Separazione coniugi:tra il 2008 ed il 2011 in 106 famiglie romane il figlio ha rifiutato il genitore

11 dicembre 2012 | 16:34
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Separazione coniugi:tra il 2008 ed il 2011 in 106 famiglie romane il figlio ha rifiutato il genitore

Il Garante dell’Infanzia e dell’adolescenza della Regione Lazio Francesco Alvaro ha presentato i risultati di un’indagine segnalate ai Servizi sociali e all’Autorità Giudiziaria di Roma

Il Faro on line – Più di 100 famiglie romane (tra quelle reclutate nel campione soggetto alla ricerca), nel triennio 2008/2011, sono state interessate da situazioni di separazioni o divorzi (legali o di fatto) in cui l’alta conflittualità tra coniugi ha determinato il rifiuto del genitore da parte del figlio. Ad essere rifiutati risultano soprattutto i genitori di nazionalità italiana e, nella maggioranza dei casi, i padri. Complessivamente sono stati coinvolti 158 minori, per lo più figli unici. Sono questi alcuni dei dati contenuti nell’indagine conoscitiva “Prevenire e curare la rottura delle relazioni genitoriali” condotta dal Garante dell’Infanzia e dell’adolescenza della Regione Lazio Francesco Alvaro, con la collaborazione della professoressa Marisa Malagoli Togliatti e della dottoressa Anna Lubrano Lavadera della Sapienza – Università di Roma. La ricerca (estratto dal Report annuale del Garante di prossima pubblicazione) ha preso in esame le situazioni di rifiuto segnalate ai Servizi sociali di 7 Municipi romani (IV, VI, IX, XII, XIII, XV) con l’obiettivo di individuare le caratteristiche socio-demografiche delle famiglie interessate. Contemporaneamente, grazie alla collaborazione con Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni, sono stati analizzati percorsi giudiziari, interventi prescritti dal Giudice nel corso del procedimento e dopo l’adozione del decreto.

Con riferimento a questi ultimi, in particolare, la strada seguita è soprattutto quella del monitoraggio da parte dei Servizi (prescritto quasi nel 74% dei casi) e del ricorso allo ‘spazio neutro’ (circa nel 55% dei casi), ovvero ad un luogo ‘altro’ rispetto a quelli familiari in cui far incontrare il genitore ed il figlio con il supporto di professionisti (psicologi, assistenti sociali, educatori). I dati della ricerca e, più in generale, il tema degli effetti che situazioni di alta conflittualità tra coniugi producono sullo sviluppo e sulla crescita dei figli, sono al centro del Convegno “Prevenire e curare la rottura delle relazioni genitoriali: verso percorsi di sostegno alle famiglie in difficoltà” ospitato dal Tribunale per i Minorenni di Roma.  A discuterne, assieme al Garante dell’Infanzia ed alle curatrici della ricerca, magistrati ed avvocati esperti nella materia del diritto di famiglia.

“Il tema della conflittualità genitoriale è quanto di più indicativo per la comprensione delle diagnosi e dei trattamenti di minori raggiunti dagli interventi della magistratura minorile – sottolinea il Garante dell’Infanzia Franco Alvaro – Il contenzioso che spesso si protrae per moltissimo tempo mette in crisi tutto l’insieme delle risposte possibili da parte dei servizi territoriali, con esiti che a volte vedono i soggetti minori avviati ai servizi di accoglienza presso le case famiglia. Scaturisce dalla ricerca una necessità di monitoraggio molto più attiva e diffusa sul territorio, unitamente ad un problema di formazione molto più specifica e mirata: se si pensa a quante figure professionali ruotano attorno alla figura del minore coinvolto da situazione di conflittualità da genitori, si evidenzia la necessità di una omologazione di linguaggi e di obiettivi. Disperdersi in una ridda di ipotesi di intervento tra loro contrastanti è quanto di più sconcertante si possa registrare in situazione di questa natura. Le istituzioni, nel loro insieme, dovranno pervenire, senza compartimenti stagni, ad una gestione unitaria e condivisa delle modalità di intervento unitamente, laddove possibile, a modalità di ascolto del diretto interessato: il soggetto minore.”

“Le situazioni critiche esaminate nello Studio – aggiunge la professoressa Malagoli Togliatti – ci permettono di ipotizzare che più che dalla patologia di un unico componente della famiglia sono caratterizzate dalla sofferenza di tutti i membri della famiglia e da un disturbo delle relazioni familiari. Gli interventi devono quindi tener conto e della sofferenza individuale di tutti, e del disagio interpersonale derivante dall’incastro relazionale disfunzionale che non è stato risolto con la separazione. Altro elemento propositivo è quello arrivare ad un maggiore coordinamento tra gli interventi della magistratura, dei Servizi e dei professionisti coinvolti”.