La dignità calpestata dei lavoratori Alitalia

10 novembre 2014 | 04:00
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La dignità calpestata dei lavoratori Alitalia

Quando c’è da sporcarsi le mani l”uomo affida sempre più alle macchine il compito di far male. E gli enti locali al massimo esprimono solidarietà

Il Faro on line (Appunti di viaggio) – Il lavoro nobilita l’uomo; va da sé che la mancanza dello stesso lo annichilisca, mettendone a dura prova non solo la sopravvivenza fisica ma ancor più la tenuta psicologica. La perdita del posto di lavoro è di per sé uno degli eventi più traumatici per un essere umano – lutti a parte -. Sarebbe quindi opportuno usare nel dare la notizia tutto il tatto possibile, le cautele psicologiche, l’umana pietà. Invece a molti lavoratori Alitalia è toccato accorgersi di essere licenziati passando il badge e scoprendo che era stato disattivato. Da un giorno all’altro sei fuori, diventi “altro”, sei nulla. 

Non c’è da meravigliarsi se ci sono state scene di isteria, qualche svenimento e una sequela irripetibile di improperi. Ciò che è stata colpita è la dignità stessa della persona, prima ancora che del lavoratore. E questa commissione di killeraggio è stata affidata a una macchina; anche questo è un segno dei tempi, e la dice lunga di come la spersonalizzazione del mondo dell’informatica stia minando le basi stesse della convivenza, che partono dal rispetto dell’altro.

Non sono certo contro la tecnologia, visto che lavoro su un mezzo che ne fa pane quotidiano, ma sono spaventato dal modo che si ha di abdicare ai rapporti umani delegando alle macchine i compiti difficili, gli affari sporchi. Si licenzia con un badge, ci si lascia con un sms, si litiga tramite social network, si multa con una fotocamera. Come sempre non è il mezzo in sé il pericolo, ma come viene usato.

Tornando alla vicenda Alitalia, altra cosa che era impossibile non notare è stata la sequela di comunicati di solidarietà che i politici di ogni colore e dimensione hanno profuso verso gli espulsi. Ma dalla politica (e dai politici) non occorre la solidarietà, con la quale è assai difficile pagare una bolletta o fare la spesa, ma azioni concrete per risolvere i problemi. 

Non siamo sprovveduti: sappiamo bene che gli enti locali non possono fare più di tanto contro multinazionali, governi e colossi finanziari, ma due cose potrebbero comunque essere suggerite:1) stando così le cose, evitare di fare proclami in campagna elettorale di cose che poi non si è in grado di mantenere. Vale solo la pena accennare ai 4500 posti a disposizione nel Comune di Fiumicino per i cassintegrati. Se prima erano utili ora sarebbero indispensabili, ma dove sono?!2) Non potendo agire sui grandi numeri, iniziare da quelli più piccoli. Niente convocazioni di tavoli di confronto nei quali non si ha alcun peso specifico, ma un monitoraggio serio delle difficoltà e delle esigenze del proprio territorio. Esempio: delle migliaia di persone che saranno espulse dal processo produttivo quante abitano realmente a Fiumicino? Quante a Ostia? Quante hanno famiglia? Quante hanno disabili in casa? Ecco, questo un Comune o un ente locale lo può (deve) fare: monitorare e fare un’analisi delle esigenze. Con queste in mano si può andare a trattare non per bloccare l’inevitabile, ma per provare a tutelare i propri cittadini fin dove è possibile.

Concludo questa riflessione con un conto, amaro purtroppo: tutti coloro che nel 2008 hanno subito più o meno la stessa sorte sono stati praticamente abbandonati; le promesse di reinserimento e riqualificazione professionale sono state quasi tutte disattese, e nel 2015 per loro scadrà anche la mobilità. Col risultato di aggiungere disoccupazione alla disoccupazione; i primi a doversi far carico di questa realtà sono proprio gli amministratori locali.
Angelo Perfetti