Il Papa: “L’eutanasia è una finta libertà, significa vedere nel malato solo un costo”

2 settembre 2019 | 17:47
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In Vaticano l’udienza ai membri dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, il Pontefice: “Se si sceglie la morte i problemi in un certo senso sono risolti; ma quanta amarezza dietro a questo ragionamento, e quale rifiuto della speranza comporta la scelta di rinunciare a tutto”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “La pratica dell’eutanasia, divenuta legale già in diversi Stati, solo apparentemente si propone di incentivare la libertà personale; in realtà essa si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento o non può più evitare il dolore”.

Queste le parole di Papa Francesco, pronunciate nella Sala Clementina, in Vaticano, dove riceve in udienza i membri dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), associazione che dal 1973, “svolge una preziosa funzione in ambito sanitario, incentivando la ricerca e la prevenzione, adoperandosi per migliorare la diagnosi e le cure, e sviluppando numerose iniziative di aggiornamento e formazione per i medici e gli altri operatori del settore oncologico”.

Nel suo discorso, il Papa auspica “un impiego della tecnologia che si pone a servizio delle persone“. E precisa: “La tecnologia non è a servizio dell’uomo quando lo riduce a una cosa, quando distingue tra chi merita ancora di essere curato e chi invece no, perché è considerato solo un peso, e a volte – anzi – uno scarto“.

Da qui la condanna dell’eutanasia: “Questa pratica, divenuta legale già in diversi Stati, solo apparentemente si propone di incentivare la libertà personale; in realtà essa si basa su una visione utilitaristica della persona, la quale diventa inutile o può essere equiparata a un costo, se dal punto di vista medico non ha speranze di miglioramento o non può più evitare il dolore“.

Al contrario, sottolinea il Pontefice, “l’impegno nell’accompagnare il malato e i suoi cari in tutte le fasi del decorso, tentando di alleviarne le sofferenze mediante la palliazione, oppure offrendo un ambiente familiare negli hospice, sempre più numerosi, contribuisce a creare una cultura e delle prassi più attente al valore di ogni persona“.

Se si sceglie la morte, i problemi in un certo senso sono risolti; ma quanta amarezza dietro a questo ragionamento, e quale rifiuto della speranza comporta la scelta di rinunciare a tutto e spezzare ogni legame! A volte, noi siamo in una sorta di vaso di Pandora: tutte le cose si sanno, tutto si spiega, tutto si risolve ma ne è rimasta nascosta una sola: la speranza. E dobbiamo andare a cercare questa. Come tradurre la speranza, anzi, come darla nei casi più limite.

Il questa prospettiva, “vostro servizio – prosegue il Papa – diventa anche un’opera di sensibilizzazione nei confronti di una società poco consapevole e a volte distratta. Ad essa voi richiamate in molti modi l’importanza della prevenzione, da intendersi sia come diagnosi precoce, capace di ridurre sensibilmente la pericolosità delle malattie oncologiche, sia come rispetto del proprio corpo e delle sue esigenze”.

La migliore e più vera prevenzione, infatti, è quella di un ambiente sano e di uno stile di vita rispettoso del corpo umano e delle sue leggi. Come sappiamo, questo dipende non solo dalle scelte individuali, ma anche dai luoghi in cui si vive che, soprattutto nei grandi centri, sottopongono il fisico a uno stress continuo per i ritmi di vita e l’esposizione ad agenti inquinanti.

Il Pontefice pone dunque l’accento sulla cura del creato: “Questo riporta la nostra attenzione alla cura dell’ambiente naturale, la nostra casa comune a cui dobbiamo rispetto, perché rispetti a sua volta noi”.

“La tutela dell’ambiente e la lotta contro i tumori diventano, allora, due facce di uno stesso problema, due aspetti complementari di una medesima battaglia di civiltà e di umanità”, aggiunge Bergoglio.

Il Papa invita, dunque, a contemplare la figura di Gesù, affinché “ispiri i malati e li aiuti a trovare la forza di non interrompere i legami di amore, di offrire la sofferenza per i fratelli, di tenere viva l’amicizia con Dio”.

L’auspicio del Pontefice è che Cristo possa ispirare anche i medici “a guardare sempre al bene degli altri, a spendersi con generosità, a lottare per un mondo più solidale”.

“Ispiri ognuno a farsi vicino a chi soffre. La vicinanza, quell’atteggiamento tanto importante e tanto necessario. Anche il Signore l’ha attuata, la vicinanza, in mezzo a noi – conclude -. Ispiri ognuno a farsi vicino a chi soffre, ai piccoli anzitutto, e a mettere i deboli al primo posto, perché crescano una società più umana e relazioni improntate alla gratuità, più che all’opportunità”.

(Il Faro online)