“Zia, dammi i soldi o butto giù la porta”: arrestato 33enne a Roma

15 maggio 2024 | 16:35
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“Zia, dammi i soldi o butto giù la porta”: arrestato 33enne a Roma

Una volta raggiunto dai poliziotti, l’uomo ha iniziato ad insultarli e minacciarli di morte

Roma, 15 maggio 2024 – Gli agenti della Polizia di Stato della sezione Volanti della Questura di Roma e del Commissariato Colombo hanno tratto in arresto un 33enne romano perché gravemente indiziato dei reati di estorsione, minacce e oltraggio a Pubblico Ufficiale.

Nello specifico, gli agenti, su disposizione della Sala Operativa, sono intervenuti nei pressi di un’abitazione di via Vettore Fausto dove hanno trovato la proprietaria, la quale ha raccontato che, poco prima, suo nipote si era recato a casa sua chiedendole denaro, minacciandola e dicendole che se non gli avesse dato nulla avrebbe buttato giù la porta d’ingresso.

I poliziotti, giunti sul posto, hanno udito le urla minacciose dell’uomo in strada ancora nelle vicinanze dell’abitazione che, al tentativo degli stessi di placare la sua agitazione, ha iniziato a inveire chiedendo con atteggiamento aggressivo di andare via.

Al contempo, è sopraggiunto il marito della donna il quale ha riferito che già nel pomeriggio della stessa giornata l’uomo li aveva intercettati a bordo della loro auto, in via Passino, costringendo la zia a scendere dall’autovettura tirandola per i capelli e pretendendo dei soldi. Il marito a quel punto era intervenuto consegnandogli 40 euro, consentendo così alla moglie di divincolarsi dalla violenza del nipote.
Gli agenti hanno raggiunto il 33enne, il quale ha iniziato a insultarli e a minacciarli addirittura di morte e poi lo hanno immediatamente bloccato ed accompagnato in ufficio per le attività di rito.
Terminati gli atti, per il 33enne è scattato l’arresto poiché gravemente indiziato dei reati di estorsione, minacce e oltraggio a Pubblico Ufficiale.
L’Autorità Giudiziaria, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha in seguito convalidato l’arresto.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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