“Con l’egoismo si può superare il Covid ma senza amore non si può uscire dalla crisi”
Il Pontefice tuona contro i “devoti di Ponzio Pilato” che se ne lavano le mani disinteressandosi della sofferenza altrui: “La risposta cristiana al virus è l’amore”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “Se le soluzioni alla pandemia portano l’impronta dell’egoismo, sia esso di persone, imprese o nazioni, forse possiamo uscire dal coronavirus, ma certamente non dalla crisi umana e sociale che il virus ha evidenziato e accentuato. La risposta cristiana alla pandemia e alle conseguenti crisi socio-economiche si basa sull’amore”.
Papa Francesco continua il ciclo di catechesi dedicato alla pandemia, riletta in chiave cristiana, e lo fa nella sua seconda udienza generale con la presenza di fedeli dopo i sei mesi di lockdown. Il Pontefice arriva nel Cortile San Damaso in auto indossando una mascherina bianca, che toglie però prima di scendere. E dopo aver igienizzato le mani col gel, saluta i cinquecento pellegrini che – purtroppo – si accalcano alle transenne.
Bergoglio rimane sempre a distanza, anche se prende personalmente lettere e doni che gli vengono dati dai fedeli. Prende uno zucchetto datogli da un pellegrino, lo mette sulla testa e lo restituisce. Come da tradizione benedice immagini e oggetti sacri, ma senza stringere le mani. E, prima della catechesi striglia i presenti: “Non vi accalcate, mantenete le distanze, ci sono le sedie distanziate per tutti. Evitiamo il rischio contagi”.
Un virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche deve essere affrontato con un amore senza barriere, frontiere o distinzioni. #UdienzaGeneralehttps://t.co/DOirZJIcXM
— Papa Francesco (@Pontifex_it) September 9, 2020
Tante volte fa più bene una carezza…
Nella sua riflessione, il Papa fa notare come oggi, nonostante la situazione dovuta al coronavirus, “assistiamo all’emergere di interessi di parte. Per esempio, c’è chi vorrebbe appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini e poi venderli agli altri. Alcuni approfittano della situazione per fomentare divisioni: per cercare vantaggi economici o politici, generando o aumentando conflitti. Altri semplicemente non si interessano della sofferenza altrui, passano oltre e vanno per la loro strada”. Il Pontefice li ribattezza “devoti di Ponzio Pilato”, perché “se ne lavano le mani”.
L’approccio cristiano, invece, è un altro, ed è tutto incentrato sull’amore, un amore che deve essere come quello che Dio prova per l’uomo: “Lui ci ama incondizionatamente e quando accogliamo questo amore divino, allora possiamo rispondere in maniera simile. Amo non solo chi mi ama: la mia famiglia, i miei amici, il mio gruppo, ma anche quelli che non mi amano, anche quelli che non mi conoscono, amo anche quelli che sono stranieri, e anche quelli che mi fanno soffrire o che considero nemici”.
Questa, fa notare il Santo padre, “è la saggezza cristiana, questo è l’atteggiamento di Gesù. E il punto più alto della santità, diciamo così, è amare i nemici, e non è facile”. Amare tutti, compresi i nemici, “è un’arte”, ma è “un’arte che si può imparare e migliorare”. “L’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo. Questo amore cura, guarisce e fa bene. Tante volte fa più bene una carezza che tanti argomenti, una carezza di perdono e non tanti argomenti per difendersi. È l’amore inclusivo che guarisce”, aggiunge il Papa.
Amare tutti, compresi i nemici, è difficile – direi che è un’arte! Però un’arte che si può imparare e migliorare. L’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo. Questo amore cura, guarisce e fa bene. #UdienzaGenerale
— Papa Francesco (@Pontifex_it) September 9, 2020
Costruire una “civiltà dell’amore”
In altre parole, “l’amore non si limita alle relazioni fra due o tre persone, o agli amici, o alla famiglia, va oltre. Comprende i rapporti civici e politici”, anche “con la natura”. E poiché “siamo esseri sociali e politici, una delle più alte espressioni di amore è proprio quella sociale e politica, decisiva per lo sviluppo umano e per affrontare ogni tipo di crisi”.
L’amore, sottolinea Francesco, “feconda” non solo famiglie e amicizie, ma “anche le relazioni sociali, culturali, economiche e politiche, permettendoci di costruire una ‘civiltà dell’amore’, come amava dire San Paolo VI e, sulla scia, San Giovanni Paolo II. Senza questa ispirazione, prevale la cultura dell’egoismo, dell’indifferenza, dello scarto, cioè scartare quello a cui io non voglio bene, quello che io non posso amare o coloro che a me sembra sono inutili nella società”.
