Va di moda ingrandire il pene. Ma “a riposo”

30 aprile 2014 | 23:40
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Va di moda ingrandire il pene. Ma “a riposo”

Il Faro on line – Nell’ambito dell’andrologia il pene è l’organo che più spesso viene sottoposto a intervento. E, parlando di chirurgia estetica del pene, la richiesta in assoluto più frequente da parte dei pazienti è sempre la stessa: aumentare le dimensioni. Quello che stupisce, però, è che aspingere gli uomini a rivolgersi al chirurgo estetico, per cercare di conquistare qualche centimetro in più, sia la cosiddetta ‘sindrome da spogliatoio’. Legata al timore del confronto con i propri amici piuttosto che ad una reale difficoltà, per esempio, a penetrare la partner. La maggior parte delle richieste vanno cosi’ nella direzione di un intervento chirurgico teso all’allungamento o ingrandimento del pene in ‘posizione di riposo’, cioè non in erezione. Ma per saperne di piu’ la Dire ha intervistato Giorgio Franco, presidente Sia (Società italiana di Andrologia).

– Falloplastica e dimensioni del pene: qual e’ la misura a cui sitende?“La risposta e’ abbastanza ovvia: la misura a cui si tende è sempre una misura ‘oversize’. D’altronde nell’immaginario collettivo, com’è noto, più grosso è, e meglio è! La tendenza alla richiesta viene spesso da soggetti che in effetti hanno delle dimensioni ai limiti inferiori della norma, anche se in realtà buona parte dei pazienti si rivolge al chirurgo perché affetta da ‘dismorfofobia’, ovvero da un problema psicologico per cui non si è contenti dell’aspetto o delle dimensioni di alcune parti del proprio corpo.
Tornando alle misure, non c’è una richiesta in particolare, purché venga incrementata”.

– Che cos’e’ la ‘sindrome da spogliatoio’? “Molto spesso gli uomini si confrontano con gli amici sotto la doccia e ritengono di avere un pene sottodimensionato; è per questo, allora, che si rivolgono all’andrologo, per cercare unrimedio per aumentare le dimensioni. A tale riguardo bisogna sottolineare una cosa: la maggior parte dei pazienti, proprio perché affetta dalla ‘sindrome da spogliatoio’, richiede un allungamento o ingrandimento del pene in ‘posizione di riposo’ e non in erezione. Quella che sembra essere la preoccupazione maggiore per gli uomini, dunque, è semplicemente fare ‘bella figura’ di fronte ad altri uomini. Nulla a che vedere insomma con un discorso più funzionale, di difficoltà legata magari all’ambito del rapporto sessuale”.

– C’è differenza tra i due interventi? “Sono completamente diversi: nel caso di un ingrandimento delle dimensioni del pene a riposo l’intervento è relativamente più facile e meno invasivo; nel caso invece di un aumento delle dimensioni del pene in erezione, l’intervento è più complesso e demolitivo perché si va ad agire sul tessuto cavernoso, che è addetto all’erezione, con un rischio di disfunzione erettile. Perquesto motivo la richiesta di ingrandimento in erezione è spesso associata anche al posizionamento di una protesi peniena, che possa garantire appunto l’erezione”.

– Quanto deve misurare in media un pene? “Questo e’ un discorso geografico. Parlando di razza caucasica, nello specifico di bianco italiano, ci sono diversi studi che parlano di una dimensione media del pene a riposo intorno ai 9 centimetri. Mentre per il pene in erezione, che di solito viene misurato facendo uno stretching dello stesso, in questo caso la media si aggira intorno ai 12-13 centimetri. Ovviamente ci sono poi le deviazioni standard, uno strumento che noi usiamo molto per rassicurare i pazienti quando gli misuriamo il pene in ambulatorio, facendogli vedere come nell’ambito del grafico della popolazione italiana rientrino perfettamente nella norma. Diciamo che in linea di massima i casi che richiederebbero un intervento di ingrandimento del pene, perché le dimensioni sono in effetti sotto due deviazioni standard, sono molto, molto pochi”.

