La “Mobilità d’urgenza” dura ormai da 8 mesi. Asl RmD sotto accusa

16 febbraio 2015 | 00:20
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La “Mobilità d’urgenza” dura ormai da 8 mesi. Asl RmD sotto accusa

La denuncia di Mario Russo D’Auria (Gil): “I trasferimenti coatti stanno riguardando anche lavoratori che usufriscono di permessi per i familiari con gravi patologie”

Il Faro on line – “Circa un anno fa denunciammo il malessere che serpeggiava tra gli infermieri della Asl RmD per gli spostamenti che venivano fatti in nome di un’emergenza da coprire. Era l’estate 2014, e nessuno dalla Asl ritenne opportuno dar qualche chiarimento, dialogare. Si andò avanti come schiacciasassi, anzi schiacciapesone. Oggi la situazione è persino più grave, visto che a fare le spese di questa arroganza ci sono persino dipendenti che usufruiscono della Legge 104, quella per l’assistenza a familiari con gravi malattie. E non si venga a dire che per questi esiste un’autorizzazione firmata, un consenso esplicito; una cosa è la carta firmata altro sono le condizioni per le quali si arriva a firmare…”.

Mario Russo D’Auria, leader di Gil (Gruppo indipendente libero per Fiumicino) torna sul caso della cosiddetta mobilita’ d’urgenza. “Siamo al ridicolo. Come si fa a definire mobilità d’urgenza un’operazione che dura ormai da otto mesi e che non accenna a fermarsi? Altro che emergenza, questa ormai è una decisione di sistema, che tenta di sopperire alle carenze stressando e spremendo i lavoratori. Ma non è la soluzione giusta – prosegue D’Auria – e spiego perché. Anche non volendo prendere in cosiderazione i diritti dei lavoratori, resta il grave problema dei diritti del malato. Il paziente ha il diritto di trovar personale sereno, attento concentrato; che stategia è mai questa di far trovar personale incavolato, stanco, demoralizzato? Quale tipo di servizio potrà arivare all’utente?

Questa politica senza dialogo, questa gestione dittatoriale della Asl forse farà quadrare il bilancio ma sta rovinando il tessuto connettivo tra operatori della sanità e malati. Guardando solo i numeri non si va da nessuna parte; un ospedale chiuso non costa più nulla, ma certo non serve alla collettività. Un reparto pieno di gente stranita forse segnerà un segno più nella casella dei risparmi ma un segno meno nella qualità del servizio”.
Ilaria Perfetti