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#Ponza, il tradizionale pellegrinaggio a #Palmarola e le vicende di San Silverio tra storia e leggenda

27 maggio 2017 | 16:21
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#Ponza, il tradizionale pellegrinaggio a #Palmarola e le vicende di San Silverio tra storia e leggenda

Ma perché proprio Palmarola? La cosa ci aveva incuriositi e, così, con l’aiuto di alcune realtà ponzesi, abbiamo ricostruito la storia delle vicende che legano il Santo alle isole pontine.

#Ponza, il tradizionale pellegrinaggio a #Palmarola e le vicende di San Silverio tra storia e leggenda

Il Faro on line – La festa patronale dedicata a San Silverio, patrono di Ponza, cade il 20 giugno, ma, per ogni ponzese che si rispetti, i rituali religiosi cominciano circa 30 giorni prima.

Il pellegrinaggio a Palmarola in onore del Santo, infatti, per gli Isolani è un “cult” imperdibile, che ogni anno si svolge con solennità, come se fosse la prima volta.

La data prevista per quest’anno è domani, domenica 28 maggio.
La partenza è stata resa possibile grazie alla Snap che effettuerà il pellegrinaggio con il traghetto “Carloforte”.
Si partirà da Ponza, zona porto alle 12,00 circa, l’arrivo, invece, dovrebbe avvenire attorno alle 12. 45.
L’evento si svolge con il preciso intento per celebrare la Santa Messa presso il faraglione che porta il nome del Santo.

Ma perché proprio Palmarola pare essere così importante? La faccenda ci aveva incuriositi e, con l’aiuto di alcune realtà ponzesi, siamo andati a ricostruire la storia, fin ove possibile, del Santo e delle vicende che lo legano alle isole pontine che, di seguito, vi riportiamo.

L’8 giugno del 536Silverio venne eletto Papa e il 20 giugno dello stesso anno fu proclamato vescovo di Roma.
Il pontificato di Papa Silverio, purtroppo fu breve, tormentato e impoverito da calunnie.

L’ascesa del dominio Bizantino in Europa, però, interessò in prima persona Papa Silverio che, per difendere il potere papale su Roma, fu costretto, per il bene comune, ad accettare il giuramento di fedeltà e a mercanteggiare un accordo favorevole al popolo dei Goti, comunque non bellicoso nei confronti del clero romano.

L’accordo prevedeva che i romani, qual’ ora l’esercito bizantino fosse arrivato in Italia, si sarebbero opposti al loro esercito, in attesa che i Goti scendessero a difendere l’Italia dal nord.

Il fine di Vitige – imperatore dei Goti- era solo di rallentare e fiaccare l’ascesa dell’esercito bizantino, facendogli affrontare battaglie e assedi lungo il percorso, qual’ ora questi fossero arrivati da sud.

L’accordo venne valutato da Papa Silverio per quello che rappresentava: un’estorsione.

Poco dopo, infatti, il patto stretto con Vitige venne considerato nullo.

Quando Belisario– generale bizantino ai tempi dell’imperatore Giustiniano- entrò a Roma per l’attuale porta S. Giovanni, venne accolto da Papa Silverio e da alcuni nobili con tutti gli onori.
Belisario rimase affascinato dalla persona di Papa Silverio, uomo di carità ma di ferma ideologia apostolica e di cultura, tanto che dal colloquio, scaturì un rapporto di stima da parte del generale bizantino nei confronti del pontefice.

Quindi, nonostante i Goti si stessero organizzando per assediare Roma, il pontificato di Papa Silverio, grazie al suo rapporto con Belisario, riuscì a proseguire, seppur tra mille difficoltà.
Purtroppo, però, ben presto Papa Silverio attirò su di sé le antipatie delle frange politiche più vicine alla imperatrice di Bisanzio: Teodora.

Il Pontefice, infatti, venne invitato a recarsi Bisanzio per risistemare le problematiche ecclesiastiche lasciate in sospeso dal suo predecessore- Papa Agapito- e che affliggevano il paese.

Questa richiesta era mossa più da un fattore politico che religioso, infatti, il patriarca Menna, reggente della chiesa di Bisanzio, era poco gradito sia all’imperatrice che a politici a lei vicini, e Teodora voleva rimettere al posto del patriarca un altro prelato già cacciato precedentemente per accuse di eresia.

Papa Silverio rispose all’imperatrice con una lettera dove manifestava la sua più profonda indignazione, per una richiesta così assurda, come era il reinsediamento di un eretico sul posto riservato ai discepoli di Dio.

