il ricordo |
Focus
/

Nicola Calipari, il poliziotto vicino alla gente. Oltre la morte

4 marzo 2020 | 06:31
Share0
Nicola Calipari, il poliziotto vicino alla gente. Oltre la morte

Fu ucciso il 4 marzo 2005, mentre si recava in macchina all’aeroporto di Baghdad, nelle fasi successive alla liberazione della giornalista Giuliana Sgrena

Difficile parlare di un uomo del quale tanto si è detto e scritto. Di una persona alla quale si era legati da un’amicizia silenziosa, forte di valori ed esperienze condivise. Nicola Calipari è quel sorriso appena accennato che viveva nei suoi occhi e sbirciava dai suoi baffi. È quella sigaretta accesa tra le mani. Il parlare pacato anche quando l’interlocutore era un criminale.

Ma l’appellativo di sbirro gentile, più volte evocato per descriverlo, non confonda: Nicola Calipari era un poliziotto duro e tenace. Rispettoso questo sì, sempre e di chiunque. Questa la forza che lo rendeva disponibile sempre anche con i suoi collaboratori, perché fare squadra era un imperativo per lui, formatosi da giovane negli scout nella sua Reggio Calabria.

Sottile analista di fenomeni criminali e dotato di intuizioni geniali. Sbirro coriaceo, che dietro ai modi garbati aveva una determinazione nel perseguire il male che non temeva stanchezza, paura o sconfitte. E che neppure alcune amarezze intercorse nella sua vita professionale riuscirono mai a fiaccare.

Calabrese doc, reggino di nascita, da funzionario di polizia non volle lasciare la sua terra e a Cosenza ha lasciato la sua impronta. Nella Questura come capo della squadra Mobile e poi come capo di Gabinetto, impegnandosi a fondo nella lotta all’Ndragngeta che affliggeva e affligge la Calabria. Le sue indagini sulla ‘Ndrina Perna lo mettono nel mirino di quella cosca che ne decretò la morte. Ed ecco manifestarsi quel Nicola Calipari, protettivo e che infonde sicurezza, che ritroviamo poi in quell’ultimo gesto sull’Irish road a Baghdad.

Nicola Calipari in quegli anni, siamo tra 1987 e l’89, vive sotto scorta. Una vecchia auto blindata e una volante come garanzia. Novello sposo sminuisce il problema e tranquillizza la moglie Rosa. Quasi reticente nel confessarle il rischio, solo le insistenze della moglie gli fanno confessare le vere ragioni di tante precauzioni.

Le minacce sempre insistenti in anni che ancora erano di piombo, soprattutto in quelle regioni a forte presenza criminale, fanno sì che Nicola venga trasferito con la famiglia in Australia. Non certo in vacanza. Un episodio di lupara bianca nel Paese dei canguri e intercettazioni in cui si parla uno strano idioma, il calabrese, sono il motivo ufficiale. L’investigatore Calipari si mette al lavoro e in poco tempo traccia la mappa delle ‘ndrine immigrate in Australia.

Il ritorno in Italia vede Nicola a Roma come funzionario della Squadra Mobile della questura della capitale. Una Mobile con i baffi, viene soprannominata dai giornali, per la qualità degli investigatori che da Rodolfo Ronconi a Nicola Cavaliere a Nicolò D’Angelo, hanno tutti baffi. Anni di grandi indagini e successi. Risultati ottenuti con grande lavoro di squadra.

nicola_calipariNicola andrà poi a dirigere la Criminalpol del Lazio dove si occupa di importanti casi, dal sequestro Soffiantini alla cattura dei Cuntrera Caruana, boss della mafia con legami e giro di affari in Nord America e Venezuela ma che avevano trovato rifugio in quel di Ostia.
Giornate infinite dove le ore si susseguono senza sosta e senza spazio al riposo. A volte condivise tra caffè e sigarette e a volte con qualche pastarella. Sì, Nicola Calipari era goloso e mi piace ricordarlo in questi momenti non ufficiali.

I tanti che lo hanno conosciuto possono ripercorrere le tante operazioni di polizia, i diversi incarichi ricoperti sempre con scrupolosa determinazione. Nicola era anche la sua famiglia, la primogenita Silvia, il piccolo Filippo con la passione per la Roma. Il gravare degli impegni non gli faceva tralasciare il dovere più grande, la sua famiglia, che era anche il pilastro della sua vita. I concerti con Rosa, le sere trascorse con i figli.

Nicola Calipari è oggi celebrato da tutti come un eroe. Quel gesto protettivo verso l’ostaggio liberato è stato istintivo era proprio della natura di Nicola. Fare scudo con il suo corpo al debole. Protettivo nei confronti delle vittime, dei soggetti emarginati e oggetto di violenze Nicola lo è sempre stato. Nello spirito di quella Polizia vicino alla gente che proprio in quegli anni divenne slogan e comandamento.

Così nelle operazioni della Mobile, come poi nei servizi segreti, non restava mai indietro. Condivideva i rischi con i suoi, anzi era quello che stava davanti. L’ho visto molte volte guidare anche fisicamente le operazioni. Non si tirava indietro e così ha fatto in quell’ultima missione. Andando personalmente a recuperare l’ostaggio nel cuore di Baghdad.

Una scelta fatta non per spirito di protagonismo, tutt’altro, ma ispirato dal quel senso di protezione anche verso i suoi collaboratori come loro stesso in seguito confideranno. Collaboratori che lui sempre stimava e dei quali, da quando era in polizia, non dimenticava mai di celebrarne le lodi.

Molti ricordi mi uniscono a Nicola, ma il più vivido è quell’ultimo caffè preso insieme alla Caffeteria di piazza di Pietra a Roma. Pochi giorni prima di quel maledetto 4 marzo 2005. Una telefonata e l’invito a un caffè da troppo tempo rimandato.

Quel giorno Nicola è quasi schiacciato dai suoi pensieri, il rapimento della giornalista in Iraq è alle fasi cruciali. Sembra avvertire un destino nebuloso. Appena un accenno alla prossima partenza per il Medio Oriente, poi parla della figlia Silvia, del fatto che ora ha la patente e ha voluto guidare per accompagnarlo. Del tempo che passa sempre più in fretta. Il tempo tiranno. Ancora una sigaretta e poi un saluto affettuoso.

Lo vedo allontanarsi in un pomeriggio che ormai volge a sera. Il lungo cappotto svolazzante sembra disegnargli delle ali. Non l’ho più sentito né visto. La notizia arrivata dallo schermo del computer mi fece scoppiare in lacrime. Ho perso un amico. Lo Stato un fedele funzionario. Per noi tutti è stato un esempio di correttezza, lealtà, educazione e soprattutto un poliziotto che garantiva sicurezza stando in mezzo alle categorie più deboli, fedele a quel giuramento di salvare e proteggere.

E così ha fatto anche all’ultimo. Oggi, dopo 15 anni, ricordare Nicola vuol dire segnare nella pietra e nella memoria dei più giovani, in divisa blu e non, i valori che il funzionario di polizia Nicola Calipari ha incarnato fino all’estremo sacrificio.

(Il Faro online)