Il Papa “scomunica” radicalismo e terrorismo: “Le religioni sono al servizio della pace”
In piazza del Campidoglio la preghiera interreligiosa, alla presenza del presidente Mattarella, per la pace, il Pontefice: “Il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose”
di FABIO BERETTA
Roma – Dalla piazza del Campidoglio, nel cuore di Roma, Papa Francesco lancia l’anatema contro il terrorismo e il radicalismo religioso. Un monito che arriva al termine dell’incontro internazionale per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, nello “spirito di Assisi”, l’evento voluto da Giovanni Paolo II nel 1986 dove si riunirono i grandi leader religiosi per dire basta alla guerra.
Il Papa arriva nella piazza progettata da Michelangelo dopo l’intenso evento di preghiera celebrato nella basilica dell’Ara Coeli (leggi qui) accompagnato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Ad accoglierlo i padroni di casa: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la sindaca di Roma, Virginia Raggi. Presenti anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese e il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Tutti hanno indosso le mascherine, anche il Papa: dopotutto questo è il primo vero grande evento post-lockdown della Capitale e la parola d’ordine è sicurezza.
Papa Francesco ricorda il motivo di questo incontro: “Siamo insieme questa sera, come persone di diverse tradizioni religiose, per comunicare un messaggio di pace. Questo manifesta chiaramente che le religioni non vogliono la guerra, anzi smentiscono quanti sacralizzano la violenza, chiedono a tutti di pregare per la riconciliazione e di agire perché la fraternità apra nuovi sentieri di speranza. Infatti, con l’aiuto di Dio, è possibile costruire un mondo di pace, e così salvarsi insieme“.
Rievocando l’incontro di Assisi del 1986, fa notare come quel giorno venne seminato “un seme profetico che, passo dopo passo, grazie a Dio è maturato, con inediti incontri, azioni di pacificazione, nuovi pensieri di fratellanza”. Fa poi un ulteriore balzo indietro nel tempo: “Mentre purtroppo riscontriamo negli anni trascorsi dei fatti dolorosi, come conflitti, terrorismo o radicalismo, a volte in nome della religione, dobbiamo invece riconoscere i passi fruttuosi nel dialogo tra le religioni. È un segno di speranza che ci incita a lavorare insieme come fratelli”. Cita a più riprese la sua ultima Enciclica, “Fratelli tutti” (leggi qui), ribadendo che “il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose” e che “i credenti hanno compreso che la diversità di religione non giustifica l’indifferenza o l’inimicizia“.
Al contrario, “a partire dalla fede religiosa si può diventare artigiani di pace e non spettatori inerti del male della guerra e dell’odio. Le religioni sono al servizio della pace e della fraternità. Per questo, anche il presente incontro spinge i leader religiosi e tutti i credenti a pregare con insistenza per la pace, a non rassegnarsi mai alla guerra, ad agire con la forza mite della fede per porre fine ai conflitti”.
E ammonisce: “Il mondo, la politica, la pubblica opinione rischiano di assuefarsi al male della guerra, come naturale compagna della storia dei popoli“. Oggi, aggiunge, “i dolori della guerra sono aggravati anche dalla pandemia del coronavirus e dalla impossibilità, in molti Paesi, di accedere alle cure necessarie. Intanto, i conflitti continuano, e con essi il dolore e la morte“; dunque, “mettere fine alla guerra è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio”.
E rivolgendosi ai leader politici di tutto il globo afferma: “La pace è la priorità di ogni politica. Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che hanno colpito i popoli!”
Parole che hanno fatto eco a quelle del presidente Mattarella, che dal palco allestito sotto il Palazzo Senatorio, aveva detto: “La sofferenza che tutti i continenti stanno provando assume il significato di un richiamo che la storia ci rivolge per la pace e la cooperazione tra i popoli della famiglia umana. Un richiamo che rende ancor più evidente l’insensatezza della guerra, oggi come nel passato”.
“La Repubblica Italiana – ha aggiunto il Capo dello Stato – riconosce e onora gli sforzi di dialogo in questa direzione, nella consapevolezza del ruolo di importanza fondamentale che le religioni hanno e possono dispiegare nel contribuire a un avvenire di sviluppo e di eguaglianza fra le persone e fra i popoli. La speranza sarà più forte di ogni ostacolo, non sarà più irraggiungibile se le donne e gli uomini di buona volontà si impegneranno vivendola concretamente nel loro quotidiano”.
“La testimonianza delle religioni è profezia che può aiutare il mondo a scuotersi dalla rassegnazione, dalla sfiducia, dal rancore. Mentre viene distorta, volgendo in blasfemia, quando viene piegata a giustificare contrapposizioni e odio, ad alimentare conflitti, a inneggiare al fanatismo e alla violenza sulle genti”, ha concluso Mattarella.