Con quella lettera, Papa Silverio firmò la sua condanna a morte.

Secondo gli scritti di Procopio, storico del generale Belisario, la regina Teodora scrisse subito una lettera a Belisario e alla moglie, nella quale manifestava la volontà di deporre Papa Silverio, con qualsiasi mezzo, anche un semplice pretesto.

Il potere conferito dal titolo di Patricius, permetteva al generale non solo di comandare militari e civili, ma gli conferiva anche il potere giudiziario e in mancanza dell’imperatore ne poteva prendeva le veci.

Belisario, uomo fiero e di principio, non era molto propenso al tradimento nei confronti di Papa Silverio, al contrario della moglie Antonina che, ben presto, iniziò con la sua corte a muoversi contro il Pontefice.

In poco tempo, furono diffuse una serie di voci infamanti, a cui si fece seguire una lettera falsa di Papa Silverio ai Goti.

In questa lettera, veniva espressa la volontà del pontefice di tradire i romani favorendo l’entrata di Vitige aRoma, di notte, consentendo l’accesso per la “porta Asinaria” nei pressi del suo palazzo in Laterano.

Anche se Belisario, difficilmente, credeva alle accuse mosse contro Papa Silverio, dovette, però, comunque, procedere alla messa sotto accusa del Pontefice, spinto soprattutto dalle continue pressioni esercitate dall’imperatrice Teodora e da sua moglie.

Da alcuni scritti risulta che, quando Papa Silverio fu chiamato a colloquio dal generale, non venne subito accusato e messo di fronte alle prove infamanti che documentavano il suo tradimento.
Il generale tentò, invece, di mediare, chiedendo prima se il Papa fosse stato disposto a esaudire alle richieste già ventilate in passato dall’imperatrice Teodora.
Il tentativo di mediazione fu inutile, poiché la risposta del Pontefice fu la stessa: nessuno poteva anteporsi al volere di Dio.

Si susseguirono le udienze, con l’assicurazione che mai sarebbe stato fatto del male al Pontefice.

C’è da dire che, in quel periodo, si processavano sommariamente anche nobili e senatori, che avevano solo osato dare opinioni avverse al potere Bizantino.

E la stima che Belisario aveva nei confronti del Papa, purtroppo non bastò ad assicurargli l’incolumità.

Anche nella seconda udienza gli vennero lanciate sì le stesse accuse, ma si cercò comunque la mediazione, che sarebbe stata più soddisfacente sotto il profilo strettamente legale.

Il parere fermo del Pontefice su come condurre la vicenda, però, era oramai chiaro anche a i suoi accusatori.

Probabilmente, proprio dopo questo secondo incontro, Belisario meditò, anche per non perdere di potere e credibilità con i suoi seguaci, una soluzione drastica.

Chiamato alla terza udienza il Pontefice fu interrogato ancora una volta, ma purtroppo l’epilogo fu diverso: Papa Silverio non usci più dal palazzo di Belisario come un uomo libero.

Venne deposto con l’accusa di tradimento, condannato all’esilio e pochi giorni dopo sostituito con il cosidetto “Antipapa” Virgilio, imposto all’attenzione pubblica, dopo aver fallito per ben 3 volte il tentativo di farsi eleggere Papa.

L’esilio di Papa Silverio, iniziò con l’imbarco su una nave alla foce del Tevere più o meno nei pressi dell’attuale Ostia.
Proseguì costeggiando tutto il Tirreno, il mare di Sicilia e lo Ionio, per fermarsi a Pàtara in Licia, città natale di San Nicola di Bari.
Li venne accolto dal vescovo della città, che si fece carico non senza pericoli, di portare la parola del deposto Pontefice presso la corte Bizantina.

Purtroppo il colloquio con Giustiniano fu infruttuoso, infatti, dai documenti arrivati ai giorni nostri, l’imperatore Bizantino negò di sapere della vicenda e affermò di non avere nessun coinvolgimento.

Le continue insistenze del vescovo, però, spinsero Giustiniano ad approfondire la vicenda.

Dagli elementi acquisiti, probabilmente l’imperatore non riuscì ad avere un quadro ben chiaro, perché, con un decreto da lui firmato, impose al generale Belisario di rivedere il processo.
Inoltre, nel decreto veniva specificato che: le lettere incriminanti dovevano essere riesaminate e se fossero risultate false, il Pontefice doveva tornare immediatamente al suo posto.
Al contrario, se fossero risultate vere, Papa Silverio doveva essere destituito e nominato vescovo di una curia a sua scelta, che, naturalmente, non doveva essere nelle prossimità Roma.

