Il Fatto

Latina, minaccia il parroco con una pistola e gli fa venire un malore

21 maggio 2021 | 17:36
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Latina, minaccia il parroco con una pistola e gli fa venire un malore

Da mesi il parroco subiva minacce da parte dell’uomo, un 60enne pregiudicato, che voleva estorcergli del denaro

Latina – La Polizia di Stato di Latina ha arrestato un 60enne pregiudicato del posto per estorsione aggravata in flagranza.

Nella serata di ieri, 20 maggio, l’uomo si è presentato presso l’abitazione del parroco di una chiesa del centro città, adiacente il luogo di culto: dopo aver citofonato insistentemente ed avuta certezza della presenza del sacerdote, lo ha minacciato per farsi dare del denaro.

Da premettere che il prelato già da mesi subiva perduranti e reiterate richieste di soldi, anche due, tre volte a settimana, dall’odierno arrestato.

Ieri sera, di fronte ad urla e minacce, è rientrato in casa con una scusa ed ha avvisato il 113: in attesa della Polizia, il sacerdote è tornato davanti al cancello di casa e, con la speranza di interrompere la condotta violenta dell’uomo, gli ha consegnato una banconota da dieci euro. Presi i soldi, l’aggressore si è allontanato a piedi ma è stato immediatamente fermato dalla volante intervenuta.

Come detto, l’episodio di ieri sera è stato l’ultimo di una lunga serie. In una circostanza, il malvivente, non soddisfatto del poco denaro consegnatogli, aveva danneggiato le fotocellule del cancello d’ingresso alla chiesa, in un altro episodio il citofono elettronico del cancello di ingresso alla sagrestia, fino a giungere a lunedì scorso, quando si era presentato in chiesa e, senza proferire parola alcuna, aveva estratto dalla cintola dei pantaloni una pistola – risultata poi un’arma ad aria compressa – e dopo avergliela puntata al volto, prendeva il denaro che il religioso, terrorizzato, gli consegnava.

Da precisare che nelle scorse settimane, in occasione di un ennesimo episodio, il parroco era stato colto da un malore e ricoverato per giorni a causa del grave e permanente stato d’ansia cui versava. Ora il persecutore, finito in manette, è nel carcere Regina Coeli di Roma.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.
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