Montino e quelle dimissioni non in agenda

29 dicembre 2014 | 03:06
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Montino e quelle dimissioni non in agenda

Le regole valgono quando a rispettarle devono essere gli altri. E’ purtroppo un’abitudine della nostra scoietà, e la politica non sfugge

Il Faro on line (Appunti di viaggio) – Quello di far valere le regole solo per gli altri è un vizio tutto italiano. Certo ci sono esempi virtuosi, ma sono una minoranza. La spending review è sacrosanta… purché non tocchi il mio posto; l’abbassamento degli stipendi è necessario… purché non minacci quello che ho, ecc. ecc. Non siamo un popolo di fuorilegge, ma di controlegge. Si fa inversione dove non è consentito perché tanto così si risparmia tempo, non si paga il canone tv perché quello che fanno vedere fa schifo, non si ottempera all’obbligo del bollo perché già siamo vessati dalle tasse. Non c’è nulla da fare, siamo fatti così. E perché la politica dovrebbe essere diversa?

Non stupisce dunque nemmeno che l’avviso di garanzia per lo scandalo delle “spese pazze” in Regione che ha colpito l’attuale sindaco, allora capogruppo del Pd alla Pisana, non l’abbia convinto a lasciare il posto che ha, difendersi nelle sedi opportune, e poi magari ripresentarsi da vincente e onesto. Si dirà: ma un’indagine è ben lontana dall’essere una sentenza di colpevolezza, e dunque perché dimettersi? Ragionamento corretto (almeno dalle nostre parti, in altri Paesi il solo sospetto farebbe scattare le dimissioni…) se non fosse che proprio il sindaco Montino quando ci fu lo scandalo Fiorito (ben lontano ancora da una condanna) manifestò sotto alla Regione per chiedere alla Polverini di dimettersi, non perché destinataria di un avviso di garanzia, tantomeno perché condannata di qualcosa, ma solo perché non poteva non sapere. I cartelli con scritto “dimettiti” campeggiavano a mo’ di sandwich sulle spalle dei consiglieri Pd. Gli stessi che oggi sono indagati.

Le dimissioni vanno bene se le devono fare gli altri, non se toccano noi. Ma in questo centrodestra e centrosinistra sono uguali. Anche Berlusconi è restato al proprio posto finché ha potuto, e con lui tanti altri onorevoli. Alcuni del Pd hanno visto il Parlamento negare per loro l’arresto o la possibilità di utilizzare le intercettazioni, ma non si sono mica dimessi.

L’unico atto eclatante e controcorrente, va detto per memoria storica, è stato quello di Storace che da ministro si è dimesso dopo le accuse e le conseguenti indagini su una presunta attività di spionaggio politico ai danni di Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo. Da tali accuse verrà poi prosciolto nel giugno 2007. Sempre per completezza di informazione, è stato invece rinviato a giudizio dalla procura con l’accusa di accesso abusivo ad un sistema informatico, ed è stato condannato poi a un anno e sei mesi di reclusione; condanna poi cassata in appello nel 2012 con assoluzione con formula piena “perché il fatto non sussiste”.

Il quadro  che ne viene fuori è questo: se sei opposizione chiedi le dimissioni, se sei maggioranza fai finta di niente. E noi, che in gran parte se non c’è il controllore non timbriamo neanche il biglietto dell’autobus, facciamo finta di niente. La politica di oggi e la società hanno lo stesso difetto visivo: sono daltoniche. I colori non hanno più significato, purtroppo.
Angelo Perfetti