CULTURA. Una mimosa per Lila

8 marzo 2015 | 07:00
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CULTURA. Una mimosa per Lila

8 marzo, Il Faro: “No festa, ma celebrazione. No mimose, ma Diritti e Dignità”

Il Faro on line – “Bene, vedo dal suo curriculum che parla tre lingue… laurea con lode e pubblicazione della tesi, ottimo!”

Silenzio, sorrisi.

“Ah però! Master di secondo livello e tre anni di esperienza all’estero”.

Tutto a gonfie vele ma manca qualcosa e questo qualcosa incombe.

“Padroneggia i più sofisticati software di ultima generazione”.

Ancora sorrisi.

Ma arriva, sta per arrivare.

“Il suo alto profilo è certamente di grande interesse per la nostra azienda e, quindi, signora…ops…mi scusi, signora o signorina?”

Eccoci.

Aleggiava ed è arrivata: la domanda da cui tutto dipende. Quella più importante, quella la cui risposta pesa più di laurea e master. “Signora o signorina?”, tradotta, sta per “quanto manca a che il suo alto profilo, oggi di sicuro interesse per la nostra azienda, si trasformi in una grana – maternità, in una zavorra scrocca-stipendi di cui faremmo molto volentieri a meno?”La domanda segna la fine della parte formale dell’incontro: la candidata è con un piede dentro (ma, ricordiamolo, l’altro ancora fuori).

A questo punto il copione del colloquio prevede che il responsabile delle risorse umane sfoderi un sorrisetto ammiccante e un po’ complice, come a dire “Ce l’hai il fidanzatino? Rispondi serenamente, non rileva ai fini dell’assunzione, la mia è pura curiosità” (pare facciano dei corsi per queste performance).

Il momento è topico: l’aspirante lavoratrice inspirerà profondamente, assumerà la postura di Evita Peron che guarda la folla e tutto d’un fiato risponderà: “ Non mi interessano gli uomini, detesto i bambini, del matrimonio mi faccio beffe, non ho neppure cani, gatti o pesci rossi. Della mia famiglia d’origine ho perso anche il ricordo. Credo nel profitto e nel lavoro da cui questo nasce, credo nel sacrificio, nell’attaccamento alla professione e agli straordinari non pagati. Spero nell’abolizione per legge di ferie e permessi. Spero che la mia unica grande famiglia possa essere, nei prossimi quarant’anni, la Vostra Spettabile Azienda!”

Assunta.

Tutto bene quel che finisce bene? Neanche per sogno, adesso comincia il bello. Per la nostra Lila (Lavoratrice Ideale, Libera e Autonoma) l’inquadramento iniziale, da impiegata, non è certo il posto da dirigente cui ambiva (e che le spetterebbe per titoli e competenze) ma d’altronde, in Italia, il 58% degli impiegati sono donne e molte sono laureate. Anche quel 10,6% di differenza salariale con i colleghi pari grado è inspiegabile ma pur sempre meglio di niente. E poi le dirigenti donne, nelle Spettabili Aziende, sono appena il 29%: mica vorrà mettersi a competere pure lei? A guadagnare l’8,5% in meno degli omologhi maschi sono già abbastanza.

Per i primi anni, la nostra Lila con una sapiente opera di suspence crescente verrà ingabbiata in mansioni, ruoli e dinamiche così stringenti da farle percepire (solo percepire, certe cose non si dicono) che quello presente è un momento chiave per la sua carriera. I prossimi sei mesi saranno decisivi per il futuro della Spettabile Azienda (“i prossimi sei mesi” sono decisivi per le Spettabili Aziende dal 1845). Non può mollare, nessuna distrazione: ne va del suo futuro.

Piccole, medie e grandi “Spettabili Aziende” sanno bene di non potersi scoprire sulla questione: è un “si fa ma non si dice” vecchio quanto il mondo del lavoro. Un vergognoso giogo psicologico con cui alle tantissime Lila di tutto il mondo si istilla l’incubo del doversi assentare per maternità. E lei rimanda. Rimanda fino al giorno in cui, invece, si presenta ai piani alti con una faccia scura, l’espressione contrita e colpevole di chi l’ha combinata grossa: il certificato parla chiaro, il tradimento aziendale si è consumato nottetempo: la risorsa è incinta. “Felicitazioni Lila, la aspettiamo al suo rientro” dice il capo porgendole la mano, “Te la faremo pagare cara” dice il capo con lo sguardo.

Quella sera Lila esce piangendo dall’ufficio. Sono lacrime di frustrazione e impotenza col sapore amaro dell’ingiustizia. Può chiamare il suo compagno per sfogarsi e lo può fare completamente gratis. E’ la sera dell’otto marzo e la Spettabile Azienda che gestisce il suo traffico telefonico regala minuti e messaggi a tutte le donne. Già che c’è si può consolare in profumeria dove altre Spettabili e Profumate Aziende elargiscono buoni da 5 euro a tutte le loro care, carissime clienti! Il più generoso e sensibile alle tematiche di genere si dimostra essere il Centro commerciale di quartiere che per l’occasione applica sconti del 20 per cento alle visitatrici. Quando si dice la fortuna di essere donna…

Post scriptum: oggi Lila ha degli splendidi capelli bianchi e dopo 32 anni di contributi, mobbing e discriminazioni è in pensione. E come tutte le donne è rimasta ostaggio tutta la vita delle discriminazioni in busta paga: in Italia le pensioni rosa sono in media il 30% più basse di quelle degli uomini.

Post post scriptum: tutti i dati sopra riportati sono certificati da Eurostat, tutta la storia di Lila si può certificare guardandoci intorno.
Damiano Vozzolo