Unicef: i bambini soldato sognano un altro futuro

16 febbraio 2015 | 11:59
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Unicef: i bambini soldato sognano un altro futuro

Il Faro on ine – Guardare i nostri figli andare a scuola, ascoltarli mentre imparano e progettano un futuro sembra normale, ma non per tutti. Ogni genitore sogna di dare il meglio per il proprio figlio, ma nei Paesi dilaniati da guerre non esistono queste possibilità, esistono solo vittime. Proprio quelli che dovrebbero essere considerati i più meritevoli della massima protezione, alla fine risultano essere i più sacrificabili : resi schiavi , usati come merce di scambio o come bambini soldato per una guerra di altri.Sono circa 250.000 i bambini soldato nel mondo, di cui il 40% femmine, spesso utilizzate come “mogli” (cioè schiave sessuali) dei combattenti maschi. Un abuso che non si ferma neanche di fronte a degli innocenti. Non è una pratica nuova, per secoli i bambini sono stati presenti sui campi di battaglia, ma ciò che è spaventoso, è l’escalation del loro arruolamento. I dati pubblicati da diverse agenzie delle Nazioni Unite riportano che, recentemente, in 25 paesi,  migliaia tra i 10 e i 17 anni hanno combattuto in guerra. 

Nonostante sia vietato dalla legislazione nazionale ed internazionale arruolare bambini minorenni,  l’Africa e l’ Asia ne hanno il maggior numero (Repubblica Centrafricana, Ciad, Liberia, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sri Lanka, Myanmar, Yemen, Afghanistan, Thailandia, India, Iraq, Siria, Mali, Filippine). È risaputo che un bambino può essere influenzato o intimidito facilmente, ma spesso il loro reclutamento avviene in maniera forzata, attraverso il rapimento, alcuni vengono scambiati da un villaggio per ottenere riparo dagli attacchi, altri messi a disposizione dai loro genitori a causa della povertà estrema, e raramente,  si uniscono alla lotta per motivi ideologici o per vendicare la morte della propria famiglia. Un altro fattore chiave, è la proliferazione di armi occidentali vendute a basso costo e sempre più leggere, adatte alle mani di un bambino, come un fucile d’assalto di fabbricazione sovietica AK-47 o come un M-16 americano, semplici da utilizzare. 

Tante organizzazioni sostengono la difesa dellinfanzia. Nel giugno 2013 l’Onu ha fissato un obiettivo, quello di non avere più bambini soldato in tutto il mondo entro il 2016. Di otto eserciti di Stato che reclutano ed impiegano bambini, sei di loro si sono già impegnati a renderli liberi per restituirli alle loro famiglie.  Tra il 2011 e il 2012, il Sud Sudan, Myanmar, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan e Ciad, hanno firmato piani di azione con le Nazioni Unite, e attualmente, si sta discutendo con i governi di Yemen e Sudan.

L’ Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per la difesa dell’infanzia) insieme ad altre organizzazioni umanitarie, con i loro progetti, hanno iniziato a produrre risultati. Nel Sud Sudan, in seguito all’ intensificarsi della guerra civile nel dicembre 2013, ben più di 10.000 persone sono state uccise da quando è iniziata la lotta, con una stima di 1,9 milioni di sfollati – oltre la metà dei quali bambini. Più di 12000 bambini erano stati reclutati, ma grazie alla mediazione e presenza di queste organizzazioni, la scorsa settimana circa 300 sono stati liberati dal gruppo militare Cobra Faction in opposizione al governo del Presidente Salva Kiir, successivamente ad un accordo di pace tra i due. Nei prossimi mesi è prevista la liberazione di altri 3000 bambini soldato.

Ritornare bambini dopo la liberazione, quale futuro li aspetta? Deporre le armi, ripulirsi degli orrori della guerra e delle atrocità commesse per colpe di altri, non è una condizione psicologica facilmente risolvibile o possibile nel breve periodo, ma uno spiraglio esiste. Unicef ha elencato i futuri programmi di reintegrazione  che vanno dall’educazione scolastica, al ricongiungimento familiare,    al ripristino dei giochi per l’infanzia  fino all’allevamento di bestiame.

La possibilità di imparare, dice il rappresentante dell’Unicef Doune Porter, sta generando molto entusiasmo tra i giovani ragazzi, come joseph che in seguito alla sua esperienza tra le fazioni in lotta,  ha dichiarato di voler andare a scuola, studiare, per imparare a leggere e scrivere e diventare un dottore, perché è la speranza , l’ultima a morire. 
Bertha Cerullo Vella