– Quando si deve intervenire chirurgicamente? “Il paziente che deve sottoporsi a intervento è quello che ha problemi funzionali e non riesce a penetrare la partner. Questo succede più facilmente nei soggetti obesi che abbiano un pannicolo adiposo addominale molto pronunciato. In questo caso spesso il pene c’è, ed è anche di dimensioni giuste, ma è in qualche modo affondato nel grasso pubico e quindi non esce molto fuori. È chiaro che a questi pazienti il consiglio migliore che si può dare è di dimagrire, perché già quello basterebbe. In altri casi si fanno interventi di liposuzione oppure di chirurgia plastica per cercare di allungare la parte che sporge del pene,andando a togliere un po’ di grasso”.

– Esiste il rischio di infezioni? “Qui entriamo in un campo minato. Intanto esiste una differenza enorme tra chirurgia plastica per il sesso femminile, che per lo più porta a risultati esteticamente ottimali, e chirurgia plastica per il sesso maschile. In quest’ultimo caso, specialmente quando si tratta di andare a ingrandire un organo così complesso come il pene, i risultati non sono sempre così buoni. Alcune volte c’è il rischio di avere un effetto estetico quasi peggiore della situazione di partenza, senza contare che l’utilizzo di sostanze iniettabili può portare a rigetti e infezioni anche gravi, che possono causare persino delle necrosi. Insomma, i rischi non sono pochi e un buon esito non è poi così garantito. Motivo per il quale buona parte degli andrologi, salvo ovviamente i casi che necessitano, sconsigliano questo tipo di intervento”.

– L’insicurezza dell’uomo a volte sembra essere sfruttata dalmercato della chirurgia estetica… Qual è il suo parere? “Fatto salvo che la maggior parte dei casi secondo me non dovrebbe essere operata, e che per lo più le richieste dei pazienti sono ingiustificate, ritengo che in Italia, così come in altri paesi, ci sia un fortissimo retaggio culturale, talvolta sfruttato dal mercato, riguardo alle dimensioni del pene e soprattutto all’accettazione del sesso femminile per il pene di maggiori o minori dimensioni. In realtà anche su questo argomento ci sono studi scientifici abbastanza interessanti, che dimostrano il contrario: l’80% delle donne ritiene che la lunghezza del pene non abbia importanza, mentre solo il 20% che l’abbia; il 70% che il calibro del pene non abbia importanza, mentre il 30% che l’abbia. Insomma, i dati parlano abbastanza chiaro: le donne non sono per lo più interessate alle dimensioni del pene”.

– Un’ultima domanda sui transgender: troppo spesso nel nostro Paese chi deve cambiar sesso affronta un’odissea anche in sala operatoria. Tanto che un gruppo di pazienti ha fatto causa al Sistema sanitario nazionale… Cosa ne pensa? “Non sono affatto d’accordo. Mi spiego: è vero che l’Italia è arrivata a questo tipo di interventi un po’ dopo rispetto ad altre nazioni, ma nel nostro Paese ci sono ormai sei o sette città con centri specializzati che li fanno di routine con ottimi risultati. Detto questo, esiste una differenza notevole tra la conversione androginoide, cioè da uomo a donna, rispetto a quella ginoandroide, cioè da donna a uomo. È chiaro che l’intervento da donna a uomo ha un risultato estetico più difficile: si tratta infatti di costruire un pene nuovori cavandolo da un lembo addominale o dell’avambraccio, che chiaramente non può avere una funzione, quindi bisognerà impiantare anche una protesi al suo interno. Per quanto riguarda l’androginoide, invece, devo dire che i risultati sono molto buoni e in alcuni casi c’è persino una certa difficoltà a riconoscere che sono stati operati. Quanto al gruppo di pazienti che mi citava, può essere che abbiano incontrato delle difficoltà, ma come d’altronde può accadere per tanti interventi di altro tipo in Italia. Certo, cambiare sesso non è un gioco da ragazzi, e posso immaginare che ci siano problemi dal punto di vista burocratico, legale, psicologico e di liste d’attesa che rallentano il processo, con una certa difficoltà del sistema sanitario nazionale a far fronte a tutte queste richieste”.
(Agenzia Dire)