Federlazio: ancora incertezza per l’economia del territorio

23 settembre 2014 | 15:08
Share0
Federlazio: ancora incertezza per l’economia del territorio

Riguardo le previsioni sull’occupazione per il II semestre 2014, purtroppo il saldo atteso peggiora di 3 punti passando da -14 a -17

Il Faro on line – La Federlazio ha realizzato la consueta indagine congiunturale sullo stato di salute delle piccole e medie imprese del Lazio, effettuata su un campione di 350 imprese associate, sia manifatturiere che dei servizi. Lo studio ha riguardato il semestre gennaio-giugno 2014. L’indagine è stata presentata oggi presso la sede dell’Associazione dal Presidente della Federlazio Silvio Rossignoli. All’incontro sono intervenuti, tra gli altri, il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e l’Assessore regionale allo Sviluppo Economico e Attività produttive Guido Fabiani.Nel corso del primo semestre 2014 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordinativi ricevuti dal mercato nazionale resta negativo ma si attenua nell’intensità, recuperando circa 9 punti rispetto alla seconda parte del 2013, passando da -35 a -24. Stesso andamento anche per gli ordinativi dall’estero, in particolare per il mercato UE che segna un miglioramento di 23 punti, passando da +4 a +27 (extra UE da +15 a +17).

Per quanto riguarda il fatturato, nel I semestre 2014 il saldo di opinioni registrato sul mercato domestico, pur restando di segno negativo, si attenua di circa 8 punti passando da -32 a -24. Più evidente il miglioramento sul mercato estero, in particolare per quello UE che è passato da segno negativo a positivo guadagnando 30 punti (da -6 a +24). Migliorata comunque anche la situazione sul mercato extra UE (da 0 a +23). Quanto alla produzione, il saldo di opinioni, pur restando negativo, migliora anch’esso passando da -30 a -19. Alla richiesta di indicare la presenza o meno di investimenti, il 29,8% delle imprese ha dichiarato di averne effettuati nel I semestre 2014, percentuale in aumento rispetto al semestre precedente (24,8%).

Sul fronte dell’occupazione, nel I semestre la percentuale di imprese che l’hanno aumentata passa dal 4,3% al 12,4%, mentre si contrae la percentuale delle imprese che ha dichiarato di aver ridotto gli organici (dal 23,5% al 18,2%). L’indagine Federlazio ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, i saldi di opinione mostrano un certo miglioramento, al meno per quanto riguardo il mercato nazionale (da -10 a -2) e quello UE (da +14 a +21). Andamento opposto, invece, per le previsioni sugli ordini dal mercato extra UE: il saldo scende di 34 punti passando da +46 a +12. Riguardo le previsioni sull’occupazione per il II semestre 2014, purtroppo il saldo atteso peggiora di 3 punti passando da -14 a -17.

Anche la percentuale di imprese che ha manifestato intenzione di fare investimenti nella seconda parte del 2014 è ora pari al 24,2%, in calo dal precedente 28,2%. Tra le principali problematiche segnalate dagli imprenditori al primo posto rimane il “ritardo dei pagamenti da parte dei clienti privati” (segnalato dal 28,7% degli intervistati), in calo rispetto al semestre precedente (32,2%). Stessa situazione per quanto riguarda la “insufficienza della domanda” che passa dal 28,8% all’attuale 27,8%. Il “ritardo dei pagamenti della PA” passa dal 13 al 15,2%. Segue la “mancata concessione del credito bancario” e l’impossibilità di partecipare agli appalti”, entrambi indicati dal 7,6% delle imprese.

Riguardo invece un giudizio su come stia evolvendo la crisi, dalle risposte continua a prevalere il pessimismo delle imprese. C’è tuttavia da sottolineare che la percentuale delle imprese che hanno dichiarato per l’appunto che “al momento non si intravede alcuna via di uscita” è in discreta attenuazione: dal 61,5% rilevato sei mesi fa al 55,6% di questa prima parte del 2014. In linea con la percentuale di quelle che hanno affermato che “il peggio deve ancora venire”, che scende al 9,7% dall’11,1% di sei mesi fa. Di conseguenza aumenta la percentuale di imprese tendenzialmente più ottimiste per le quali “si incomincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel”: dal 27,4% del secondo semestre 2013 si passa infatti al 30,6% del primo semestre 2014.

Le imprese che ritengono di correre seri rischi di chiusura entro i prossimi sei mesi diminuiscono rispetto al semestre scorso (16,3% contro 18,8%), parimenti quelle che hanno risposto negativamente sono passate dall’81,7% alll’83,7%. Riguardo quali azioni le imprese intendano porre in essere al proprio interno per contrastare la crisi, al primo posto le imprese hanno indicato il “taglio dei costi di gestione” (dal 25 al 23,8%), mentre è la “creazione di nuovi prodotti e servizi” una delle azioni in crescita, dal 16,1% al 20,8%. La percentuale di imprese che ha indicato nella “riduzione del personale” lo strumento atto a contrastare la crisi scende dal 9,7% all’8,8%. Infine, alle imprese del campione è stato chiesto esplicitamente di indicare quale azione il Governo regionale dovrebbe mettere al primo posto per uscire dalla crisi. Anche per questo semestre al primo posto viene indicata nettamente la “riduzione delle tasse su impresa e lavoro” con il 64% (era 70,9% sei mesi fa). Quindi, di fronte ad una percentuale tanto alta, le altre azioni (eliminare sprechi PA: 7,2%; agevolare credito: 7,2%; semplificare burocrazia PA: 5,6%; ecc.) sembrano quasi irrilevanti.

In conclusione, se da un lato possiamo affermare, con un grado ragionevole di sicurezza, che si è arrestata la corsa verso il basso della nostra economia ed anzi una prima inversione di tendenza sembrerebbe ormai essersi affacciata, dall’altro continuiamo a rilevare che i cambiamenti di segno non sono mai tali da poterci considerare fuori pericolo e il baratro della crisi sembra sempre lì pronto a riassorbirci da un momento all’altro. In altre parole, il nostro tessuto produttivo è come se fosse colto nell’atto di risalire la china, ma lo facesse privo dell’attrezzatura tecnica adeguata. Questo lo condanna ad un incedere lento, incerto, contradditorio, dove il rischio di mancare un appiglio e di precipitare nuovamente verso il basso è costantemente presente e mai definitivamente scongiurato. Per uscire da questa situazione di prevalente incertezza alle nostre imprese dobbiamo chiedere principalmente due cose: riorganizzazione e innovazione. Se noi imprenditori sapremo fare questo, allora potremo chiedere con forza e credibilità alla politica e alle istituzioni di svolgere con rigore, responsabilità e competenza il compito loro assegnato.