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Ostia, “The cuban Hamlet”: il volto tenero di Tomas Milian

5 settembre 2019 | 18:13
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Presentato allo stabilimento “La Bonaccia” il libro-intervista “The cuban Hamlet” scritto da Giuseppe Sansonna. I ricordi del brigadere Gargiulo Massimo Vanni e del superpoliziotto Antonio Del Greco

Ostia – Ha il volto tenero dell’età avanzata, del grande attore che di lì a poco si spengerà il libro-intervista “The cuban Hamlet” presentato ieri, mercoledì 5 settembre, presso lo stabilimento balneare “La Bonaccia”.

L’appuntamento, inserito nel corposo programma di “Ostia incontra l’autore“, ha riscosso grande successo: a ricordare l’indimenticato interprete del Monnezza oltre all’autore, Giuseppe Sansonna, anche la “spalla” storica di Tomas Milian, Massimo Vanni interprete del brigadiere Gargiulo al suo fianco, ed il superpoliziotto Antonio Del Greco.

Sansonna, che ha realizzato anche un prezioso dvd allegato al volume, ha tratteggiato con efficacia poetica la grandezza di Tomas Miliam, interprete di cento film e diretto da registi come Carlo Lizzani, Mauro Bolognini, Citto Maselli, Alberto Lattuada, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Florestano Vancini, Pasquale Festa Campanile, Michelangelo Antonioni, Steven Soderbergh e Steven Spielberg. Ovviamente la popolarità maggiore è arrivata con i poliziotteschi di Umberto Lenzi prima e di Bruno Corbucci poi, grazie alla singolare figura dell’ispettore Girardi soprannominato “er Monnezza”.

Il volume di Sansonna, però si concentra sugli aspetti intimi, quelli più segreti di Tomas Miliam. Come per esempio il tentativo di Gabriel Garcia Marquez, il poeta premio Nobel per la Letteratura che nel 1974 doveva riportare l’attore a Cuba. “Gliel’ho aveva chiesto Fidel Castro, suo amico – racconta Tomas a Sansonna – Me fece una proposta, che me mise molto in crisi: me voleva come protagonista di un suo film su Che Guevara, da girare su un altopiano colombiano. Soldi zero, o quasi, porché era un film de arte indipendiente. E poi sarei stato per sei mesi, el tempo delle riprese, troppo lontano dai film dei poliziotti che me facevano guadagnare cifre enormi. Pensai che a Cinecittà me avrebbero dimenticato, messo da parte. Congedai quel grande scrittore, prendendo tempo: ne dovevo parlà con un saggio. Chiamai Quinto Gambi, er pesciarolo amico mio, de Tor Marancia, che me aveva ispirato por el Monessa“. Quinto Cambi era la controfigura del Monnezza.

Partito dall’isola di Castro nel nel 1956 per arrivare a New York, sulle orme del suo mito, James Dean, dove ottenne un insperato ingresso all’Actor’s Studio, Tomas Miliam aveva rinunciato a una vita agiata ma anche spericolata. Il padre era vicino al dittatore Batista ed il fratello era proprietario di un importante locale, molto vicino alla mafia.

Una storia nella storia. Quella dell’attore ormai anziano e quella del giovane regista che con caparbietà ha trovato la chiave per aprire quello scrigno di ricordi sepolti e assopiti che hanno convinto Milian a tornare nella sua Cuba dopo 60 anni. Lasciata appena ventitreenne, dopo il suicidio del padre, che la notte di Capodanno del 1946 si sparò un colpo al cuore, davanti ai suoi occhi. Un viaggio che si trasforma in un documentario poetico, in cui “er cubano di Roma va alla ricerca dei passi perduti” per far pace con lo spettro del padre. Nel documentario, come nel libro che lo racconta, vagando per l’Havana, Milian si abbandona “ad un lungo, ipnotico racconto nel suo dolce tono ispanico, puntellato di gergalità americane e scivolamenti romaneschi…”. Era il 2014. Milian morirà il 22 marzo del 2017.

Massimo Vanni ha raccontato di quando Tomas Miliam lo scelse per il ruolo del brigadiere Gargiulo che nel primo film della serie del Monnezza, “Squadra antiscippo” del 1976 girato in parte anche nel Borgo di Ostia Antica come segnala il volume Ostia set naturale. “Tomas evidentemente non era soddisfatto dell’attore che lo affiancava: mi scelse al primo ciak del secondo film della serie, Squadra antifurto, e con lui ne ho girati dieci di film” riferisce Vanni che è stato un grande stuntman e maestro d’armi.

La conoscenza di Antonio Del Greco è più recente. “Ricordo che venne a Roma nel 2014 per ritirare un premio al Festival del Cinema – racconta – Io ero dirigente della Polizia di frontiera all’aeroporto di Fiumicino e organizzammo una calorosa accoglienza donandogli persino il cappello della polizia come elevazione ideale ad agente. Aveva pudore di togliersi il berretto, forse per non mostrare la calvizie dovuta all’età, così chiese la cortesia di raggiungere il bagno per riaffacciarsi subito dopo con il cappello d’ordinanza calzato a pennello”.