Berlusconi ottimista sulla crisi parla poco del Pdl e molto dell’Italia

29 marzo 2009 | 17:51
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Berlusconi ottimista sulla crisi parla poco del Pdl e molto dell’Italia

Il Premier: ‘Possiamo, dobbiamo costruire insieme per i nostri figli un nuovo miracolo italiano’

Silvio Berlusconi vede compiersi la rivoluzione liberale avviata nel 1994, vede avanzare il progetto politico che lui stesso definisce “il berlusconismo”, indica i prossimi passaggi per il successo di tale rivoluzione ad iniziare dal cambiamento dei regolamenti parlamentari.

Il suo intervento di chiusura del primo congresso del Popolo delle libertà (Pdl), che lo aveva da poco eletto presidente, non è rivolto al partito, ma soprattutto al Paese, come costume del Cavaliere. Il discorso di questa mattina è stato l’intervento del presidente del Consiglio che assicura al Paese di essere prossimo a uscire dalla crisi economica, senza lasciare “nessuno indietro”, che indica i punti del programma già realizzati e quelli che restano per il prosieguo della legislatura.

Chi si aspettava una risposta all’intervento di ieri di Gianfranco Fini, che aveva invocato una linea del partito in materia di riforme istituzionali, è rimasto deluso. Berlusconi non gli ha risposto non perché è venuto meno al galateo politico congressuale, ma perché il suo intervento è stato su un altro livello e mai, nemmeno per un attimo, si è lasciato costringere dietro i confini di un partito, per quanto grande sia (al 44%, secondo i sondaggi di ieri sera, ha detto lo stesso Cavaliere confermando che il Pdl punta a superare il 51%).

Berlusconi ha oggi sintetizzato il percorso della sua rivoluzione liberale: “Possiamo, dobbiamo costruire insieme per i nostri figli un nuovo miracolo italiano” che ruota attorno a due valori di fondo, popolo e libertà, ha detto dal palco della nuova Fiera di Roma. “Questo è quello che gli altri chiamano il berlusconismo, questi valori sono il nostro vero berlusconismo”, ha aggiunto.

Il programma di questo berlusconismo ora prevede la riforma dei regolamenti parlamentari, poi la riforma della seconda parte della Costituzione, soprattutto per dare maggiori poteri al presidente del Consiglio. Ma questa è una riforma che, ovviamente, non può fare lo stesso capo del governo. E’ compito del Parlamento e “i nostri capigruppo stanno lavorando su una proposta e su di essa chiederanno il consenso della maggioranza [di tutta la maggioranza, compresa la Lega, dunque] e si confronteranno con l’opposizione”, ha detto Berlusconi.

Sono rimasti così isolati gli unici due interventi che si erano occupati di programma e regole del nuovo partito: l’intervento di Fini, del quale si è detto, centrato soprattutto sul programma, e quello del governatore della Lombardia Roberto Formigoni che aveva illustrato con quali regole darsi tale programma, con un peso da attribuire agli iscritti ed alle norme democratiche interne.

Fini e Formigoni sono apparsi così le due anime di un partito che non si comprende bene se esista davvero, se sia nelle intenzioni del suo fondatore e del quale comunque nessun altro ha parlato in tre giorni di dibattito nei quali si è finito per parlare di tutto tranne che del partito. E’ evidente che nel programma del “berlusconismo” questo appare uno dei contenuti della “rivoluzione liberale”: un modo diverso e del tutto nuovo di fare politica, plebiscitario e che si rivolge direttamente al popolo, popolo interpretato autorevolmente e in forma carismatica dal leader.

E’ apparso dunque più in linea con questo progetto l’altro leader di statura nazionale che è salito in questi giorni sul palco del Pdl: il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Inutile rintracciare linee politiche o contenuti classici da congresso di partito nel suo intervento.

Berlusconi ha detto che il Pdl “sopravviverà ai suoi fondatori”: è stato l’unico momento in cui lo spettro della successione al Cavaliere si è palesato, seppure restando in penombra, sul palco del congresso. Ma non pare un tema dell’oggi e del domani prossimo. E non è detto che sia nemmeno un tema ristretto ai nomi citati in queste righe.
(Reuters)

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