Sforza Cesarini, ecco tutta la storia del Centro benessere

16 maggio 2012 | 04:38
Share0
Sforza Cesarini, ecco tutta la storia del Centro benessere

I documenti, le difficoltà, le polemiche, le autorizzazioni. Ventisette anni di progetti, burocrazia e nemmeno un metro cubo di nuove edificazioni

Il Faro on line – Altro che blitz fatto in poche settimane, ma un iter burocratico durato complessivamente 27 anni. Dietro al “caso” del momento, nato da un articolo uscito su Repubblica nel quale si parlava di “business d’oro”, di “casali trasformati”, di “quattro piscine” e di “sfregio alle regole”, ci sono anni e anni di documenti, di permessi, di sopralluoghi, di verifiche, di sentenze. Che cercheremo di mettere in fila, dando ai lettori del Faro gli strumenti per farsi un’idea propria. Quelle tenute, per chi è di Fiumicino, sono più che un luogo geografico. La famiglia Sforza Cesarini per anni ha continuato a curare le proprie terre con una passione e una dedizione che va al di là del mero calcolo economico, spesso messo da parte in favore di una conservazione dei luoghi che rivela quanto la “terra” – intesa come “humus” – rappresenti l’essenza stessa della forza e della longevità del blasone. Logico quindi da parte nostra chiedere agli stessi Sforza Cesarini di poter verificare di persona come stessero le cose. Giornalisticamente parlando, un “no” sarebbe stata già una notizia e, forse, una possibile ammissione di colpa. Invece i cancelli della tenuta si sono spalancati alla nostra richiesta, e l’incontro è stato corredato da atti formali, planimetrie e copia di verbali, autorizzazioni e sentenze.

Riportiamo qui la storia così come l’abbiamo verificata sul campo, consci che un giornale territoriale come Il Faro on line abbia il dovere di approfondire temi che testate ben più importanti di noi lanciano – a volte in maniera scandalistica – ritenendoli importanti ma poi abbandonano travolti dal “quotidiano”. Per noi, al contrario, è proprio l’approfondimento, la conoscenza diretta, la verifica sui luoghi, la parte che può fare la differenza. Informazioni che a nostra volta “giriamo” ai lettori, a chi sul territorio vive ed opera, sia a livello sociale sia a livello politico, affinché possa farsi un proprio convincimento.

I casali

Ecco dunque quanto abbiamo appurato. Sono due i punti in discussione in questa vicenda: i casali e le piscine. Partiamo dai primi. Nel 1985 fu fatta la prima domanda di condono edilizio per cambio di destinazione d’uso. “Quei tre fabbricati – ci spiega direttamente Muzio Sforza Cesarinierano aziendali, cioè utilizzati per le esigenze della gestione delle tenute. Uno veniva chiamato “il casermone” (dove si mangiava, ci si riposava e comunque si transitava), l’altro “i cocci” (dal nome, o meglio dal cognome del primo falegname che vi lavorò e che veniva utilizzato anche come magazzino) e il terzo era adibito ad “uffici”. Dunque edifici rurali che avevano come destinazione sostanzialmente quella di ospitare esseri umani; ben lontana da un centro benessere, ovviamente, ma comunque di servizio per attività quotidiane. Quei casali sono ancora oggi com’erano allora, senza ampliamenti o nuove costruzioni di sorta, né sopraelevazioni. L’interno – l’abbiamo verificato – è stato sistemato: nuovi pavimenti, nuovi impianti elettrici, ecc., ma lo “spirito” del casale è tale e quale quello di tanti anni fa.
Nel 1992 fu presentato alla Regione un progetto – poi approvato – di riqualificazione ambientale e paesaggistico che prevedeva il miglioramento delle strade (rigorosamente sterrate ancora oggi) la piantumazione di centinaia di alberi e altri interventi per esaltare la vocazione turistico-ricettiva del posto. Niente costruzioni nuove, però, di alcun tipo.
Nel 1994, con la seconda legge sul condono, l’iter per il cambio di destinazione d’uso da agricolo a ricettivo fu completato. Il sito era pronto per aprirsi al pubblico ed offrire ospitalità, utilizzando costruzioni già esistenti riadattate, ma la sovrintendente Gallina Zevi bloccò tutto con la motivazioni che alcuni lavori erano stati eseguiti abusivamente.

Qui va fatto un inciso: senza entrare nel merito del tipo d’intervento fatto, è però surreale che un’autorizzazione venga negata dopo un condono con la motivazione che alcuni lavori erano stati fatti senza autorizzazione, dato che  la richiesta di sanatoria si fa proprio per quello. E’ uno strumento di legge che, a torto o a ragione, permetteva proprio di sanare situazioni inizialmente non regolari (e Fiumicino è piena di situazioni simili). 

