Gli “ultimi” siamo noi

25 dicembre 2014 | 00:01
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Gli “ultimi” siamo noi

Riflessioni di fine anno nel periodo in cui “siamo tutti più buoni”

Il Faro on line (Appunti di viaggio) Durante le festività natalizie viene naturale rivolgere lo sguardo a chi è meno fortunato, in difficoltà. Un sentimento di vicinanza verso i poveri, gli emarginati, i senzatetto, i migranti. In una parola: gli ultimi. E’ una cosa bellissima, meglio se proseguisse durante l’intero arco dell’anno, ma pur sempre qualcosa da sottolineare con positività: il risveglio delle coscienze, quand’anche momentaneo, è sempre un piccolo miracolo.

Detto questo, non possiamo non mettere l’accento però sulla costante miopia della società, che vede le difficoltà solo quando sono ben catalogate, evidenti e meglio se fissate in un determinato tempo e spazio. Accanto a noi per tutto l’anno vivono persone con problemi, anche se sono vestite bene, anche se sono pulite, anche se hanno un lavoro. Sono i genitori di tutti i bambini che soffrono di qualche patologia grave, sia fisica sia psicologica, dei quali nessuno parla. Persone non assistite adeguatamente dallo Stato, dalla Regione, dal Comune.

Mamme e papà che fanno i salti mortali nell’indifferenza sia della gente comune, troppi impegnata a lamentarsi delle beghe sul lavoro o delle piccole incomprensioni casalinghe, sia delle istituzioni, concentrate spesso su altro. Il sociale non paga, nemmeno in termini elettorali; è più una rogna che una risorsa, e quando lo diventa spesso non è per i pazienti ma per qualche cooperativa amica.

La malattia strappa facilmente un sorriso di solidarietà, ma quasi mai una mano tesa. E questo piccolo esercito di condannati (non dalla malattia ma dall’indifferenza) è in mezzo a noi, solo che è invisibile appunto, non identificabile da un cappotto liso e dunque pressoché sconosciuto.

In questo periodo storico, poi, si aggiunge un altro plotone di poveri: gli esodati, i licenziati, i cassintegrati, i negozianti che chiudono. Tutta gente che chiede risposte al Comune in primis, ma trova soltanto solidarietà di facciata. Certo un’Amministrazione non è un ufficio di collocamento, ma ha la responsabilità di mettere in condizioni un territorio di muovere la propria economia, e così facendo creare nuove opportunità di sviluppo per i giovani e anche i meno giovani, per chi ha energia e per chi offre esperienza.

I poveri vanno aiutati dai cittadini più fortunati, ma quest’ultimi vanno tutelati dalle Istituzioni. Altrimenti tutto si trasforma – come oggi purtroppo è visibile – in una deprimente corsa verso il basso, dove non c’è chi arriva primo, secondo o terzo. Ma solo chi arriva ultimo. Angelo Perfetti