Geyser a Fiumicino, ecco tutta la verità scientifica e come finirà il caso

Domande e risposte sul fenomeno che ha catalizzato l’attenzione nelle ultime settimane
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Il Faro on line – Sui geyser a Fiumicino se ne sono dette e scritte tante. La vox populi attribuiva ai sedimenti dell’epoca romana, visto che Fiumicino è zona di porti, e al loro progressivo scomporsi, la formazione di sacche di gas. Ipotesi romantica, per altri episodi corretta, ma non in questo caso. Quella dove si sono conficcate sia le sonde di Coccia di Morto sia i puntali in mare per i sondaggi del nuovo porto, non è una sacca ma altro. Chi, ridendo e scherzando, ha parlato di vulcani a Fiumicino (persino Striscia la Notizia ha presentato così il problema) c’è andato più vicino di quanto non immagini. A dirlo è l’ultima relazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, chiamato in causa dall’Autorità Portuale dopo il verificarsi della “bolla” in mare; una collaborazione che, vista l’importanza del nuovo progetto di Porto, è diventata strutturale e continuativa, in modo da seguire passo dopo passo l’intro iter tecnico per la nuova opera portuale.
Per gli appassionati dell’argomento, e più in generale – com’è ormai costume del Faro on line – a beneficio di tutti i cittadini, pubblichiamo in Pdf l’intero ultimo rapporto dell’Invg, così da dare in mano ad ogni singola famiglia la relazione finale su uno degli episodi che più hanno catalizzato l’attenzione della gente. In queste righe, però, proveremo a spiegare in termini semplici (con la formula delle domande e delle risposte) cosa sia accaduto, quali sono le differenze tra i vari geyser, quali le soluzioni e se siano o meno pericolosi (c’è chi in questi giorni ha addirittura parlato di “Piano di evacuazione pronto”…).
E’ stata trovata una sacca di gas?
No. Il gas fuoriuscito sia dal terreno sia dal fondo marino è composto non solo da anidride carbonica ma anche da parti di elio. Cosa vuol dire questo? Che non si tratta di una singola sacca, per quanto grande, ma di un collegamento diretto che le zone più profonde del sottosuolo, quelle che vanno oltre i trenta metri di profondità e si posizionano sotto lo strato di argilla sul quale è poggiato l’intero territorio.
Che vuol dire collegamento diretto con le zone più profonde?
L’intera area che dai castelli romani scende vero il mare è di origine vulcanica. Vulcani spenti, certo, ma comunque collegati con il magma presente nelle viscere della terra. I gas sprigionati da quel magma vanno a penetrare gli interstizi che le rocce e lo strato sabbioso esistente sottoterra lasciano liberi. Spazi infinitesimali, che però nei decenni si comprimono verso il “tappo” di argilla e che comunque vengono costantemente alimentati dalle viscere della Terra.
E cosa c’entra con il geyser che vediamo a livello stradale?
Noi siamo a livello stradale, ma le trivelle utilizzate per i sondaggi sono arrivate oltre i famosi trenta metri dove c’è lo strato di argilla. Una volta rotto quello, il gas ha trovato una nuova via per sfogare la propria spinta, ed è risalito fino in superficie.
Che differenza c’è tra quelli a terra e quello in mare?
Sul tipo di fenomeno, nessuna. Sono entrambi sfoghi vero l’alto dei gas compressi sotto il livello di argilla. Solo che in mare è stata usata una sonda penetrante, dunque una specie di grande ago per le punture che una volta tolto ha lasciato un buchetto di pochi centimetri, collassato con la pressione dell’acqua una volta che la spinta dal basso è calata di intensità e pressione. Sulla terra, invece, sono state usate delle trivelle, che hanno provocato un vero e proprio corridoio, un tubo verso l’alto. In questo caso il collasso naturale è impossibile.
Si esaurirà il geyser?
Improbabile. Come detto, non stiamo parlando di una sacca ma di un collegamento con una parte del sottosuolo alimentato costantemente dai gas del magma. Potrà calare di intensità, al diminuire della pressione, ma non esaurirsi.
Eppure uno si è chiuso…
Per un tratto di terreno chiuso, è aumentato il flusso verso l’altro buco aperto. Sono vasi comunicanti, se ne chiudi uno da un parte il gas si dirige tutto dall’altra.
Cosa si dovrà fare adesso?
In mare nulla. Il foro si è richiuso avendo provocato per qualche giorno solo un aumento dell’acidità dell’acqua nel perimetro circostante la bolla. A terra bisognerà intervenire con un altro canaletto da scavare in diagonale fino ad arrivare in prossimità del buco fatto dalla trivella e “spararci” dentro cemento e altro materiale che, a pressione, provochi la chiusura del buco. Né più né meno di una toppa ad una foratura di una gomma.
E’ pericoloso per la collettività?
Se qualcuno decidesse di approfittare della bolla calda per farci i fumenti contro il raffreddore… sì. Ma l’emissione di anidride carbonica è ampiamente dispersa nell’aria circostante, dove casomai sono gli idrocarburi degli aerei in partenza a dover preoccupare, più che la Co2 della bolla.
Angelo Perfetti