Dopo poco più di un mese in Oriente, comunque, il Pontefice venne imbarcato su una nave che da Pàtara l’avrebbe dovuto riportare a Roma, almeno questi erano gli ordini.

La nave, invece, mentre era in sosta a Napoli, venne raggiunta da una delegazione inviata da Papa Virgilio, con il permesso del generale Belisario.

La delegazione, aveva il compito di prendere in custodia cautelare Papa Silverio e di portarlo all’isola di Ponza, dove sarebbe rimasto, in attesa della riesamina del processo.

San Silverio giunse a Ponza nei primi giorni di giugno del 537 e, sbarcato senza che nessuno sapesse chi fosse, trovo ospitalità presso il convento benedettino dedicato a S. Maria.

E’ da considerare che, in quel periodo, San Silverio doveva avere all’incirca 60 anni- che non sono pochi per l’epoca-.
Già con molte probabilità, sofferente di diverse patologie normali per l’epoca, il clima umido e la vita spartana che si faceva sull’isola, non favorì il suo soggiorno.

Il 21 novembre del 537, dopo pochi mesi sull’isola, Papa Silverio si spense.

La morte del Pontefice, come rilevato in alcuni scritti (Storia Arcana) di Procopio (Storico di guerra del generale Belisario), fu violenta e non dovuta alle condizioni ambientali.

Papa Silverio fu ucciso.
Infatti, anche se le sue condizioni fisiche con un prolungarsi del soggiorno isolano, lo avrebbero portato ben presto alla morte, era meglio affrettare i tempi.

Il motivo? Probabilmente fu che alcuni vescovi a lui fedeli, non solo stavano preparando la difesa nella revisione del processo, ma si opponevano all’autorità di Virgilio con un forte ostruzionismo e avevano manifestato, più volte, – anche per iscritto-, la volontà, una volta che Papa Silverio fosse ritornato, che quest’ultimo emanasse un decreto di scomunica nei confronti dell’antipapa Virgilio.

Questo provvedimento, avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche.
La preoccupazione di uno scisma nella chiesa e, soprattutto, la paura di insurrezioni interne alle mura di Roma portò al complotto clerico-bizantino che si concluse con l’assassinio del Pontefice ad opera (sempre secondo Procopio) di un certo Eugenio che fu l’artefice materiale del delitto.

Secondo precisi riferimenti storici, le spoglie di San Silverio vennero tumulate nella chiesa benedettina di S.Maria, posto solitario per l’epoca e a molti sconosciuto.

Tutto ciò, per evitare, che venissero portate in Vaticano ed esaminate, ma, soprattutto che l’ubicazione della sua tomba fosse resa pubblica e, quindi, luogo di pellegrinaggi ed eventuale simbolo di scisma della Chiesa e soprattutto della città di Roma.

Ma, allora, così stando le cose, cosa lega storicamente San Silverio a Palmarola?

Non se ne sa bene il motivo, ma, per anni, nell’immaginario collettivo, l’esilio di San Silverio era stato identificato nell’isola di Palmarola.

Il dubbio è stato creato negli anni, soprattutto dall’ignoranza di molti che consideravano come isole palmarie, Palmarola e gli scogli limitrofi e dalla presenza delle rovine di un piccolo monastero, che oramai sono visibili solo se si sa dove cercarle perché completamente rase al suolo.

Nei documenti storici arrivati ai nostri giorni, si parla, per l’esilio di San Silverio, della maggiore delle “isole palmarie” e non di Palmarola.

Le isole palmarie erano rappresentate da tutto l’arcipelago e non dalla sola isola di Palmarola, e la maggiore delle isole è Ponza.

Inoltre, il convento dedicato a Santa Maria dove venne ospitato il santo, si trovava a Ponza, e, per esattezza, nella frazione che oggi si chiama appunto Santa Maria dove era ubicato l’omonimo convento.

A tutt’oggi, si può dire con sicurezza che il santo non mise mai piede sull’isola di Palmarola, e il suo esilio ponziano si limitò alla maggiore delle isole, cioè Ponza.

Ma ci auguriamo, comunque, dati storici alla mano a parte, che per i nostri lettori ponzesi, la giornata di domani sia meravigliosa come e più di sempre.

Foto di: Ponzaracconta.