E racconta: “Oggi all’entrata una coppia mi ha detto: ‘Preghi per noi perché abbiamo un figlio disabile’. Io ho domandato: ‘Quanti anni ha? – Tanti – E cosa fate? – Noi lo accompagniamo, lo aiutiamo’. Tutta una vita dei genitori per quel figlio disabile. Questo è amore. E i nemici, gli avversari politici, secondo la nostra opinione, sembrano essere disabili politici e sociali, ma sembrano. Solo Dio sa se lo sono o no. Ma noi dobbiamo amarli, dobbiamo dialogare, dobbiamo costruire questa civiltà dell’amore, questa civiltà politica, sociale, dell’unità di tutta l’umanità”.
Un virus senza barriere
Il coronavirus, incalza il Santo Padre, “ci mostra che il vero bene per ciascuno è un bene comune non solo individuale e, viceversa, il bene comune è un vero bene per la persona. La persona è più persona, quando il proprio bene lo apre a tutti, lo condivide. La salute, oltre che individuale, è anche un bene pubblico. Una società sana è quella che si prende cura della salute di tutti”.
“Un virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche deve essere affrontato con un amore senza barriere, frontiere o distinzioni – prosegue Bergoglio -. Questo amore può generare strutture sociali che ci incoraggiano a condividere piuttosto che a competere, che ci permettono di includere i più vulnerabili e non di scartarli, e che ci aiutano ad esprimere il meglio della nostra natura umana e non il peggio”.
“Il vero amore non conosce la cultura dello scarto, non sa cosa sia. Infatti, quando amiamo e generiamo creatività, quando generiamo fiducia e solidarietà, è lì che emergono iniziative concrete per il bene comune. E questo vale sia a livello delle piccole e grandi comunità, sia a livello internazionale”, rimarca.
Quello che si fa in famiglia, quello che si fa nel quartiere, quello che si fa nel villaggio, quello che si fa nella grande città e internazionalmente è lo stesso: è lo stesso seme che cresce e dà frutto. Se tu in famiglia, nel quartiere cominci con l’invidia, con la lotta, alla fine ci sarà la ‘guerra’. Invece, se tu incominci con l’amore, a condividere l’amore, il perdono, allora ci sarà l’amore e il perdono per tutti.
E ammonisce: “Se le soluzioni alla pandemia portano l’impronta dell’egoismo, sia esso di persone, imprese o nazioni, forse possiamo uscire dal coronavirus, ma certamente non dalla crisi umana e sociale che il virus ha evidenziato e accentuato”.
“Per costruire una società sana, inclusiva, giusta e pacifica, dobbiamo farlo sopra la roccia del bene comune.Il bene comune è una roccia. E questo è compito di tutti noi, non solo di qualche specialista”, prosegue il Papa, citando San Tommaso d’Aquino e Sant’Ignazio di Loyola.
Il bene comune richiede la partecipazione di tutti. Se ognuno ci mette del suo, e se nessuno viene lasciato fuori, potremo rigenerare relazioni buone a livello comunitario, nazionale, internazionale e anche in armonia con l’ambiente. #LaudatoSì
— Papa Francesco (@Pontifex_it) September 9, 2020
Mettere al centro la persona
Infine, un monito alla politica che, sottolinea il Papa, “spesso non gode di buona fama, e sappiamo il perché. Questo non vuol dire che i politici siano tutti cattivi, no. Ma non bisogna rassegnarsi a questa visione negativa, bensì reagire dimostrando con i fatti che è possibile, anzi, doverosa una buona politica, quella che mette al centro la persona umana e il bene comune”.
Ciò diventa “possibile – aggiunge – nella misura in cui ogni cittadino e, in modo particolare, chi assume impegni e incarichi sociali e politici, radica il proprio agire nei principi etici e lo anima con l’amore sociale e politico. I cristiani, in modo particolare i fedeli laici, sono chiamati a dare buona testimonianza di questo e possono farlo grazie alla virtù della carità, coltivandone l’intrinseca dimensione sociale”.
“È dunque tempo di accrescere il nostro amore sociale – voglio sottolineare questo: il nostro amore sociale – contribuendo tutti, a partire dalla nostra piccolezza. Il bene comune richiede la partecipazione di tutti. Se ognuno ci mette del suo, e se nessuno viene lasciato fuori, potremo rigenerare relazioni buone a livello comunitario, nazionale, internazionale e anche in armonia con l’ambiente”, conclude.
Il Faro online – Foto © Vatican Media