villa.

Nel 1954, invece, la carrozza, all’epoca già famosa, fu utilizzata dal grande regista Vittorio De Sica, per le riprese del film “L’oro di Napoli”, una pellicola ad episodi, tratta dalla raccolta omonima di racconti di Giuseppe Marotta. In particolare, essa appare ne “Il funeralino”, l’episodio più triste del film, che narra della morte di un bambino e del corteo funebre organizzato dalla madre (Teresa De 
Vita) che lo accompagna per l’ultima volta, uscendo da Mergellina, tra un lancio di confetti.

Il restauro
E veniamo, ora, alla paziente e preziosa opera di restauro. Dopo un’accurata ricerca fotografica e storiografica sulle reali fattezze della carrozza, nelle diverse epoche vissute, il Maestro Umberto Stefanelli vi ha lavorato per oltre quattro anni, sostituendo tutte le parti deteriorate, sia in legno che in metallo, ricercando i “pezzi” originali in tutta Italia, presso le aziende più rinomate, o lavorandoli e ricomponendoli manualmente. Basti pensare ai finimenti per il traino dei cavalli, cuciti a mano, od alle stesse cinte delle balestre, ordinate all’Antica Selleria Moirano di Torino, azienda fornitrice, tra gli altri, della Casa Reale d’Inghilterra.

E poi, ancora, gli intagli dei fregi lignei, in frassino olivato, ottenuti seguendo le antiche tecniche del restauro; o i rivestimenti interni e le rifiniture in pura seta, tutte in stile e realizzate secondo la tradizionale lavorazione “capitonné”. Per non parlare dei decori, costituiti da putti, meandri, riccioli, bassorilievi e dalla pigna posta in alto, propri dell’epoca barocca, di cui tramandano tutta la simbologia, realizzati dapprima con disegno a mano libera, poi trasposti su legno sagomato ed 
infine, dipinti in oro zecchino. Fino alla laccatura finale ed agli originali fanali in ottone, ad olio, posti lateralmente, ai quattro angoli della carrozza.

Insomma, un lavoro davvero certosino, improbo, ma egregio, soprattutto alla luce dei brillanti risultati conseguiti e che, oggi, costituiscono, a ragione, il vanto di Umberto Stefanelli e Salvatore Salemme.
(Sergio Monforte)