Fatto sta che la Soprintendenza nega comunque il parere positivo e trasmette gli atti al Tribunale segnalando abusi. Il Tribunale, di conseguenza e come atto inevitabile, sequestra tutto. Nel frattempo anche  il lago veniva espropriato. Durante tutto questo periodo si consuma una guerra di corsi e ricorsi che si conclude a favore degli Sforza Cesarini che, leggi alla mano, ottengono dal Consiglio di Stato l’annullamento dell’esproprio e lo sblocco della pratica di condono. “A questo proposito – spiega ancora Muzio Sforza Cesarini – c’è un giudizio pendente contro lo Stato, una causa per i danni provocati da uno stop immotivato che ha bloccato tutto per circa 10 anni”.
A maggio del 2008 arriva il definito parere favorevole con la contestuale rinuncia da parte della Soprintendenza a proseguire il contenzioso davanti al Consiglio di Stato. Sei mesi dopo, effettuate ulteriori verifiche di legge, il Comune di Fiumicino firma la concessione.

Le vasche

Nel febbraio 2010 arriviamo alla seconda parte del “caso” sollevato in questi giorni dalle cronache nazionali: le piscine. In quel periodo infatti si parlò di realizzare percorsi attrezzati al benessere, comprendenti le cosiddette vasche sensoriali (identificate nel rendering in foto da frecce di colore giallo/arancione all’interno del cerchio); niente a che vedere con l’idea di piscine olimpioniche per nuotatori provetti né con quelle delle star di Hollywood con tanto di trampolino su un cuore d’acqua profondo 5 metri, ma 4 vasche idromassaggio di 3 metri per 3, più una lunga 18 metri ma alta circa 80 centimetri, destinata a effettuare camminate con le gambe immerse nel massaggio naturale dell’acqua. Tant’è. Queste sono le “piscine”, peraltro ancora non realizzate (per ora esistono solo gli scavi, nemmeno tutti aperti). In questo caso si è parlato di “scandalo” per il silenzio-assenso del Ministero che ha portato alla concessione del Comune. Va detto che non solo al Ministero sono stati trasmessi tutti gli atti, ma che i membri della Commissione competente hanno anche effettuato un sopralluogo. Se avessero riscontrato evidenti forzature sarebbero intervenuti, e comunque la legge sul silenzio-assenso è stata fatta proprio per non tenere “ingessati” gli imprenditori rispetto alle lungaggini della burocrazia.
Ad aprile 2011 dunque arriva la definitiva autorizzazione paesaggistica e a fine agosto 2011 il permesso di costruire le vasche e le tettoie per proteggersi dal sole (evidenziate nel rendering con le frecce in rosso). Quest’ultime sono fatte in legno, appoggiate su basi che non necessitano di fondamenta e non sono opere in muratura. Fin qui i fatti.

Sembra un po’ una forzatura definire “uno scempio” l’utilizzo di casali esistenti, fatto senza alcun ampliamento di cubature, senza alcuno stravolgimento architettonico, seguendo l’iter amministrativo di legge, rispettando i tempi imposti dalle verifiche (anche per decenni) e i divieti; ma ovviamente ognuno è libero di pensarla come vuole. Certo è che – anche a livello più generale – alzare il muro dei “no” ogni qualvolta un’attività imprenditoriale si affaccia a proporre un nuovo progetto non è un esercizio che aiuta lo sviluppo di un Paese. E, nel caso specifico, il centro benessere di futura possibile realizzazione porterà da qui a un anno – quando probabilmente sarà pronto per l’inaugurazione – 80 posti di lavoro immediati (reception, manutenzione, servizi, cucine, ecc.) più l’indotto; e c’è da credere che Sforza Cesarini il personale lo prenderà a Fiumicino, purché qualificato. Potrà essere il primo passo per inserire finalmente Fiumicino in un circuito turistico utile a valorizzare anche le vestigia esistenti ma mai sfruttate a dovere, e muovere un’economia turistica della quale si è sempre parlato, ma solo per “invocarla” quasi fosse un fantasma intangibile. E tutto ciò – diciamolo – senza bisogno di promettere “a scomputo” svincoli autostradali, nuova viabilità e parcheggi ed improbabili polmoni verdi a servizio di quartieri che restano agglomerati di cemento come è accaduto per altre iniziative sul territorio che hanno visto approvazioni bipartisan.
Angelo Perfetti