“Investire in educazione e salute e non nelle armi: ecco il vero progresso delle nazioni”
Nell’ultima tappa del suo Viaggio Apostolico in Mongolia, il Papa inaugura “La Casa della Misericordia”, che accoglierà clochard e le vittime di violenza domestica. Il Pontefice: “Per fare davvero del bene è indispensabile un cuore buono. Impegnarsi solo dietro remunerazione non è vero amore”
Ulaanbaatar – “Il vero progresso delle nazioni non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente”. Volge al termine il lungo weekend di Papa Francesco in Mongolia. Nell’ultima tappa del Viaggio Apostolico, Bergoglio, mentre in Italia è ancora notte fonda, si congeda dal personale e dai benefattori della Prefettura Apostolica per raggiungere (e inaugurare) “La Casa della Misericordia”.
Situata in un complesso scolastico dismesso, appartenuto un tempo alle Suore Ospedaliere di San Paolo di Chartres, nel distretto di Bayangol, nella parte centrale della città, è nata grazie all’iniziativa dei responsabili della Chiesa locale e del Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, il cardinal Giorgio Marengo, e grazie all’aiuto della direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie australiane, la Catholic Mission.
L’edificio, che si sviluppa su tre piani, più un piano seminterrato, è stato trasformato in un luogo di accoglienza temporanea per i poveri ed è stato dotato di una clinica, che risponderà ai bisogni delle persone senza fissa dimora e delle vittime di violenza domestica. La Casa potrà essere anche rifugio temporaneo per i migranti giunti in città senza quei punti di riferimento che possano fornire loro un supporto iniziale. Gli operatori della Casa della Misericordia lavoreranno a stretto contatto con le strutture sanitarie, con la polizia locale e con gli assistenti sociali presenti nel distretto.
Il Papa viene accolto dagli applausi e dai canti. Francesco ascolta poi le testimonianze dei volontari che qui svolgono il proprio lavoro. I bimbi delle scuole cattoliche danzano poi davanti al Santo Padre, che prende poi la parola: “Vi ringrazio di cuore per l’accoglienza, il canto e la danza, per le vostre parole di benvenuto e per le vostre testimonianze! Credo che si possano ben riassumere con alcune parole di Gesù: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere’ (Mt 25,35). Così il Signore ci offre il criterio per riconoscerlo, per riconoscerlo presente nel mondo e la condizione per entrare nella gioia definitiva del suo Regno al momento dell’ultimo giudizio”.
Fin dalle sue origini, ammonisce Bergoglio, “la Chiesa ha preso sul serio questa verità, dimostrando nei fatti che la dimensione caritativa fonda l’identità della Chiesa”. Una Chiesa, rimarca, “costruita su quattro colonne: comunione, liturgia, servizio e testimonianza. È meraviglioso vedere che, dopo tanti secoli, lo stesso spirito permea la Chiesa in Mongolia: nella sua piccolezza, essa vive di comunione fraterna, di preghiera, di servizio disinteressato all’umanità sofferente e di testimonianza della propria fede”.
Questa casa, sottolinea Francesco, “è un’espressione concreta di quel prendersi cura dell’altro in cui i cristiani si riconoscono; perché dove c’è accoglienza, ospitalità e apertura all’altro si respira il buon profumo di Cristo. In altre parole, questa Casa della Misericordia “si propone come punto di riferimento per una molteplicità di interventi caritativi, mani tese verso i fratelli e le sorelle che faticano a navigare tra i problemi della vita. È una sorta di porto dove attraccare, dove poter trovare ascolto e comprensione”.
Mi piace molto il nome che avete voluto darle: Casa della Misericordia. In queste due parole c’è la definizione della Chiesa, chiamata a essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, che smuove e commuove il cuore: l’amore tenero e provvidente del Padre, che ci vuole fratelli, ci vuole sorelle nella sua casa.
Francesco passa poi ad elogiare il volontariato, un servizio, cioè, “puramente gratuito e disinteressato, che le persone liberamente decidono di offrire a chi è nel bisogno: non sulla base di un compenso economico o di una qualsiasi forma di ritorno individuale, ma per puro amore al prossimo”.
E, rivolgendosi ai mongoli, aggiunge: “In questo Paese pieno di giovani dedicarsi al volontariato può essere una via di crescita personale e sociale decisiva”. Quindi, col pensiero rivolto a tutto il pianeta, tuona contro quegli Stati che puntano più a investire nelle armi che in educazione e sanità: “Il vero progresso delle nazioni non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente. Vorrei dunque incoraggiare tutti i cittadini mongoli, noti per la loro magnanimità e capacità di abnegazione, a impegnarsi nel volontariato, mettendosi a disposizione degli altri. Qui, presso la Casa della Misericordia, avete una ‘palestra’ sempre aperta dove esercitare i vostri desideri di bene e allenare il cuore”.
Infine, Bergoglio sfata alcuni “miti”. In primo luogo, quello per cui solo le persone benestanti possono impegnarsi nel volontariato: “Questa è una ‘fantasia’. La realtà dice il contrario: non è necessario essere ricchi per fare del bene, anzi quasi sempre sono le persone comuni a dedicare tempo, conoscenze e cuore per occuparsi degli altri”. Un secondo mito da sfatare è quello per cui la Chiesa cattolica fa tutto questo per proselitismo: “No, la Chiesa non va avanti per proselitismo, va avanti per attrazione. I cristiani riconoscono chi è nel bisogno e fanno il possibile per alleviarne le sofferenze perché lì vedono Gesù. Mi piace immaginare questa Casa della Misericordia come il luogo dove persone di ‘credo’ diversi, e anche non credenti, uniscono i propri sforzi a quelli dei cattolici locali per soccorrere con compassione tanti fratelli e sorelle in umanità. È questa la parola, compassione: capacità di patire con l’altro. E questo lo Stato saprà custodire e promuovere adeguatamente. Perché si realizzi questo sogno è infatti indispensabile, qui e altrove, che chi detiene la responsabilità pubblica sostenga tali iniziative umanitarie, dando prova di una sinergia virtuosa per il bene comune”. Il terzo mito da sfatare è quello secondo cui, a contare, sarebbero solo i mezzi economici, come se l’unico modo per prendersi cura dell’altro fosse l’impiego di personale stipendiato e l’investimento in grandi strutture: “Certo, la carità richiede professionalità, però le iniziative benefiche non devono diventare imprese, ma conservare la freschezza di opere di carità, dove chi è nel bisogno trova persone capaci di ascolto, capaci di compassione, al di là di qualsiasi compenso”.
“Per fare davvero del bene, ciò che è indispensabile è un cuore buono, un cuore determinato nel cercare ciò che è meglio per l’altro. Impegnarsi solo dietro remunerazione non è vero amore; solo l’amore vince l’egoismo e fa andare avanti il mondo. Per tutto il bene che avete fatto e che farete, io vi ringrazio di cuore – grazie, grazie tante! – e vi benedico. E per favore, abbiate anche la carità di pregare per me. Grazie”, conclude il Papa, invitando i presenti a pregare l’Ave Maria. E mentre i bimbi tornano a cantare, Francesco benedice la targa che dà il nome alla nuova struttura caritativa. Il tempo però è finito ed è ora di far ritorno a Roma. L’auto del Pontefice fa quindi rotta verso l’Aeroporto Internazionale Chinggis Khaan di Ulaanbaatar per la cerimonia di congedo dalla Mongolia. (foto © Vatican Media)
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