E’ come un cancro, che si ripresenta sempre in un’altra forma. Ma così la città finirà per morire
Il Faro on line (Appunti di viaggio) – L’estate è passata con suo carico di distrazione, abbronzature e mojito. Nel frattempo però, l’ennesimo vincolo si è abbattuto sul territorio, minacciando giorni bui per un possibile sviluppo, anche forse solo per un auspicabile adeguamento dell’esistente. Questa storia dei vincoli è come un cancro per la città: come pensi di averne guarito uno, esce una metastasi da un’altra parte. E si corre dal medico – che sia l’autorità portuale piuttosto che il Comune, l’Ardis o la Regione – cercando la cura. Ma non serve a nulla. Perché come pensi di poter rialzare la testa arriva un’altra mazzata.
La cosa strana è che questa malattia, pur diagnosticata da tempo, non colpisce tutti. Ci si aspetterebbe che chiunque fosse cresciuto con gli stessi problemi avesse la stessa sintomatologia. E invece no. C’è chi questi vincoli non li sente proprio, come se fosse “immune”. A volte si tratta di opere pubbliche, inspiegabilmente (anche se auspicabilmente) proposte e realizzate. Altre volte, molto più spesso, si tratta di grandi opere private. Forse una spiegazione c’è: un corpo grande è capace di produrre un certo tipo di anticorpi che uno piccolo non riesce a sintetizzare. Altrimenti non si capirebbe perché alcune zone rosso sangue, tanto per proseguire il paragone medico, diventano sulle cartine improvvisamente verdi (se non addirittura bianche) a distanza di pochi chilometri, a volte persino di pochi metri.
In ballo c’è la necessità di adeguare il suo territorio alle sempre mutanti esigenze, la possibilità per l’amministrazione e i cittadini di pianificare e trasformare in meglio il territorio. Il presente prevede il divieto per un privato di poter apportare modifiche con ampliamenti alla propria casa, il futuro l’impossibilità quasi certa di poter sanare la propria abitazione costruita tanto anni fa e su cui vige richiesta di concessione in sanatoria. La possibilità per gli imprenditori locali che credendoci hanno investito su questo territorio poter costruire o apportare modifiche ai propri magazzini, capannoni, attività produttive.
Il vincolo definitivo e tombale (ma ci sono ancora margini esigui di intervento) è stato posto su tutta Isola Sacra, Fiumicino centro, Focene e le Vignole nella zona che il Comune aveva individuato per lo sviluppo delle proprie attività artigianali e industriali al fine anche di incentivare l’occupazione e la delocalizzazione di molte attività dal centro del paese. Ma la delocalizzazione commerciale, evidentemente, è una “terapia” che funziona solo per certi organismi. Che continueranno a prosperare, mentre alla fine anche lo stesso Comune rischierà di doversi bloccare: ossia niente più nuove scuole, strutture pubbliche, strade o reti fognarie, o piste ciclabili.
Previsioni troppo catasfrofiche? Chissà, forse. Però intanto l’autorità di Bacino del Fiume Tevere ha posto un vincolo di inedificabilità totale su tutte le zone sopraindicate. Un vincolo che prevede la possibilità di fare solo attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, sia per le costruzioni che per le infrastrutture. Ma se davvero l’intero territorio è a rischio alluvione, allora forse – per il bene di tutti – sarà meglio riconsegnare provocatoriamente le chiavi della città e chiedere il trasferimento totale in un’altra zona d’Italia, come ai tempi della bonifica. Aeroporto e Parco Leonardo compresi, ovviamente.
Angelo Perfetti