E dopo i discorsi, il momento più significativo: la lettura e la firma dell’appello per la pace e l’accessione, da parte di tutti i leader religiosi presenti sul palco, del “candelabro della speranza”. Una speranza, quella di un mondo senza più guerre, che “sarà più forte di ogni ostacolo, non sarà più irraggiungibile se le donne e gli uomini di buona volontà si impegneranno vivendola concretamente nel loro quotidiano”.
Appello per la Pace 2020
Di seguito riportiamo il testo completo dell’Appello per la Pace 2020, firmato in Campidoglio dai leader religiosi di tutto il mondo e dal Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, al termine dell”incontro di Preghiera per la Pace “Nessuno si salva da solo – Pace e Fraternità” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.
Convenuti a Roma nello “spirito di Assisi”, spiritualmente uniti ai credenti di tutto il mondo e alle donne e agli uomini di buona volontà, abbiamo pregato gli uni accanto agli altri per implorare su questa nostra terra il dono della pace. Abbiamo ricordato le ferite dell’umanità, abbiamo nel cuore la preghiera silenziosa di tanti sofferenti, troppo spesso senza nome e senza voce. Per questo ci impegniamo a vivere e a proporre solennemente ai responsabili degli Stati e ai cittadini del mondo questo Appello di Pace.
In questa piazza del Campidoglio, poco dopo il più grande conflitto bellico che la storia ricordi, le Nazioni che si erano combattute strinsero un Patto, fondato su un sogno di unità, che si è poi realizzato: l’Europa unita. Oggi, in questo tempo di disorientamento, percossi dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, che minaccia la pace aumentando le diseguaglianze e le paure, diciamo con forza: nessuno può salvarsi da solo, nessun popolo, nessuno!
Le guerre e la pace, le pandemie e la cura della salute, la fame e l’accesso al cibo, il riscaldamento globale e la sostenibilità dello sviluppo, gli spostamenti di popolazioni, l’eliminazione del rischio nucleare e la riduzione delle disuguaglianze non riguardano solo le singole nazioni. Lo capiamo meglio oggi, in un mondo pieno di connessioni, ma che spesso smarrisce il senso della fraternità. Siamo sorelle e fratelli, tutti! Preghiamo l’Altissimo che, dopo questo tempo di prova, non ci siano più “gli altri”, ma un grande “noi” ricco di diversità. È tempo di sognare di nuovo con audacia che la pace è possibile, che la pace è necessaria, che un mondo senza guerre non è un’utopia. Per questo vogliamo dire ancora una volta: “Mai più la guerra!”.
Purtroppo, la guerra è tornata a sembrare a molti una via possibile per la soluzione delle controversie internazionali. Non è così. Prima che sia troppo tardi, vogliamo ricordare a tutti che la guerra lascia sempre il mondo peggiore di come l’ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità.
Ci appelliamo ai governanti, perché rifiutino il linguaggio della divisione, supportata spesso da sentimenti di paura e di sfiducia, e non s’intraprendano vie senza ritorno. Guardiamo insieme alle vittime. Ci sono tanti, troppi conflitti ancora aperti.
Ai responsabili degli Stati diciamo: lavoriamo insieme ad una nuova architettura della pace. Uniamo le forze per la vita, la salute, l’educazione, la pace. È arrivato il momento di utilizzare le risorse impiegate per produrre armi sempre più distruttive, fautrici di morte, per scegliere la vita, curare l’umanità e la nostra casa comune. Non perdiamo tempo! Cominciamo da obiettivi raggiungibili: uniamo già oggi gli sforzi per contenere la diffusione del virus finché non avremo un vaccino che sia idoneo e accessibile a tutti. Questa pandemia ci sta ricordando che siamo sorelle e fratelli di sangue.
A tutti i credenti, alle donne e agli uomini di buona volontà, diciamo: facciamoci con creatività artigiani della pace, costruiamo amicizia sociale, facciamo nostra la cultura del dialogo. Il dialogo leale, perseverante e coraggioso è l’antidoto alla sfiducia, alle divisioni e alla violenza. Il dialogo scioglie in radice le ragioni delle guerre, che distruggono il progetto di fratellanza inscritto nella vocazione della famiglia umana.
Nessuno può sentirsi chiamato fuori. Siamo tutti corresponsabili. Tutti abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono.
Che Dio ispiri questi ideali in tutti noi e questo cammino che facciamo insieme, plasmando i cuori di ognuno e facendoci messaggeri di pace.
Roma, Campidoglio, 20 ottobre 2020
(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
Clicca qui per iscriverti al canale Telegram, solo notizie sul Papa e Vaticano